Bugia, vita e teatro

In scena al Teatro Quirino, uno dei capolavori di Carlo Goldoni, riformatore del linguaggio teatrale e sempre attuale interprete del nostro mondo.

Nel corso della più nobile tradizione critica di epoca moderna, il destino dell’opera sterminata di Carlo Goldoni non è stato mai particolarmente facile; seppur gli venisse riconosciuta l’importanza epocale nel costume e nella concezione popolare stessa dell’arte teatrale, il giudizio a livello estetico e poetico è sempre stato quantomeno trattenuto e dubbioso.

Oggi, assistere a uno dei capolavori del Goldoni significa, come d’altronde è stato fatto nel corso degli ultimi decenni, capire il livello sperimentale delle sue ardite operazioni linguistiche, la profondità della sua apparente banalità comica, il valore che essa ha avuto nel tracciare l’immaginario all’interno del quale per secoli è cresciuta e si è sviluppata la cultura italiana ed europea; in altri termini, la commedia, genere letterario nobile dalla storia più che longeva, non sarebbe come la intendiamo noi oggi se La locandiera, La bottega del caffè e La finta ammalata non fossero mai state scritte. In esse troviamo una nuova e rivoluzionaria definizione del comico, basata sull’intraprendenza attraverso la quale Goldoni leggeva la realtà restituendola, allo stesso tempo, distorta e fedele, come una grande giostra dove le maschere tipiche della Commedia dell’arte non abitavano in un universo fantastico, ma diventavano le icone e i modelli tipici della società del Settecento. Goldoni segnò, infatti, il sorgere della modernità: si affidò a un illuminismo popolare mettendosi affianco degli umili e degli oppressi, deridendo i potenti, senza mai sacrificare la grandezza dei giganti che lo avevno preceduto, dalla satira antica a Shakespeare.
Questa introduzione era doverosa per poter comprendere fino in fondo il significato che oggi assume l’opera goldoniana e, soprattutto, per rispondersi alla domanda circa il perché ancora oggi, dopo 300 anni di storia, una commedia come Il bugiardo continua a essere attuale, a far ridere, a essere vicinissima a noi, alle nostre debolezze, ai nostri vizi, alle nostre meschinità. Anche perché debolezze, vizi e meschinità diventano lati dello stesso cristallo di senso, che però ha per cuore la virtù, o meglio sarebbe dire il genio, l’estro del protagonista dell’opera in scena presso il Teatro Quirino fino al 1 novembre. Bambinone mai cresciuto, nella sua immoralità Lelio, interpretato da Geppy Gleijeses, fa della propria vita un’opera d’arte, plasma la realtà per il proprio edonismo privato, dimostrando grande arguzia e intelligenza; le sue invenzioni attivano una realtà dinamica, divertente, piena di energia, piuttosto che rassegnarsi alle condizioni del mondo esistente. Gli interpreti sono tutti perfetti nella propria parte, capaci di incarnare il carattere specifico del proprio essere ma anche la propria provenienza regionale; a spiccare, e non potrebbe essere altrimenti per uno dei capolavori della storia del teatro italiano, sono Venezia e Napoli, la prima immortalata in una scenografia e in un fondale volontariamente ingenui, anzi commoventi per come ricalcano la tradizione settecentesca. Gli ottimi interpreti, come gli inframezzi musicali e la maggior parte degli elementi che compongono questa sciarada bizzarra ma mai volgare o stupida, si relazionano ottimamente coi numerosi elementi metateatrali, dal momento che è il teatro stesso a essere la più sublime e coinvolgente forma di bugia.

Goldoni non solo parla della società veneziana, ma proprio attraverso gli scorci della Repubblica della Serenissima parla anche delle meraviglie della messa in scena, della confusione di teatro e realtà, delle magie del linguaggio che fanno tutt’uno con quelle del sentimento umano, dove moralità e immoralità, colpa e simpatia, immedesimazione e accusa si invertono continuamente le parti traendo energia spirituale l’una dall’altra, così come si mescolano i piani temporali attraverso costumi suggestivi e fuori dalla storia perché eterni. In questa medaglia che ruota vorticosamente, dove le due facce sono il passato e il presente, capiamo quanto siamo vicini e simili (ovvero vili e magnifici allo stesso tempo) degli innumerevoli altri uomini che hanno abitato e abiteranno la storia.

Lo spettacolo continua:
Teatro Quirino Vittorio Gassman
via delle Vergini, 7
orari: da martedì a sabato ore 20.45, domenica ore 16.45
(durata 1 h e 30)

Il bugiardo
di Carlo Goldoni
regia Alfredo Arias
con Geppy Gleijeses, Marianella Bargilli, Andrea Giordana, Lorenzo Gleijeses, Mauro Gioia, Valeria Contadino, Luciano D’Amico, Luchino Giordana.
musiche Mauro Gioia
scene e costumi Chloe Obolensky