All’interno del borgo medioevale considerato – non senza controversie – il centro geografico d’Italia, è andata in scena la prima edizione di Narni Città Teatro con la direzione artistica di Davide Sacco.

La nostra giornata si apre con Segnale d’allarme – La mia battaglia VR, esperimento di teatro in realtà virtuale diretto da Elio Germano e Omar Rashid che riproduce attraverso visori Oculus lo spettacolo La mia battaglia andato precedentemente in scena in terra di Romagna.

Le luci sono sempre accese, l’atmosfera è candida, sul palco solamente un leggìo, uno sgabello e una bottiglia d’acqua. Elio Germano percorre la sala entrando dal foyer e si intrattiene in platea in quella che sembra essere una semplice introduzione. L’incipit («Se il teatro fosse una nave alla deriva e gli spettatori si ritrovassero nella condizione di naufraghi su un’isola deserta, cosa accadrebbe?») e l’interazione diretta con alcuni spettatori (ai quali chiede quali competenze potrebbero mettere a disposizione dell’ipotetica comunità di naufraghi) tradisce da subito il desiderio di stabilire un legame di complicità con il pubblico. Il compiacimento si tradurrà vorticosamente in trascinamento coatto, le argomentazioni da qualunquiste a estremiste, i toni da accomodanti ad autoritari. La grande storia a fare da sfondo, il richiamo ai nostri tempi come sottotesto e l’oscurità conradiana che dilania la coscienza dell’essere umano a legare tutto.

Il «monologo serrato che diventa presto un crescendo di slogan politici sul senso di comunità, sulla meritocrazia, sulla sicurezza e, più avanti, sulla xenofobia e la purezza della razza» esordisce pacato, cresce tumultuosamente e chiude alla massima intensità quando, dopo l’ingresso ai piedi del palco di giovani dall’alma negra e la lettura di un brano dal Mein Kampf sulla difesa dello Spirito e della patria, i visori riproducono filmati d’epoca nazista in un mosaico video con al centro la svastica.

La partitura drammaturgica immaginata da Elio Germano e Chiara Lagani, direttrice artistica di Fanny & Alexander, con la sua apparente alternanza di buon senso ed estremismo, prima nasconde le proprie intenzioni totalitarie per poi disvelarle in tutta la loro crudezza e disumanità. Al netto di alcune imprecisioni linguistiche («capaci a») e di una qualità della realtà virtuale ancora troppo lontana dall’assicurare un’esperienza realmente immersiva, l’interpretazione di Germano è di alto livello, leonina, la sua voce e il suo corpo accompagnano sapientemente la traslazione scenica di una violenza verbale ai limiti della sopportabilità morale, tuttavia il giocattolo si rompe proprio nel momento in cui bolla con troppa facilità e banalità ogni alternativa al pensiero progressista come regressivo, fascista ed esiziale ed esclude di fatto la possibilità che dal dialogo tra posizioni avverse (come quella che attualmente animano il dibattito sui migranti, sull’Europa e sulla questione di genere) possa sorgere e strutturarsi una posizione terza, rispetto alla quale il compromesso non sarebbe un cedimento razzista, omofobo e/o patriarcale ma una virtù.

Se l’intento era quello di promuovere una riflessione sui rischi della democrazia e sull’effettiva onda nera che sta investendo il Mondo, perplime che ciò venga ricercato attraverso la messa in ridicolo di qualsiasi posizione non condivisa dall’anima bella di Germano. Se la volontà era quella di favorire un incontro democratico con il dissenso, lascia il tempo che trova l’ambizione di questo esperimento di saper dialogare con qualcuno con un pensiero politico differente.

A seguire, al Teatro Comunale è andato in scena l’allestimento di Alessandro Serra, uno dei registi più cool e riconoscibili dello stantio panorama teatrale italiano.

L’ombra della sera è la trasposizione coreutica del genio rivoluzionario di Alberto Giacometti, probabilmente il più importante scultore del secolo scorso e la cui ricerca espressiva costituisce la quintessenza della ricerca artistica della modernità, quella che il nostro Alessandro Alfieri, in un bel saggio del 2015 pubblicato da Mimesis, definiva Necessità e fallimento della forma, vale a dire l’irriducibile e irrinunciabile rapporto tra la tendenza artistica di individuarsi in una composizione formale e la consapevolezza che la crisi della forma tradizionale necessita di un ripensamento talmente radicale da poter implodere nel vuoto della sua stessa scomparsa.

Come quelle di Serra, anche le produzioni artistiche di Giacometti sono inconfondibili. Chiara Michelini ci già aveva stregati in H+G e ancora una volta non smette di stupire per il modo in cui la sua sagoma si fa eterea e sottilissima, si scarnifica e si abbandona ad abitare lo spazio incerto del tempo, si spezza e si mantiene tutta insieme: Michelini è tanto struggente e straziante, quanto capace di sfoggiare una padronanza tecnica e stilistica ai limiti, forse oltre, della perfezione.

Eviteremo di indugiare sullo sviluppo postdrammatico con cui Chiara Michelini interpreta le tre donne della vita dell’artista («la madre Annetta, la moglie Annette e la prostituta Caroline»), il modo in cui gestisce una composizione scenografia non complessa, ma ricca di cambi scena, di abiti, di scarpe e di legatura dei capelli e al cui interno la sua presenza è vibrante e mai banale e la sua voce, nell’unico momento in cui si manifesta, è lacerante (complice anche la stupefacente acustica del teatro Masini).

Le sfumature tra le donne emergono particolareggiate nella loro intuitività, dunque prive di glorificazione o cedimenti barocchi del movimento, ma proprio dal contrasto tra la chiarezza dei personaggi incarnati come snelle sculture giacomettiane e le portentose figure coreutiche disegnate da Serra per Michelini, vengono a determinarsi suggestioni e sensazioni emotive profondissime. Profondissime e mai sconvolgenti perché non si tratta di un difetto o eccesso emozionale, ma del risultato di una tensione e di un cortocircuito determinati dalla torsione del corpo e dalla piegatura articolare di una artista dall’incredibile maturità espressiva, che sembra sempre a un passo dallo sparire nello spazio, si mostra quasi senza spessore, ma proprio in quel quasi riesce a disvelare il senso più profondo dell’operazione di Serra e dell’arte di Giacometti.

Un breve appunto sul monologo stand up comedy di Chiara Becchimanzi, autrice e interprete di Precariaffettiva. Lo spettacolo, purtroppo, palesa tutti i limiti espressivi e la povertà di contenuti di Becchimanzi, che non solo riproduce quasi pedissequamente la stessa modalità interpretativa interattiva e sarcastica ammirata (sic!) in Principesse e sfumature, ma ne recupera in toto anche diversi sketch (su tutti il non più divertente inserto su Cinquanta sfumature di grigio) scadendo in una marea di luoghi comune che, dall’arte comica, onestamente ci aspetteremmo vedere sublimati o trasfigurati attraverso ben altre armi ironiche.

Pur spostando il baricentro della narrazione dalla critica al patriarcato alla precarietà, nulla cambia e l’impressione è quella di assistere allo stesso identico canovaccio di Principesse e sfumature – rispetto al quale, dunque, non possiamo che confermare tutte le nostre perplessità.

Parafrasandoci, Precariaffettiva «tende allora a plasmare un mondo deterministico nel quale la propria felicità diventa ancor più eterodiretta, dipendente da qualcuno o qualcosa che ti porti ad apprezzarla» e, «tra le pieghe di un testo vagamente pedagogico e moralistico e che spesso non affonda il colpo ma si accontenta di rimanere sul piano dell’ironia, si percepiscono il rischio dell’ulteriore colpevolizzazione» di quegli stessi soggetti «a cui non manca tanto la consapevolezza del problema o la volontà di riscatto, quanto la forza spirituale e materiale di applicare le proprie decisioni».

Gli spettacoli sono andati in scena all’interno di Narni città teatro
location varie, Narni

Auditorium Bortolotti
ore 20.00
Segnale d’allarme – La mia battaglia VR
regia Elio Germano e Omar Rashid
produzione Gold e Infinito
tratto dallo spettacolo teatrale La mia battaglia
diretto e interpretato da Elio Germano
scritto da Elio Germano e Chiara Lagani
aiuto regia Rachele Minelli
luci Alessandro Barbieri
fonico Gianluca Meda
fotografia Luigi Ruggiero e Filippo Pagotto
post-produzione Sasan Bahadorinejad
produzione Pierfrancesco Pisani

Teatro Comunale Manini
ore 21.00
L’ombra della sera
regia, scene, luci Alessandro Serra
con Chiara Michelini
produzione e Sardegna Teatro
con il sostegno della Fondazione Centro Giacometti (CH) e della Regione Toscana Sistema regionale dello spettacolo dal vivo

Teatro Comunale Manini
ore 22.30
Precariaffettiva
di e con Chiara Becchimanzi