L’inganno/verità dell’oggettività teatrale

Potrebbe definirsi un divertissement, se il termine non lo riducesse ad un immaginario di categoria giocato sulla tipica frivolezza di toni e contenuto proposti per semplice lazzo, e invece la leggerezza, cifra di scelta di I will survive, pur caratterizzante la grammatica scenica, è veicolo di stile – indotto per favorire relazione – per approdi tematici e peculiari tutt’altro debiti all’intrattenimento. Da farne uno spettacolo di senso, volto ad una indagine sociale, sovrapposta a realtà personali e collettive, quindi universali, distillato dal lavoro d’attore, dalla speculazione registica, un prodotto di forma e sostanza amalgamate per un processo creativo estemporaneo e orchestrato.

Tre donne sul palcoscenico. Contemporaneamente e separate da invisibili postazioni a determinarne tratteggio e caratterizzante (tipico “anni 90 style”). Come a caratterizzarne è una dialettica sfaccettata e soggettiva, di prosa confidenziale, segni esteriori propri (indicazioni di riconoscimento del personaggio) e situazioni attive e narrative al limite del grottesco/surreale (il cenno teatrale per ambientare il rapporto di comprensione in un livello emancipato dal realismo). Tre donne e tre storie apparentemente comuni: la secchiona privata da una collocazione meritevole per impedimenti burocratici e di calcolo; la madre abbandonata che sogna ancora il principe azzurro; la sognatrice single incallita deformata dalla mancanza d’amore. E un desiderio per tutte, il riscatto, la rivalutazione sociale. Tutte e tra in coda, con tanto di numerino d’attesa, nella hall di un grande ente istitutivo italiano. Che le fa alleate e nemiche d’un riscattare diritti abusati, vilipesi. Ne scaturiscono soluzioni di scena (azione e gioco verbale) di gustosa creatività, in linea con la poetica del gruppo (riscontrabile nei lavori precedenti) intesa nel ricreare una mutazione di ruolo nello spettatore, parte attiva e coinvolto del fatto spettacolare. Un’impronta nella produzione della compagnia strettamente connessa con la partecipazione comunitaria, e non solo in termini di chiamata in causa riflessiva. Una mano esterna, regia e consulenza drammatica dei fratelli Dalla Via, una garanzia nel Nuovo Teatro, e la fascinazione del guardare tra le pieghe del lavoro d’assemblaggio: l’idea originaria che prende vita in azioni non pianificate e lievitate dalla libera inventiva delle interpreti; il conseguente pensiero poetico nato dalle osservazioni delle azioni d’attrici; l’autorialità pregnante del tratteggio registico a modulare il prodotto creativo ed eliminare scorie. Anche il percepire rigidezza modulare dovuta ad una schematizzazione di rodaggio, da sottrarre con la naturale esperienza del replicare.

Un meticciato di interventi, scene, elementi testuali e narrativi, battaglie attoriali, drammatizzati da un sapiente uso iconografico e una sovrapposizione al reale diretta ma sfumata nell’inganno/verità dell’oggettività teatrale.

Uno spettacolo che fa storcere il naso a maturi critici in cerca di sublimazione estetica per maniera, ma dal sicuro riscontro popolare. Di quel popolare diverso dal popolaresco, sostenuto da un’espressività autentica e priva di sofismi. Un modo per guardarsi in scena e riconoscersi in sembianze edulcorate. Il personaggio calcato negli eccessi del figurare ad arte e privato al contempo della maschera di costume. La maestria nel reggere la scena e le sue meccaniche. La divaricazione misurata tra significato e significante. Il dinamismo d’azione e il trasporto immaginifico della parola.

Uno spettacolo che funziona. Adatto a tutte le età.

Lo spettacolo è andato in scena:
Campo Teatrale

via Cambiasi, 10 – Milano

I will survive
un progetto di Qui e Ora Residenza Teatrale
testo Francesca Albanese, Silvia Baldini e Laura Valli
con Francesca Albanese, Silvia Baldini e Laura Valli
regia Marta Dalla Via
supervisione drammaturgica Diego Dalla Via
luci Paolo Tizianel
realizzazione oggetti di scena Marco Amedani
realizzazione costumi Sofia Rime
con il sostegno di Campo Teatrale

Foto di Michela Di Savino