Sono necessarie nuove forme

Facendo nostre le parole di Konstantin, ci chiediamo quali significanti e significati oggi rivendicherebbe l’alter ego di Anton Čechov.

Arriva al Teatro Metastasio di Prato l’adattamento de Il Gabbiano firmato da Licia Lanera. A differenza della collega che si è lamentata di non aver sentito il garrito del gabbiano nel terzo ordine dei palchi del Petruzzelli di Bari, a Prato – come sempre – visuale e audio sono ottimi e dalla quarta fila della platea abbiamo sentito e visto tutto.
Il problema è cosa. Il Gabbiano, sebbene inteso come una critica metateatrale ante litteram di Čechov al modo di fare teatro a lui coevo, è per il resto un testo abbastanza stantio. Lo scrittore che ha il patema di dover vivere come una sanguisuga delle emozioni altrui o di non potersi godere una nuvola a forma di pianoforte perché mentre la vede pensa di doverla inserire nel prossimo racconto, in un mondo di scrittori che ormai devono autofinanziarsi per pubblicare e fare tre mestieri per vivere, sembra un pochino stucchevole. Come ci appare anacronistica l’attrice che sia avara con il figlio con la scusa di dover far fronte alle sue toilette di scena, in un’epoca in cui è tanto se un performer ricevere il minimo sindacale. O compatire una diciottenne che aspira alla fama e alla gloria e si crede libera come un gabbiano solo perché finisce in teatri di terz’ordine, in un mondo di veline, letterine e fidanzatine di calciatori che credono di essere a metà strada tra Marilyn Monroe e Anna Magnani imperversando su tutti i mediamass e social.
Diciamo che dai tempi in cui Čechov intingeva la penna nel fiele contro un certo modo di scrivere e fare teatro, siamo arrivati a quelli in cui Francesco Guccini canta: “Godetevi il successo, godete finché dura, / che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura”.
E a questo punto assistere a tre atti cechoviani in stile Teatro d’Arte, che a suo tempo fu il segno innovatore ma oggi appare nella norma dei cosiddetti Teatri nazionali (con una fastidiosa imprecisione: citare l’abito nero quando non lo si indossi è un errore semantico), e a un quarto dove gli attori recitano fronte platea, con il microfono e senza muoversi (molto anni Novanta) non aggiunge nulla alle centinaia di versioni del Gabbiano che continuano a essere messe in scena perché Čechov è un cosiddetto classico (lui, che avrebbe voluto essere rivoluzionario).
La migliore sul palco, Licia Lanera, per asciuttezza e modernità. Il costume di Nina, nella prima parte, un po’ imbarazzante con l’attrice impegnata a tirarselo continuamente giù. Piccolo fondale dipinto; scena con chaise longue e luce fissa à la Edward Hopper – pensiamo a Gente al sole. L’impressione complessiva non è quella di un raggelarsi delle velleità giovanili (ché così appaiono più che ideali o sogni) quanto di un tentativo di ritrovare la scintilla cechoviana, per farla brillare in discorsi contemporanei. Purtroppo il vero problema con questo dramma è che i suoi personaggi esprimono tematiche e bisogni troppo distanti dai nostri. Lettera morta che, per essere rimessa in vita (se proprio se ne senta il bisogno e non si possa creare ex novo) avrebbe necessità di una dirompente rielaborazione testuale. Purtroppo, niente di nuovo sotto il sole.

Lo spettacolo continua:
Teatro Metastasio
via Benedetto Cairoli, 59 – Prato
fino a domenica 15 dicembre 2019
orari: feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30

Guarda come nevica 2. Il gabbiano
di Anton Čechov
adattamento e regia Licia Lanera
con Vittorio Continelli, Mino Decataldo, Alessandra Di Lernia, Jozef Gjura, Marco Grossi, Licia Lanera, Fabio Mascagni e Giulia Mazzarino
luci Cristian Allegrini
musiche originali Qzerty
scene Riccardo Mastrapasqua
costumi Angela Tomasicchio
assistente alla regia Ilaria Bisozzi
produzione Compagnia Licia Lanera, Teatro Metastasio di Prato, TPE – Teatro Piemonte Europa
si ringrazia Fausto Malcovati

Foto di Manuela Giusto