Se il paradosso diventa ragionevole

teatro-menotti-milanoIn scena dal dal 22 al 25 gennaio al Ciro Menotti, Gospodin, la nuova regia di Giorgio Barberio Corsetti con Claudio Santamaria, eccezionale protagonista nelle vesti di un paradossale eroe contemporaneo che lotta contro il capitalismo, facedoci riflettere sulle contraddizioni ed esagerazioni del consumismo occidentale.

Uno: la partenza è da escludere; due: i soldi non devono essere necessari; tre: ogni proprietà è da rifiutare; quattro: libertà è non dover prendere decisioni: queste sono i quattro comandamenti che si impone Gospodin, giovane eroe contemporaneo che vuole lottare contro il capitalismo e il consumismo, prima andando in giro con il suo lama e mendicando ciò che può, poi vivendo alla giornata con quel tanto o poco che il baratto gli permette di ottenere in una società basata sulla schiavitù dei soldi.
Gospodin è il nome del protagonista del testo di Philippe Löhle – acclamato autore e regista tedesco di soli 37 anni – che Giorgio Barberio Corsetti porta in scena al Ciro Menotti: in croato questo nome signifca gentiluomo e la prima impressione non è affatto che il personaggio interpretato da Claudio Santamaria lo sia veramente. Gospodin ci appare più un ignavo, un pigro, un egoista che pur di non lavorare si trincera dietro a valori anticapitalisti, che va in giro a mendicare soldi accompagnato dal suo lama, ma più che un attivista sembra un parassita. Eppure piano piano si simpatizza con questo personaggio che fa riflettere su storture ed esagerazioni di una strana società, la nostra, in cui si «ha bisogno di fare pubblicità al latte» o «in cui si vende il latte con tre diverse percentuali di grassi». E che ancora di più appare assurda quando non riesce ad accettare le sue scelte; come nel caso in cui chiunque intorno a lui cerca di procurargli un lavoro, andando contro la sua pacifica battaglia di non dipendenza dai soldi: «ci sono 5 milioni di disoccupati in questo paese e offrono continuamente posti di lavoro all’unica persona che non cerca occupazione».

La regia di Corsetti riesce a valorizzare al meglio il testo di Löhle sia dal punto di vista scenico – grazie ai versatili teli che rappresentano tanto gli interni della casa, quanto gli esterni della città nella quale si muove Gospodin – sia dal punto di vista della drammaturgia, che sapientemente alterna il pieno coinvolgimento dei dialoghi concitati ai momenti di riflessione in cui il protagonista agisce e gli attori riflettono, a mo’ di coro, sulla sua condizione.

Santamaria risulta perfetto: esaltato dal testo nelle doti attoriali, alterna con credibilità i momenti di stasi a momenti di pura pazzia, ricordando alcune delle sue migliori interpretazioni cinematografiche. Accanto, Valentina Picello e Marcello Preyer sono perfetti compagni di scena che sanno dare voce ai tanti assurdi personaggi che ne circondano la vita.

In questo spettacolo capiamo perché Valentina Picello è sempre più presente sui palchi italiani: perfetta nel caratterizzare tutte figure femminili che prima rimproverano e deridono Gospodin per le sue scelte estremiste, ma che poi si rivelano le prime a lusingarlo quando – per traversie di varia natura – lo stesso si ritrova in casa una valigia piena di contanti di grosso taglio. Marcello Preyer non è da meno: la sua istrionica abilità lo porta a interpretare i personaggi più volutamente caricaturali per esprimere al meglio le velleità e i paradossi del nostro tempo, come nel caso dell’artista incompreso che crea la scultura concettuale «tempus fuck it» o l’installazione provocatoria di palloni da calcio riempiti di cemento e con su scritto «kick me».
La valigetta piena di soldi è l’elemento cardine per entrare in empatia con Gospodin e per capirne in profondità le scelte. Il personaggio che era sembrato troppo teorico, statico e paradossale, diviene ora il vero eroe. permettendo al pubblico di riconoscersi con catartico sdegno nei personaggi che prima lo deridevano e che, di fronte al dio denaro, erano pronti a strisciare, a umiliarsi pur di avere un po’ di quella ricchezza a portata di mano. Ma la vera esplosione del paradosso, la vera crisi dello spettatore, è nel finale, quando proprio per quei soldi rubati (ma non da lui) Gospodin finisce in carcere, svelando la spiazzante contraddizione di quanto sia più libera una vita in carcere, ma privata dalla necessità dei soldi, piuttosto che una vita nel mondo dei liberi vissuta nella continua schiavitù del consumismo, nella prigione dell’eterna insoddisfazione.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Ciro Menotti
via Ciro Menotti 11 – Milano
dal 22 al 25 gennaio 2015

Gospodin
tratto da Gennant Gospodin di Philipp Löhle
regia di Giorgio Barberio Corsetti
con Claudio Santamaria, Marcello Prayer, Valentina Picello
traduzione di Alessandra Griffoni a cura del Goethe Institute
scene Giorgio Barberio Corsetti e Massimo Troncanetti
costumi Francesco Esposito
luci Gianluca Cappelletti
graphics Lorenzo Bruno e Alessandra Solimene
video Igor Renzetti
musiche Gianfranco Tedeschi e Stefano Cogolo
regista assistente Fabio Cherstich
Produzione Fattore K./ L’UOVO Teatro Stabile Di Innovazione
in collaborazione con Romaeuropa Festival