Tamino Jones e il tempio benedetto

Tutto esaurito al Teatro del Giglio a Lucca per l’ultima replica del Flauto Magico, nuova coproduzione dei teatri della Tradizione della Toscana. Uno spettacolo che incanta, fra avventura e qualche apprensione.

Regista di questo allestimento del Teatro Goldoni di Livorno è Lindsay Kemp – coreografo e regista inglese che, da diversi anni, ha eletto Livorno a sua città d’adozione, con la quale ha stretto un forte legame anche dal punto di vista artistico.
La sua visione del Flauto Magico è giocosa e permeata di dolcezza, il gesto e il movimento dei cantanti si lega e si abbandona alla musica, regalando al pubblico una messinscena in cui una certa componente coreografica trasforma la stessa presenza scenica degli interpreti, investendola di credibilità, morbidezza e naturalezza (cosa non scontata quando si parli di lirica).
Nonostante lo spettacolo possa dirsi, quindi, nel complesso riuscito, qualche pecca nella messinscena è saltata all’occhio. Prima fra tutte, quella di lanciare sul palco i tre geni-fanciulli in bicicletta. Per quanto l’immagine sia insieme surreale e magica, una volta constatati la difficoltà e il disagio (oltre che il pericolo) di una simile scelta, compito del regista sarebbe stato abbandonarla e trovarne un’altra. Le bimbe, infatti, visibilmente in difficoltà , hanno trasmesso al pubblico il timore della caduta (o, peggio, di vederle precipitare nella buca degli orchestrali). Una sensazione, questa, inutile e controproducente per l’atmosfera generale. Alle ultime uscite delle tre giovani interpreti, gli spettatori apparivano persino stanchi, e tale sensazione era chiaramente percepibile.
La vocazione didattica di Kemp e la sua passione per la formazione degli artisti delle generazioni più giovani è stata forse alla base di un’altra scelta registica, ossia quella di mandare in scena i bambini come figuranti (prima, scimmiette della foresta e, poi, figli di Papageno e Papagena). Nonostante la simpatia suscitata, la scelta ha comunque dato allo spettacolo la connotazione di un saggio di fine anno da laboratorio scolastico.
Si è notato anche un problema di acustica (e si rimane un po’ stupiti che non si sia deciso di ovviare con un’altra soluzione), causato dal fatto che il coro dei sacerdoti intonava la parte, in alcuni momenti, da dietro le quinte – scelta che ha comportato la perdita del suono. A meno di conoscere l’opera a menadito, solamente i sottotitoli indicavano la presenza del canto. Si sono persi, così, alcune battute interessanti sia dal punto di vista drammatico sia musicale.
La scena fissa e monumentale, raffigurante un tempio perso nella jungla, può dirsi certamente evocativa. Tuttavia, l’uso che ne è stato fatto ha sollevato qualche perplessità. Utilizzata alla stregua di uno spazio neutro, caratterizzato da grande versatilità (si trasformava a ogni cambio scena: spazio aperto, dimora della Regina della Notte, tempio di Sarastro, jungla, segreta, un non-luogo indefinito) era pur sempre troppo connotata per reggere tale compito, e non si è dimostrata interamente funzionale – data la varietà delle situazioni proprie dell’opera.
La scelta del regista, inoltre, di tagliare le parti parlate al minimo necessario per l’intellegibilità della storia, pur garantendo la comprensione della trama, ha dato all’intero lavoro un andamento eccessivamente contratto che non ha lasciato il tempo a qualsivoglia sviluppo. Conoscendo l’opera, il pubblico ha potuto supplire alle mancanze, ma i tempi davvero stretti hanno provocato la sensazione che si sia scivolati verso il finale a passo troppo spedito.
Non ha del tutto convinto nemmeno la scelta di presentare i primi dialoghi fra Papageno e Papagena in italiano. L’uso dell’italiano proietta lo spettatore nel mondo operistico nostrano, quando al contrario il Flauto Magico è un singspiel, ossia un genere tedesco con forme peculiari.
L’ultimo sassolino nella scarpa riguarda il finale, quando i sacerdoti si mettono a danzare come in una sagra di paese, creando un clima certamente festoso, ma un po’ troppo fuori tema.
Veniamo ora alle scelte interpretative. Sarasto è un padre ambiguo (alcune scelte espressive del cantante portano a chiedersi che intenzioni abbia con la povera Pamina). I sacerdoti del tempio appaiono inizialmente come curati con breviario, poi come monaci buddisti. In ogni caso, una certa caratterizzazione bigotta – unitamente all’aria ambigua di Sarastro – trasforma il tempio da dimora della luce e della sapienza a sede di una certa ottusità e conformismo. Questa sensazione mescola le carte in tavola e i confini fra bene e male, luce e ombra, Sarastro e Regina della Notte, si fanno meno netti e definiti.
Come affermato in apertura, lo spettacolo nel complesso è certamente interessante e riuscito, e riserva momenti molto belli, primo fra tutti l’apparizione della Regina della Notte, laddove tutta la magia del Flauto Magico ma anche quella della macchina teatrale esplodono.
Complimenti in particolare a Pamina, interpretata da Yukiko Aragaki, a Papageno, il ritrovato William Hernandez, fenomenale Figaro del Barbiere di due stagioni fa. Nota di merito anche per l’oratore e sacerdote, Eugenio di Lieto, dalla voce calda, ben timbrata e dalla presenza scenica degna di plauso.
Esecuzione e interpreti senza dubbio all’altezza dell’impresa: rendere omaggio a Mozart.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro del Giglio

piazza del Giglio, 13/15 – Lucca (LU)
sabato 21 gennaio, ore 20.30 e domenica 22 gennaio, ore 16.00

Il flauto magico (Die Zauberflöte)
opera tedesca in due atti su libretto di Emanuel Schikaneder
musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Editore Bärenreiter. Rappresentante per l’Italia Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano
opera in lingua originale, sovratitoli in italiano realizzati dalla Fondazione Teatro Goldoni
direttore Dejan Savić
regia, scene e costumi Lindsay Kemp
coreografia e aiuto regia Daniela Maccari
illuminazione e aiuto regia David Haughton
progetto scenografico Sergio Seghettini
maestro del coro Marco Bargagna
personaggi e interpreti: Sarastro, Manrico Signorini Tamino, Blagoj Nacoski
Regina della Notte, Maria Laura Martorana (21 genn.), Sarah Baratta (22 genn.)
Pamina, Yukiko Aragaki
Papageno, William Hernandez
Papagena, Silvia Lee
Monostatos, Antonio Pannunzio
Prima Dama, Roxana Herrera Diaz
Seconda Dama, Sara Paone
Terza Dama, Carlotta Vichi
Oratore degli Iniziati/Primo Sacerdote/Secondo Armigero, Eugenio Di Lieto
Secondo Sacerdote/Primo Armigero, Giuseppe Raimondo
Tre Geni/Fanciulli, Chiara Delfino, Francesca Spiller, Agnese Casarosa – Margherita Carnicelli, Martina Niccolini, Alice Schiasselloni (elementi provenienti dal Coro Voci Bianche della Fondazione Teatro Goldoni diretto da Marisol Carballo)
Orchestra della Toscana
CLT Coro Lirico Toscano
Coro Voci Bianche della Fondazione Teatro Goldoni
nuovo allestimento del Teatro Goldoni di Livorno
coproduzione Teatro Goldoni di Livorno, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro di Pisa
in collaborazione con Luglio Musicale Trapanese