Il Manzoni che non ti aspetti

Un capolavoro incompreso: I Promessi Sposi. Un autore incompreso: Alessandro Manzoni. Un nuovo punto di vista, o meglio, di lettura: quello di Raul Montanari che dal palco del Teatro alla Colonne ci dà la sua personale versione del libro cult della letteratura italiana.

Renzo era un cretino. Lucia una “cessa”. L’Innominato il predecessore del conte Dracula. È un Manzoni che non ti aspetti quello che Raul Montanari ci presenta dal palco del Teatro alle Colonne di Milano, sicuramente più divertente e appassionante di quello che siamo costretti a leggere sui banchi di scuola. Il libro, naturalmente, è sempre lo stesso: I Promessi Sposi. Ciò che cambia è il punto di vista. <<Avete mai provato – dice Montanari – a sedervi in un angolo della vostra stanza che vi dia una prospettiva diversa da quella che vi offre la solita sedia, la solita poltrona? Cambia tutto, eppure è bastato così poco! E’ quello che faremo insieme: sederci in un angolo di noi stessi e del nostro mondo che di solito è trascurato, impolverato, e da lì guardare cose che crediamo di conoscere bene, scoprendole diverse>>.

Da polpettone scolastico I Promessi Sposi diventano così un libro prima di tutto divertente. Si scopre, ad esempio, che Manzoni non era un perbenista tutto casa e chiesa come siamo abituati a pensare. Anzi, don Lisander (come lo chiama Montanari) era uno che sapeva come godersi la vita. Questione non da poco se si pensa che questo influisce sul contenuto fondamentale del libro che non è, come tutti pensano, la morale cattolica o la provvidenza a cui ci si affida incondizionatamente. Tutto è questo è superfluo, anzi distoglie l’attenzione da ciò che, veramente, è questo libro: una macchina narrativa perfetta.

Per non parlare del modo in cui Manzoni tratta i suoi personaggi. Lontani dall’essere descritti come dei modelli ai quali ispirarsi hanno tutti delle pecche, un passato o un presente di cui vergognarsi. La vocazione di Fra Cristoforo, il più “puro” dei personaggi nasce per semplice opportunismo. Per non parlare del fatto che uccide un uomo per una banale questione di precedenza. Di per sé, quindi, non è molto diverso dal dimesso e timorato (non di Dio ma del mondo) don Abbondio. E il cardinal Borromeo? Lungi dall’essere una figura di santo, la sua umanità (per non dire fragilità) viene descritta in modo esemplare dalle parole del povero don Abbondio costretto su un carretto accanto all’Innominato: “Questi santi, il bene lo fanno all’ingrosso. Ma quando poi c’è da sporcarsi le mani ci vanno di mezzo i poveracci come me!”. Al contrario, quindi, di come eravamo abituati a pensare, la Chiesa non ci fa proprio una bella figura.

Ma la brutta figura più grande Manzoni la riserva alla protagonista del romanzo. Solo nell’ultima pagina noi capiamo chi è, e com’è, veramente Lucia. Non una principessa dai capelli biondi e gli occhi azzurri ma una contadinotta qualunque, per giunta bruttina. Nessuno, scommette Montanari, ricorda come finisce davvero il libro. Quando lo chiede in sala cala il silenzio. Silenzio che si trasforma in tante risate sonore quando lo scrittore legge gli ultimi versi: “Il parlare che, in quel paese, s’era fatto di Lucia, molto tempo prima che la ci arrivasse; il saper che Renzo aveva avuto a patir tanto per lei, e sempre fermo, sempre fedele; forse qualche parola di qualche amico parziale per lui e per tutte le cose sue, avevan fatto nascere una certa curiosità di veder la giovine, e una certa aspettativa della sua bellezza. Ora sapete come è l’aspettativa: immaginosa, credula, sicura; alla prova poi, difficile, schizzinosa: non trova mai tanto che le basti, perché, in sostanza, non sapeva quello che si volesse; e fa scontare senza pietà il dolce che aveva dato senza ragione. Quando comparve questa Lucia, molti i quali credevan forse che dovesse avere i capelli proprio d’oro, e le gote proprio di rosa, e due occhi l’uno più bello dell’altro, e che so io? cominciarono a alzar le spalle, ad arricciar il naso, e a dire: – eh! l’è questa? Dopo tanto tempo, dopo tanti discorsi, s’aspettava qualcosa di meglio. Cos’è poi? Una contadina come tant’altre. Eh! di queste e delle meglio, ce n’è per tutto. Venendo poi a esaminarla in particolare, notavan chi un difetto, chi un altro: e ci furon fin di quelli che la trovavan brutta affatto”.

Montanari è bravissimo a spaziare da un passo all’altro del romanzo, a fare raffronti con scrittori contemporanei, antecedenti o posteriori al Manzoni. Eccellente nel cogliere le analogie, le assonanze con altre storie, altri romanzi, italiani, stranieri, di secoli prima o di secoli dopo. Divertente, spigliato, acuto, come non mi riesce di descrivere in queste righe. Posso solo dirvi che leggere I Promessi Sposi con lui è un vero spasso. Se fossi una professoressa porterei i miei ragazzi a teatro.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro alle Colonne
corso di Porta Ticinese, 45 – Milano
fino a venerdì 21 ottobre
I Promessi Sposi come non l’avete mai letto
primo incontro del ciclo Appuntamenti al buio
di e con Raul Montanari