hangar-bicocca-milano-80x80All’Hangar Bicocca va in scena il nuovo spettacolo di Peter Stein. Un evento sulla carta, che lascia l’amaro in bocca.

Scusate se parto da un’autocitazione ma, nella presentazione di questo spettacolo, dopo aver assistito alla conferenza stampa, avevo scritto: “un invito a sedersi al desco del teatro con gli spettatori come commensali e gli attori, come Stein afferma: «osti» gentili, che ci faranno assaggiare un Dostoevskij d’annata”.

Questa mi era parsa l’idea innovativa e, in qualche modo, antica – perché riproponeva il gusto delle Grandi Dionisie – di I demoni.

Uno spettacolo che dura un’intera giornata, spettatori e attori che si confrontano – sembrava anche a tavola e durante i break – un testo nel quale rispecchiarsi come individui e società.E adesso analizziamo quanto ho vissuto realmente ieri.

Innanzi tutto, la scelta del testo.
Come scriveva Irving Howe a proposito di I demoni, il libro è: “un voto di sfiducia nella società, nel ribollente mondo sotterraneo russo e nel mondo superiore cristallizzato”. Dostoevskij aveva allora circa cinquant’anni e soffriva della lacerazione profonda tra ideologia reazionaria e spirito rivoluzionario anche se, al contrario di Ernesto Guevara, pur non credendo nell’uomo sentiva ancora prepotente il bisogno di democrazia.

E sempre Howe avverte: “Leggere Dostoevskij come se fosse un profeta religioso o politico – e per giunta dotato di un ben preciso messaggio – significa invariabilmente impoverire il suo mondo poetico di quei contrasti che sono la carne e il sangue della sua arte” ma, proprio per questo fatto, perché quel libro è l’esito viscerale dello spleen del grande autore – ma non per questo fedele a quanto realmente accadeva in Russia – nei confronti di un certo clima storico e politico, come può uno spettacolo teatrale a esso ispirato proporsi come specchio per l’assemblea riunita oggi in Italia?

In chi si dovrebbe riconoscere lo spettatore? Lo stesso Stein afferma che Stavrogin è: “il vero protagonista (…) perché è il vuoto, l’indifferenza, l’assenza di ideologie e di idee: il vero male anche del nostro tempo”. Ma Stavrogin è poco più di uno schizofrenico – che vede i demoni – e si confessa al monaco Tichon per aver violentato una bambina di 11 anni. Mentre questi gli consiglia di non rivelare il crimine pubblicamente e prendere i voti. Sinceramente, dati i fatti degli ultimi mesi, il tutto appare alquanto imbarazzante.Ma proseguiamo.

Al termine della prima parte – e gli intervalli sono molti, anzi troppi: nonostante la verbosità di alcuni capitoli, il continuo interrompersi del racconto rallenta e appesantisce la fruizione, invece di alleggerirla – ci si aspetta il confronto con gli “osti” gentili. Peccato che gli spettatori restino divisi in coppie che chiacchierano fra loro e si mettono in coda per andare al bar o ai bagni (che, tra l’altro, non sono nemmeno in muratura ma semplici toilette chimiche) e attori e regista non si vedono. Sarà per l’intervallo successivo, immagino, ma anche durante l’ora del pranzo la famosa comunione e lo scambio tra pubblico e interpreti non avviene. In questo, del resto, è la stessa organizzazione che impedirebbe la convivialità.

Le persone presenti sono circa 400 e – sebbene il numero possa essere giustificato dai costi – è comunque eccessivo per questo fine.

Gli spettatori sono seduti ognuno al proprio posto durante lo spettacolo, con una disposizione frontale rispetto al palcoscenico. Se al contrario le persone fossero state solo un centinaio, seppur scomode, sedute per terra tutte intorno al palco – come è successo sempre all’Hangar Bicocca per l’esibizione dei Liquid Loft – sicuramente la sensazione sarebbe stata diversa.

Anche i tavoli rettangolari ai quali ci si siede per i break e i pasti sono da 6-8 persone, la frammentazione non favorisce lo scambio; al contrario, ci sarebbero volute poche tavolate con una ventina di posti ciascuna, a ognuna delle quali si sarebbe potuto sedere un attore – del resto, questa era apparsa l’intenzione in conferenza stampa.

Ma sia il bisogno di concentrazione da parte degli interpreti – immagino – sia ancora una volta il numero dei presenti impediscono lo scambio. Poi, alcuni spettatori si recano nel vicino centro commerciale per pranzare o servirsi di un bagno decente, altri si mettono di nuovo in coda per le toilette, altri per il proprio vassoio stile mensa, altri infine per un bicchierino di caffè al bar. Insomma, la sensazione è di assistere a un’ora di spettacolo, alzarsi, fare un giro, ritornare per un’altra ora di spettacolo: ognuno rinchiuso nel proprio bozzolo, estraneo agli altri e soprattutto a coloro che sono in scena.

Nel complesso, nonostante l’idea originale, la splendida interpretazione di Maddalena Crippa ed Elia Schilton, il solido adattamento originale di Stein – che però a volte indugia in parti, come l’assemblea dei rivoluzionari, che hanno un senso solo se lette alla luce delle contraddizioni ideologiche ed emozionali di Dostoevskij – e la sua regia, spesso quasi cinematografica – con un montaggio parallelo particolarmente godibile nel terzo capitolo della seconda parte e il posizionamento degli attori, di fronte, obliquamente o persino di spalle rispetto alla platea – a movimentare un testo che spesso arranca e non si libra mai; ebbene, nonostante tutto questo, lo spettacolo risulta riuscito solo parzialmente e forse giustifica chi, in questi anni, ha proposto I demoni in versioni molto più stringate ed essenziali, ma più emozionanti.

I demoni
da Fëdor Dostoevskij
adattamento originale e regia Peter Stein
musiche di scena Arturo Annecchino
scene Ferdinand Woegerbauer
costumi Anna Maria Heinreich
luci Joachim Barth
con Andrea Nicolini, Elia Schilton, Maddalena Crippa, Maria Grazia Mandruzzato, Ivan Alovisio, Alessandro Averone, Rosario Lisma, Fausto Russo Alesi, Irene Vecchio, Franca Penone, Pia Lanciotti, Franco Ravera, Paolo Mazzarelli, Paola Benocci, Graziano Piazza, Giovanni Visentin, Carlo Bellamio, Fulvio Pepe, Luca Iervolino, Riccardo Ripani, Armando de Ceccon, Matteo Romoli, Peter Stein, Nanni Tormen, Federica Stefanelli, Antonia Renzella
al pianoforte Arturo Annecchino, Giovanni Vitaletti, Massimiliano Gagliardi

Lo spettacolo è andato in scena:
Milano
22-23-29-30 maggio dalle ore 11.00 alle ore 23.00
Hangar Bicocca
via Privata Chiese – v.le Sarca 336

In tournée:

Vienna
3-5-6 giugno
Wiener Festwochen
Museumsquartier, Ala E

Amsterdam
12-13 giugno
Holland Festival
Transformatorhuis
(Trafo-House)

Napoli
19-20 giugno
Napoli teatro Festival Italia
ex Birreria di Miano

Ravenna
26-27 giugno
Ravenna Festival
Palazzetto dello Sport Angelo Costa

Atene
3-4 luglio
Athens and Edipaurus Festival
Peiraios 260
(Pireos 260 Stage D)

New York
10-11 luglio
Lincoln Center Festival 2010
Governors Island