La tinta scura all’origine della follia e della violenza

Il potere e la violenza come strumenti di riscatto nei confronti del proprio destino: Il Giovane Riccardo risale alle origini di uno dei personaggi più vili e terribili dell’universo shakespeariano, ovvero Riccardo III.

Liberamente ispirato al Riccardo III di Shakespeare, Il Giovane Riccardo di Alberto Fumagalli in scena al Teatro Studio Uno di Roma fino al 14 gennaio ricostruisce quella che Sartre avrebbe definito “infanzia di un capo”, ovvero la genealogia psicologica ed esistenziale di uno dei tiranni più noti della tradizione letteraria mondiale. Un’operazione riuscita grazie alla sapiente messa in scena e all’ottima interpretazione dei protagonisti, in particolar quella dello stesso Fumagalli nelle parti di un Riccardo diciassettenne alle prese con la sua deformità fisica, con la sua solitudine e la sua disperata ricerca d’amore. Ma a contribuire all’efficacia dello spettacolo partecipano altri elementi importanti e decisivi: un calibrato disegno luci, che incrementa la dimensione gotica ed espressionista dell’opera, la quale mantiene, tuttavia, sempre un tono grottesco che garantisce una dose di humour nero; oltre a questo, un testo scorrevole e avvincente, con dialoghi e monologhi spesso ispirati – nei momenti migliori – all’originale shakespeariano, ma che in linea generale mantiene un ritmo potente e trascinante; a tal proposito, forse fuorviante la scelta di fare riferimento a una ipotetica “azienda petrolifera York” piuttosto che al regno.

Certo, il petrolio, nell’immaginario dell’opera, è ben adeguato ai caratteri neri del catrame, dell’inchiostro, della materia amorfa e scura che alludono simbolicamente alla nerezza dell’anima e della mente del terribile Riccardo, però il racconto dedicato alla successione alla presidenza dell’azienda entra in contraddizione con i numerosi elementi monarchici: la corona, la definizione di Re, lo stesso significato di potere. A tal proposito, forse poco adeguato è anche il finale, dove la Regina Elisabetta decide di sacrificare il nome degli York, uccidendo il figlio-mostro accecato dalla voglia di vendetta e di morte. Se Il Giovane Riccardo voleva porsi come seducente “prologo” del Riccardo III, dal momento che l’intera opera è innervata dal capolavoro di Shakespeare e acquista un senso specifico solo a partire da questo, con la morte del protagonista si interrompe questo legame naturale, facendo dell’opera un testo a sé, che si esaurisce piuttosto che evolversi nell’ambito drammaturgico che ogni spettatore conosce bene, ovvero l’originale shakespeariano.

Forse il fattore decisivo che determina la qualità dello spettacolo sono i costumi di Giulio Morini, ben amalgamati con lo spirito complessivo e l’assetto scenografico minimale. Tali costumi infatti, tutti in tinta scura e di ispirazione post-industrial, persino barocchi anche se in salsa cyber-punk, alludono chiaramente all’inquietudine complessiva e alla mostruosità del protagonista: maschere che sembrano essere state disegnate da Ruedi Giger o da Carlo Rambaldi, come uscite da un video o una fotografia di Floria Sigismondi o Nick Knight. Così la gobba di Riccardo diventa un capo voluminoso amorfo, che sarebbe potuto essere firmato da Alexander McQueen; il tutto viene così proiettato in un tempo senza tempo, quello dell’imperitura oscurità dell’animo umano, perché lo specchio nel quale si guarda il giovane Riccardo equivale allo specchio nel quale ciascuno di noi si riflette guardando l’opera.

Lo spettacolo continua
Teatro Studio Uno (Sala Teatro)
Via Carlo della Rocca 6, 00177 Roma
dall’11 al 14 gennaio 2018

Compagnia Les Moustaches presenta
Il Giovane Riccardo
liberamente tratto da Riccardo III di William Shakespeare
di Alberto Fumagalli
regia Alberto Fumagalli, Tommaso Ferrero
con Alberto Fumagalli, Loris Farina, Antonio Muro, Alice d’Hardouin Bertini, Ludovica D’Auria