Ironico, sarcastico, disperato

Il “teatro invisibile” degli artisti Deflorian/Tagliarini è andato in scena al Fabbricone di Prato. Sei repliche per Il cielo non è un fondale

Cos’è Il cielo non è un fondale? Una rugiada autobiografica da costruire e distruggere, una memoria falsata e sincera, che fa male eppure fa ridere. Si ha la sensazione di non sapere dove si stia andando; come se una ebrezza incosciente, a occhi chiusi, sapiente, ci conducesse in un luogo apparentemente svuotato, dove ragni invisibili tessono il loro intrigo. Se siano prove aperte o un’improvvisazione, una provocazione o un racconto in divenire, un pericolo o una protezione smettiamo di chiedercelo, non ha importanza.
Tutta la solitudine del mondo, i pomeriggi sfiancati, i bicchieri da riempire, le parole che non si ha il coraggio di pronunciare, le stagioni più spaventose diventano tenere e friabili, innocue, se mormorate da Daria Deflorian.
Cos’è Il cielo non è un fondale? Uno spettacolo, sì, imparentato con l’opera letteraria di Annie Ernaux. Ma è anche altro, qualcosa che sembra impossessarsi degli interpreti: dell’ugola di Monica Demuru, con il suo scat che si fa luogo urbano, rumore di supermercato, voce di donna che dorme nei giardini; di Antonio Tagliarini, con la sua figura asciutta, una non chalance che nasconde il tragicomico; di Francesco Alberci, che sembra lì per caso, e poi cresce, e si ha voglia di ascoltarlo, sapere come va a finire. Raccontano un sogno, dove Daria è una barbona mentre gli altri fanno finta di non vederla; poi lo scenario cambia e anche il pubblico sembra parte dello stesso sogno e la comunicazione verbale pare sbiadire.
Vuoti e pieni giocano, la paura ricorrente di perdere tutto si riallaccia al brano su Jack London, al terrore dell’emarginazione e al privilegio, al contempo, di divenire intoccabili.
Se negli intenti di Deflorian/Tagliarini c’era, inizialmente, quello di trattare il rapporto tra individuo e paesaggio, passando per letture alte, come Camus; in seguito, questa volontà si è allargata in un cerchio rotto, con lo stile colloquiale e quotidiano che li caratterizza – uno stile che sa farsi armonia di esistenze che svelano pezzi di sé, piccole rivelazioni e cedimenti, buchi neri.
Fumare sigarette appoggiate a un muro, leggere e mangiare, per un intero inverno, incollate al termosifone, parlare del più e del meno con un venditore di rose – queste traiettorie banali hanno un retrogusto toccante, misterioso. Perché Il cielo non è un fondale tratta del nulla e di tutto, è un’esperienza personale, più che un spettacolo; un vetro su cui è caduta una vernice cangiante, dove specchiarsi è a tratti possibile e impossibile. Mai come qui, teatro e vita si nascondono l’uno nell’altra.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Fabbricone

via Targetti 10, Prato
dal 7 al 12 febbraio

Il cielo non è un fondal
e
di Daria Deflorian, Antonio Tagliarini
con Francesco Alberici, Daria Deflorian, Monica Demuru e Antonio Tagliarini
collaborazione al progetto Francesco Alberici e Monica Demuru
testo su Jack London, Attilio Scarpellini
assistente alla regia Davide Grillo
disegno luci Gianni Staropoli
costruzione delle scene Atelier du Théatre de Vidy
direzione tecnica Giulia Pastore
produzione Sardegna TeatroTeatro Metastasio di Prato Emilia Romagna Teatro Fondazione
con il sostegno di Teatro di Roma