La paura di vivere

Il mondo sarà vuoto, certo, ma anche dolce: la paura di vivere fa scegliere di esistere al minimo di frequenza indispensabile.

SkinTrade presenta lo spettacolo Il dolce mondo vuoto. Un monologo. Una scenografia spoglia di oggetti: al centro del palco una piccola sedia. Non serve altro. Alle spalle dell’attore un videowall con la proiezione di immagini: il mondo esterno e il mondo interiore.
L’attore non parla, poi si muove e interagisce con le riprese del video: ci sono dei passanti che attraversano una strada, Lui cerca di schivarli terrorizzato dal contatto.
Successivamente la proiezione si chiude, il personaggio si siede e ci si accorge che ha il corpo di un uomo ma parla con la voce e la sintassi di un bambino.
Improvvisamente si alza, il filmato riparte e lui si esprime come un adulto, raccontando che è una sorta di supereroe perché ha una caratteristica che gli altri non hanno: è invisibile.
La regia alterna magistralmente con la struttura del dramma un susseguirsi toccante di racconti dell’adulto e del bambino. Arrivano così, discretamente, all’anima dello spettatore delle verità interiori del personaggio che non sono urlate, gridate o irrispettosamente strumentalizzate per commuovere il pubblico, ma giungono come emozioni vere, misurate, sussurrate, elaborate pian piano, come solo chi le ha vissute realmente sarebbe in grado di fare.
Lino Guanciale è credibile in ogni istante dello spettacolo, per ciascuna impercettibile vibrazione della voce; ogni piccolo gesto è reale e le pause e il ritmo della narrazione attoriale sono perfette. La regia ha sicuramente curato, con attenzione, la differente postura del personaggio quando è bambino e quando è adulto; prima è seduto, si stringe con le braccia, è impacciato, gioca con il cravattino, poi è in piedi, la postura è sicura, si muove attirando attenzione sul palco, il gesto è efficace. E nel finale, in un crescendo di consapevolezza del personaggio – e di scoperta di verità da parte del pubblico – l’attore è in piedi di fronte agli ascoltatori e con estrema semplicità, questa volta con voce adulta, leggermente tremante, e con le spalle meno altezzose, narra la sua fragilità. Ora l’uomo non si “inganna” più, si mostra visibile, con coraggio consegna ai presenti se stesso.
Gli schemi difensivi, le trappole mentali aiutano l’uomo a sopravvivere, soprattutto nella società moderna che non ammette fragilità.
Difficile scegliere la ricerca della felicità se questa comporta dolore; spesso l’unica scelta è un vuoto di vita, una non realizzazione del sé.
Inoltre, quando un trauma di vita è vissuto da piccoli, questo crescendo rimane insediato dentro l’individuo, non è qualcosa di etereo che vola via, rimane nel corpo, nella mente, quando lo si rivive ci si sente fragili e deboli come nell’età in cui lo si è vissuto.
Il corpo è cresciuto, la mente ha maggiori difese verso il dolore, ma le ferite dell’anima mantengono fisso e stabile non solo l’emozione ma come le paure sono state affrontate in quella precisa età: si è piccoli di statura, insicuri, fragili, innocenti, i racconti sono semplici e spontanei, non si hanno difese strutturate. Quando un adulto ha dentro di sé questa eredità va guardato, per essere compreso, come se fosse un bambino e non va mai dimenticato che è impossibile che abbandoni le proprie difese, per quanto possano apparire ‘assurde’.
Lo psichiatra scozzese Ronald David Laing, in L’io diviso, scrive: «Desidererei quindi mettere l’accento sul fatto che il nostro stato “normale”, “adattato” significa troppo spesso rinuncia…; molti di noi riescono soltanto ad acquisire un falso sé da adattare a false realtà».

Lo spettacolo continua:
Teatro Argot Studio
via Natale del Grande, 27 – Roma
fino a venerdì 23 dicembre, ore 21.00
biglietti intero 12 Euro, ridotto 10 Euro

SkinTrade presenta
Il dolce mondo vuoto
di Francesca Staasch
regia Francesca Staasch
con Lino Guanciale
organizzazione Sara Rosato
assistente alla regia Paolo Sirignani
colonna sonora originale Toni Virgillito
ufficio stampa Laura Mauti