Critica della ragion vaginale

Alla semifinale del Rome Fringe Festival 2017, va in scena Il laboratorio della vagina, capace di coniugare irriverenza, comicità e severa denuncia sociale.

La strage silenziosa e brutale del femminicidio, piaga quanto mai dolorosa del nostro paese, anima quotidianamente la cronaca che continua a raccontarci storie di violenza domestica, stupri, omicidi. La misoginia latente della nostra società trova sempre più spesso occasione di palesarsi, reiterando una storia millenaria che affonda le sue radici nella mitologia delle religioni e nelle tradizioni folkloriche: eppure le più antiche culture riconoscevano alla donna la figura dominante in quanto simbolo di fecondità, assimilabile alla natura, come dimostrano le statue della Grande Madre appartenenti alle civiltà primordiali pagane. Il femminino, perciò, prima dell’Antico Testamento, dell’Induismo e dell’Islam, prima anche del Cristianesimo e delle moderne narrazioni secolarizzate che hanno insistito sul carattere di subordinazione della donna all’uomo, era originariamente il genere dominante e sovrano.

Come dare un contributo alla causa femminile odierna, testimoniando le vittime del femminicidio ininterrotto, facendo riemergere gli squallori della storia recente? Come dimostrare che il male di questo orrore perpetrato ovunque al mondo sorge dal linguaggio quotidiano che ciascuno di noi adotta in maniera spontanea, perché già in tale spontaneità e nel pensiero comune è presente il germe della discriminazione e della violenza? E soprattutto, come riuscire a fare tutto questo senza scadere nell’animosità empatica, riuscendo piuttosto a divertire e far ridere il pubblico?

Il laboratorio della vagina, opera teatrale e parte integrante del progetto Parla con lei del centro di formazione e ricerca Teatrocittà, è meritatamente approdata alle semifinali del Fringe Festival di Roma, e possiede tutte le carte per aggiudicarsi il primo premio: un’ottima messa in scena e una regia ben coordinata, che riesce con semplici giochi di luce a restituire un ambiente da talk show televisivo. Le bravissime attrici, capeggiate e dirette dall’ottima Patrizia Schiavo, sono protagoniste di una sciarada che oscilla continuamente tra il faceto e la denuncia sociale, il goliardico e la polemica, la risata che un istante dopo si capovolge in riflessione, rammarico, pentimento anche. La regia di  Schiavo gioca su questo confine liminare tra farsa giocosa e j’accuse, in un’azione drammaturgica straniante che raddoppia la sua efficacia nella metatestualità: la vagina diventa al contempo simbolo dell’immaginario maschilista e patriarcale, oggetto di desiderio, di ironie e mistificazioni, ma anche arma di rivoluzione, strumento per la presa di coscienza della donna e del suo potere. Se infatti tra i caratteri scenografici svetta una Grande Madre di plastica, questa si presenta in un carattere kitsch, con le mammelle e appunto la vulva dorate: tutto lo spettacolo si anima dell’ossimoro e della polarità concettuale irrisolta, il passaggio tra la barzelletta e il dramma è sempre repentino, immediato, fino a far saltare l’intera impalcatura nella scena centrale dedicata agli orrori delle violenze subite dalle donne bosniache da parte dei miliziani serbi durante le guerre balcaniche.

In quella fase le attrici trasfigurano, diventano altro, si proiettano in uno spazio ideale lontano dal contesto del resto della messa in scena, come una parentesi d’orrore, come l’emersione dell’autentico nucleo dell’intero spettacolo. Poi però, sapientemente, si torna al talk show e a sorridere, seppur poco prima si stava incollati alla sedia in tensione e scioccati dall’orrore raccontato: è lo stesso movimento dell’odierno circuito massmediale, che “switcha” di continuo tra emozioni inconciliabili provocando una schizofrenia collettiva, e che portato in scena su un palco si smaschera offrendo l’opportunità (remota, utopica, ma per questo non meno necessaria e vitale) di una qualche trasformazione culturale e sociale.

Lo spettacolo è andato in scena all’interno del Roma Fringe Festival 2017, VI Edizione
Villa Mercede, Via Tiburtina 113 – 115
30 agosto – 23 settembre, dalle 19.30 a mezzanotte.

Teatrocittà presenta
Il laboratorio della vagina
regia Patrizia Schiavo
con Teresa Arena, Anna Maria Bruni, Roberta Colussi, Silvia Grassi, Carmen Matteucci, Roberta Marcucci, Sarah Nicolucci