Spoerli alla Scala, o della vita

Le Goldberg-Variationen, capolavoro del coreografo svizzero Heinz Spoerli, giungono alla Teatro alla Scala per il secondo appuntamento della stagione di balletto. Accompagnati al pianoforte da Alexey Botvinov, i ballerini creano un lavoro circolare ma che mantiene un’apertura: la vita non può essere rinchiusa

Se non vi sono tracce di alcuna composizione di danza nella sterminata produzione di Johann Sebastian Bach, le Goldberg-Variationen di Heinz Spoerli esprimono qualcosa che schiva ogni pericolo di mimetismo per significare la danza stessa attraverso l’ispirazione e l’evocazione. Create nel lontano 1993, queste pièces hanno trovato una forma confacente alle richieste del loro autore solamente l’anno successivo, quando Alexey Botvinov assicurò l’esecuzione del lavoro di Bach. Da qual momento, il rapporto tra Spoerli e il pianista russo si è trasformato in un intenso sodalizio, esclusivo per l’interpretazione delle Variazioni. Ed è proprio questo schema che si è riproposto, con successo, alla Scala di Milano

Questa «variegata polifonia coreografica, perfettamente “in musica” ma non banalmente “in musica”»  (secondo le parole con le quali Cristiano Merlo descrive le Goldberg-Variationen e che troviamo nella pubblicazione che accompagna il balletto) è un lavoro di grande bellezza scenica e di intelligente strutturazione sintattica. La sua forma circolare riprende quella intrinseca della composizione di Bach e, pur resistendo alle sirene dell’aspetto narrativo, la successione delle variazioni sembra far emergere il profilo di una favola: quella della danza stessa e del proprio respiro. I corpi leggiadri femminili e quelli vigorosi maschili compongono frammenti di discorsi amorosi in un tripudio di forme e di sublime tecnica. Eppur, se di struttura circolare si tratta, essa non chiude perfettamente il cerchio ma propone un inatteso, destabilizzante e minimo scarto che attiva un’apertura tanto fisica quanto di senso.

Le Goldberg-Variationen si aprono con un’aria che vede la presenza di tutti i ballerini in scena. Una foresta disordinata di corpi immobili che delicatamente prendono vita, come in un dolce risveglio floreale. L’apparente caos dimostra di avere una chiara logica e la struttura si svolge con un’indiscutibile perfezione di movimenti. I corpi vengono attirati alla sinistra dello spettatore andando a creare una fittissima fila, seguendo una particolare legge della natura scoperta dallo stesso Spoerli e che, a noi semplici spettatori, rimane preclusa. L’aria di chiusura sembra inizialmente ripetere questo schema ma, attraverso un procedimento che ricorda molto la frase popolare che indica come miglior nascondiglio, lo spazio presente proprio sotto l’illuminazione, i ballerini prendono a disporsi su due file, sul proscenio e verso il fondo della scena. Il sipario si chiude ma qualcosa si mantiene aperto.

Il lavoro di Spoerli, partendo da un ascolto profondo delle Variazioni bachiane, pare strutturarsi intorno a tre momenti di germinazione vitale: le Variazioni 15, 21 e 25. Questi lenti e melanconici passi a due sono tra i momenti più intensi del balletto e sono strettamente legati l’uno all’altro. Nel primo il corpo della ballerina appare etereo, talmente malleabile da dissipare il segno del femminile, diventando corpo dell’arte, non strumento ma apparizione pura dell’istanza artistica. Questa dimensione riappare nella Variazione 21 dove il corpo della ballerina sembra essere plasmato direttamente dalle note e ritrova una vita vera, intiera nell’ultimo momento del trittico, quando, nel frammento più lirico di tutto il lavoro, il sentimento amoroso inocula nei corpi la speranza di una risoluzione. O forse di una semplice ombra che si allunga e permane. Partendo da questo nucleo di grande intensità, Spoerli costruisce le sue Variazioni, evitando ripetizioni e gesti non significanti e mantenendo tutta la struttura dell’opera all’interno di un registro sobrio ed evocativo. I costumi sono semplici nella fattura ma ricchissimi nella varietà coloristica, pur mantenendo la monocromaticità come unico riferimento. Se le due arie poste come estremità concepiscono costumi grigi uguali per tutti, le singole variazioni fanno emergere una ricchezza cromatica che ben si confà alla coreografia. Pur essendo agli antipodi rispetto a Beckett, qualcosa qui sembra evocare, o voler creare una dialogo silente a distanza, con Quad, da una parte per questo aspetto cromatico, dall’altra per quella tipologia di uscita di scena utilizzata negli ultimissimi istmi del balletto (Variazione 28). Il lavoro si chiude mostrando una leggerissima breccia dalla quale entra una luce tenue: forse quella di un eterno ritorno.

Spettacolo visto giovedì 30 gennaio 2018

Lo spettacolo va in scena:
Teatro alla Scala
Via Filodrammatici, 2 – Milano
orari: giovedì 25, sabato 27, martedì 30 gennaio, giovedì 1, martedì 6, sabato 9 febbraio, venerdì 2, mercoledì 21 e giovedì 22 marzo 2018 ore 20; mercoledì 7 febbraio ore 14 e ore 20

Il Teatro alla Scala presenta
Goldeberg-Variationen
di Johann Sebastian Bach
coreografia Heinz Spoerli
assistenti coreografo Chris Jensen e Arman Grigoryan
scene e costumi Keso Dekker
luci Martin Gebhardt
pianoforte Alexey Botvinov
corpo di ballo del Teatro alla Scala
nuova produzione Teatro alla Scala

Interpreti principali (25, 27, 30 gennaio; 6, 7, 9 febbraio; 2, 21, 22 marzo)
Claudio Coviello, Nicoletta Manni, Antonino Sutera, Marco Agostino, Antonella Albano, Francesca Podini, Virna Toppi, Vittoria Valerio, Timofej Andrijashenko, Martina Arduino, Nicola Del Freo, Walter Madau, Gioacchino Starace e il corpo di ballo del Teatro alla Scala

Interpreti principali (1 febbraio 2018)
Claudio Coviello, Nicoletta Manni, Antonino Sutera, Marco Agostino, Antonella Albano, Francesca Podini, Virna Toppi, Vittoria Valerio, Timofej Andrijashenko, Martina Arduino, Nicola Del Freo, Eugenio Lepera, Valerio Lunadei, Gioacchino Starace e il corpo di ballo del Teatro alla Scala
durata: 1 ora e 25 minuti

www.teatroallascala.org