TE(LE)ATRO VISIONE

Al Teatro de’ Servi la commedia è servita.

Un teatro che apre il sipario alla commedia. Inaugurato il 26 aprile 1957 da Eduardo De Filippo impegnato a presentare De Pretore Vincenzo, l’incantevole teatro adiacente via del Tritone in pieno centro storico ha da sempre mostrato un occhio di riguardo per i giovani commedianti. Da oltre trent’anni produce opere originali di autori nuovi, molti dei quali alla ricerca della risata tra le assurdità del nostro tempo. Alla loro terza apparizione sul palco de’ Servi, il gruppo di amici doppiatori di La Cattiva Compagnia presenta quest’anno I colori dell’amore, resoconto di una lunga serie di disfatte amorose. Il giorno delle nozze, Adriano, impacciato maestro elementare, si sveglia in preda ai dubbi sui legami sentimentali. Si tratta di una breve introduzione allo spettacolo sostanziale, una lunga carrellata delle relazioni importanti nella vita di Adriano, dall’adolescenza sulle spiagge calabresi negli anni Ottanta a oggi. Un excursus cronologico concentrato sulle palpitazioni del cuore, ecco in due parole I colori dell’amore, dramma dal titolo neomelodico. L’intenzione c’è, analizzare fino a che punto sia lecito cambiare per il bene della coppia. C’è una buona resa scenica grazie alla regia di Davide Lepore (la voce italiana di Milhouse, per intenderci), gli attori stessi si occupano dei numerosi allestimenti scenografici davanti agli occhi del pubblico, restituendo un certo fermento. Ci sono trovate interessanti: lo schermo per la videoproiezione a parete che cambia colore in base ai rinnovamenti del protagonista; il trascorrere del tempo marcato dall’evoluzione tecnologica dei principali mezzi di comunicazione – riferimento al fatto che le nostre vite si possono descrivere in base agli oggetti che abbiamo utilizzato, consumato, posseduto (in questo senso, l’inizio e la fine simulando l’apertura e chiusura di un libro animato sono apprezzabili, il telo bianco come una pagina che tutti gli attori voltano). Ma c’è poco altro. Il problema principale riguarda lo smaccato impianto televisivo dell’intero allestimento. La frammentarietà della narrazione necessita l’intervento di un narratore esterno (seppure testimone delle vicende) e le scene, con il loro ritmo incalzante, paiono estrapolate dalle serie Tv giovanili, prima fra tutti Friends, citata in corso d’opera. A volte si tratta di spezzoni costruiti su poche linee di dialogo in una netta somiglianza con i tempi televisivi o meglio, con gli anelli successivi in un turno di doppiaggio. Ingombrante è poi l’aderenza con High Fidelity di Nick Hornby, anche film di culto. Come il protagonista Rob Fleming, l’Adriano descritto da Gianluca Crisafi passa in rassegna le sue storie d’amore, per l’appunto cinque, soggette quindi a una Top five, le classifiche che hanno decretato la fortuna del libro. Nella trama, il meccanismo di fortuito incontro, amore spassionato cui fa seguito una convivenza e una rottura improvvisa (quanto discutibile) scade ben presto nella prevedibilità, ma d’altra parte, in cartellone sono cinque i nomi femminili e, fin dal principio, le luci colgono le attrici affaccendate sul palco alla scenografia, così che non ci resta che attendere il momento di vederle comparire nel ruolo assegnato a ognuna. La vicenda riguarda un periodo esteso, ma resta totalmente avulsa dai fatti storici, a eccezione dei mondiali del Novanta e di un poderoso repertorio di musica pop commerciale da Festivalbar – impressionante il numero di brani che compongono la colonna sonora, forieri delle specifiche nella datazione, assolutamente priva di alcun riferimento ai personaggi (a differenza di Hornby) e di qualità incerta. Scarso il supporto tecnico, le musiche, sempre extradiegetiche, sono sistematicamente interrotte in modo brusco e le luci vengono più di una volta spente in piena recitazione, piombando gli interpreti al buio. Tra gli attori degni di una menzione, Alessandro Budroni e Irma Carolina di Monte meno caricaturali e maggiormente credibili. Il protagonista Daniele Natali sarebbe anche a fuoco, ma rende ardua la distinzione tra le varie fasi della vita, costantemente riconducibile a un’età tra i quindici e i quarantacinque anni. Il testo è denso di citazioni, frullate nel più estremo stile postmoderno, si va dai B-Movies con Alvaro Vitali alle poesie di Baudelaire e agli aforismi della Yourcenar. Assenti, tra gli autori citati, i drammaturghi. Per descrivere ciò che lo spettacolo suscita, l’immagine di maggiore pregnanza è un fuori scena avvenuto nell’intervallo. Tra le mani smaltate e tintinnanti di una signora in sala è comparsa una limetta per le unghie che laboriosamente, ma con innegabile perizia, ha spianato ogni disparità, tra un commento distratto rivolto al vicino e una pellicina ribelle da estirpare. Procedere a un riduzione dei contenuti limando ogni scabrosità per aumentare il bacino di pubblico è un’operazione che si avvicina molto più alla televisione che al teatro e se ciò cui si voleva arrivare attraverso la levità degli argomenti era un intrattenimento divertito per un pubblico distratto dalle proprie faccende allora lo spettacolo è una perfetta sit-com.

Lo spettacolo continua:
Teatro de’ Servi
via del Mortaro, 22 – Roma
fino a domenica 6 maggio
orari: da martedì a venerdì ore 21.00, sabato ore 17.30 e 21.00, domenica ore 17.30 (lunedì risposo)
(durata 2 ore circa intervallo incluso)

La Cattiva Compagnia presentano
I colori dell’amore
di Gianluca Crisafi
regia Davide Lepore
con Daniele Natali, Gianluca Crisafi, Alessandro Budroni, Irma Carolina di Monte, Melissa Maccari, Perla Liberatori, Marta Altinier, Angela Brusa
aiuto regia Vanina Marini
luci e fonica Federico Paffetti
costumi Giada Vanni
scenografia Valerio Giacomito
illustrazione grafica Ramiro Santiago
progettazione grafica Matteo Maccari