Carlo Giuffrè al Teatro Carcano con un testo di Armando Curcio: due ore e quaranta di facili risate e scelte estetiche, con luci fantastiche ma un pessimo audio. Per finire, un cane.


Secondo atto, ultimi minuti. All’improvviso la storia prende ritmo, la vicenda diventa interessante e ha esiti inaspettati. Le luci creano giochi innovativi e sorpendenti, modificano gli spazi, dialogano coi personaggi. Le voci si caricano di senso, e così le parole, il discorso diventa profondo. Per concludere, un – discutibile – effetto a sorpresa, un cane vero tenuto al guinzaglio da una soddisfatta Angela Pagani, che strappa al pubblico esclamazioni stupite e di tenerezza.

Poi, i saluti, precisi, belli, misurati, originali. Sì, gli ultimi minuti de I casi sono due sono veramente ben riusciti.
Peccato che di minuti ce ne siano quasi altri centocinquanta.

La storia: ennesima rivisitazione del tema dell’agnizione, del riconoscimento, già caro a Plauto più di duemila anni fa e ripreso negli ultimi secoli da tantissimi drammaturghi e romanzieri: un padre cerca il figlio mai conosciuto, crede di averlo trovato, gli indizi lo conducono a un altro ragazzo, alla fine scopre con sollievo che il legame di sangue è con il primo. Per fortuna Armando Curcio rinuncia al possibile finale scontato, sporcando l’ottimismo e i buoni sentimenti con un’amarezza più verosimile, più ricercata, più interrogativa.

Chi resta, in scena e in sala, continua a sorridere, ma con meno convinzione, perché se il padre rimane senza figlio, il figlio senza futuro, e la moglie con nient’altro che un cagnolino sostitutivo del suo amato Medoro, proprio nessuno può dirsi soddisfatto. Le domande sull’identità, sulle priorità, restano aperte, e nessuno, neanche la cameriera, può restare indisturbata nella categoria dei buoni; uscendo dal teatro, tra un commento e una risata, qualche tema importante resta smosso.

La scena: precisa e impeccabile quasi quanto quelle televisive. La solita ambientazione borghese è ricostruita dettagliatamente, con abbondanza di piante, quadri, poltrone, addirittura un balcone molto – volutamente? Probabilmente no – kitsch, con bella vista sul mare (resa grazie al sapiente uso delle luci). Tutto molto realistico, molto ricco.

Ma senza nessun messaggio nascosto, nessuna ricercatezza, nessun tentativo di trasmettere contenuti o anche solo emozioni. L’occhio si trova a suo agio, ma la mente, dopo aver cercato qualcosa su cui soffermarsi, si rassegna al riposo. Unica particolarità, forse, l’abbondanza di rosso, inusuale in un’abitazione reale: la coperta, la lampada, le tre alte pareti ricoperte da una tappezzeria monocromatica, sono color del sangue, come il legame tra padre e figlio, come il lutto che segna l’inizio della storia, come i tabù di cui la vicenda si alimenta.

La comicità: bassa, semplice, volgare quel tanto da strappare la risata ma mai da arrivare a scandalizzare il pubblico del Teatro Carcano. La maggior parte degli equivoci sono incentrati sul sesso, su doppi sensi scatologici, sull’esagerazione degli accenti meridionali, sull’omosessualità.

Le gag più audaci (e, duole dirlo, anche più divertenti) sono quelle incentrate sulla figura del ragazzo tonto e cadaverico reduce dagli insegnamenti seminaristi, che pensa solo a pregare e non è in grado di sostenere un dialogo neanche dei più semplici, passando il tempo a inventare rime idiote. Poche le battute sagaci, tante quelle prevedibili; ma il sorriso resta solido in sala, ben incalzato e continuamente rinvigorito dalla bravura degli attori.

Tutti, non solo i grandi nomi, recitano con scioltezza ammirevole, le caratterizzazioni sono perfettamente delineate, senza sbavature. Carlo Giuffrè e Angela Pagani sfoggiano con naturalezza la loro capacità attoriale, conducono i dialoghi con voci cariche d’esperienza, regalano emozioni con scambi complessi e ben costruiti; ma la recitazione, per quanto essenziale, non è tutto. E il risultato lo dimostra.

Lo spettacolo continua:
Teatro Carcano
corso di Porta Romana, 63 – Milano
fino a domenica 9 maggio
orario spettacoli: feriali ore 20.30 – domenica ore 15.30 – lunedì riposo

I casi sono due
di Armando Curcio
Carlo Giuffrè
con Angela Pagani
regia di Carlo Giuffrè