Sospetto

La nuova stagione del teatro della Cooperativa inaugura il filone “fastiodoso” con un testo-denuncia firmato da Renato Sarti e presentato, quest’estate, in anteprima assoluta al Mittelfest di Cividale del Friuli.

Alfred Hitchcock usava il sostantivo Suspicion, per una trama fitta di sospetti che una giovane ereditiera prova nei confronti del marito, affascinante quanto truffaldino. E nonostante l’happy ending a stelle e strisce – imposto al regista dalla produzione – nel film si intuisce bene quanto il sospetto sia un sentimento profondo e devastante, che apre voragini nell’animo umano più di quanto potrebbe farlo la paura o il dolore.

Nella lettura scenica firmata da Renato Sarti (e che potrebbe benissimo trasformarsi in un dramma a porte chiuse – nel miglior solco sartriano – sfrondando alcune verbosità storico-giornalistiche e dando maggiore corpo alla contrapposizione tra i due personaggi: l’ex internato a Goli Otok, Aldo, e il medico di origini di croate che vuole conoscere meglio la sua storia), quella che emerge e che può dare una lettura altra al testo – peraltro fedele, commovente ma, come sempre con Sarti, precisamente documentato – è proprio l’ombra del dubbio che accompagnerà per tutta la vita l’anti-eroe Aldo.

Ma torniamo indietro: chi è Aldo? Nato a Fiume, vede da vicino la guerra e la Resistenza: compagno internazionalista, fedele ai propri ideali, è accusato di essere filo-sovietico in anni in cui le barriere – a Est come a Ovest – dividevano padri e figli, mogli e mariti. Mentre gli Stati Uniti traspiravano paranoia nei confronti di chiunque fosse un simpatizzante comunista – il maccartismo infuriava, insieme all’ottenebramento della ragione – nel clima di rottura tra la ex Jugoslavia di Tito e l’Urss fagocitata dalle mire dispotiche di Stalin, Aldo è tra quei compagni che crede ancora nei valori fondanti, quali la pace, l’internazionalismo e un modello di sviluppo economico alternativo al capitalismo. E se “porgi l’altra guancia” può generare “Dio annienterà i nostri nemici”, anche il credo marxiano in un materialismo che è fede nella dignità umana può trasformarsi – nelle mani sbagliate – nell’ennesima rivendicazione di appartenenza che, in ex Jugoslavia, generò mostri – quale il campo di internamento di Goli Otok.

Il racconto di quei giorni e di quelle torture è sollecitato al ricordo di Aldo da parte di un medico che, pian piano, si trasforma da semplice intervistatore un po’ distratto, in un possibile novello inquisitore perché in Aldo la terribile esperienza vissuta ha instillato un insano, ma giustificato, sospetto nei confronti dell’altro: ognuno di noi potrebbe essere una spia – pronta a denunciarlo – o un compagno leale – che va protetto e per il quale si può essere costretti a rischiare nuove persecuzioni. Proprio questo meccanismo – solo accennato nella lettura scenica – colpisce nel segno. Più dei fatti – ai quali, per quanto drammatici, siamo ormai abituati in questa continua orgia di violenza che è diventato il migliore dei mondi possibili – quel sospetto smozzicato tra i denti, che sgorga dalla vena più propriamente teatrale di Bonacelli, riesce a dare uno sguardo davvero diverso e autentico sulla tragedia di un uomo, sulla tragedia di tutti noi.

Lo spettacolo continua:
Teatro della Cooperativa
Via Hermada 8, Milano
lunedì 19 e martedì 20 settembre, ore 20.45

Goli Otok – Isola della libertà
lettura con Paolo Bonacelli e Renato Sarti
testo e regia Renato Sarti
assistente alla regia Marco Di Stefano
musiche Carlo Boccadoroi