Nel limbo

Teatro-Quirino-roma-80x80A Roma lo scorso 21 ottobre hanno debuttato in contemporanea due versione de Il Mercante di Venezia provocando, tra gli altri, un interessante sdoppiamento del personaggio di Shylock, interpretato da Silvio Orlando al Teatro Argentina e da Giorgio Albertazzi al Teatro Quirino.

«Andate a vedere Orlando» ironizza l’altro, ma in realtà non si tratta di una sfida quando di un duplice stimolo per il pubblico. Noi siamo andati a curiosare al Quirino, incapaci di sdoppiarci a nostra volta.
Impegnato su più fronti, dal teatro alla competizione danzante in tv, un impressionante e instancabile Albertazzi, classe 1923, veste i panni di Shylock e accompagna il suo affezionato pubblico alla rilettura del testo shakespereano dal 21 ottobre al 9 novembre 2014. «Uno Shylock pieno di ironia il mio: un ebreo veneziano, che è diverso da un ebreo qualunque», afferma il toscano che si è cimentato personalmente nella riscrittura dell’opera, probabilmente perché affezionato al testo e in particolare al personaggio, già interpretato una decina di volte in modo sempre sorprendente.
«Il teatro è un misterioso elemento interiore che ha poco a che fare con le cose esterne, puoi essere malato o zoppo ma fai teatro» declama in un’intervista l’attore, che pur portando sul groppone quasi mezzo secolo di vita, è riuscito a regalare emozioni indescrivibili come pochi maestri sanno fare. A più di quattro secoli di distanza dalla prima stesura della commedia, databile 1596-1597, si assiste quindi a una nuova versione, peraltro non troppo stravolta, del notissimo Il mercante di Venezia con l’intento di rendere omaggio al 450° anniversario dalla nascita del Bardo.
«Shylock, per me, è magnetico, irresistibile, perfettamente padrone di ogni avventura e sventura; tanto da rendersi conto, nel processo finale, che Porzia si è travestita da giureconsulto: è Shylock che decide di chinare il capo, di perdere tutto. Di tornare giovane dentro a Porzia. Sì, Shylock è l’uomo più bello e più giovane che io conosca. È Giorgio Albertazzi», dichiara Giancarlo Marinelli, il regista.
C’è però un ma. Pur essendo stato Albertazzi faro accecante della performance, lo spettacolo non ha del tutto convinto il pubblico. Cerchiamo di capire perché.
La regia punta tutto sui giovani e opta per delle scelte piuttosto classiche: a proposito della scenografia propone un ponte praticabile, che occupa l’intero palco, accettando di dividere lo spazio solo con uno schermo alle spalle, su cui di tanto in tanto vengono proiettate immagini poco attinenti col resto della narrazione. Per quanto riguarda la messa in scena l’impressione generale – fatta eccezione per i balletti colorati delle ancelle di Porzia – è quella della staticità; tutto è affidato ai dialoghi e la scelta potrebbe risultare arguta se questi non fossero lenti, poco sentiti e interpretat piuttosto all’antica. L’impianto scenico ancora non appare del tutto persuasivo e non solo per i costumi, fin troppo verosimili e quasi favolistici tanto da sfiorare il confine di una mascherata carnevalesca, ma soprattutto per un problema di registro: si passa da una certa volontà buffonesca, a toni erotici e provocatori, per poi approdare alla riflessione che tuttavia non rischia o non vuole indagare nel profondo.
Si è come rimasti a metà, nel limbo, sospesi tra una risata, un punto interrogativo e una smorfia di disappunto. Dove si voleva arrivare? Cosa si voleva comunicare? Si esce dal teatro col dubbio se Bassanio sia un egoista approfittatore piuttosto che un ingenuo ragazzo di buoni sentimenti e sfortunato. Quanto ad Antonio, si insiste talmente tanto sul suo morboso attaccamento all’amico che si arriva a pensare che si tratti più che altro di un innamorato che nasconde sentimenti inconfessabili e ben più profondi. Gli attori, dal loro canto, non coinvolgono e non convincono pienamente, pena forse, la giovane età della compagnia, fatta eccezione per un paio di casi tra cui l’encomiabile attrice nei panni del servo, meritevole di aver strappato qualche sorriso e diversi applausi, anche grazie all’accorgimento del dialetto veneziano che le viene messo in bocca. La discrepanza di esperienza e di bravura si palesa chiaramente quando in scena c’è il gigante Albertazzi, che oscura irrimediabilmente l’esecuzione degli altri.
È proprio il caso di dirlo: Shakespeare continua a essere per i registi il porto più sicuro dove approdare, quello dove si è certi di fare centro nonostante le riletture, gli stravolgimenti, le particolari interpretazioni che di volta in volta si danno delle opere dello scrittore inglese. Perché, vada come vada, il pubblico sente, si emoziona, critica, non comprende, ma comunque riflette e si interroga: perché, vada come vada, esce dal teatro diverso da quando ci è entrato.

Lo spettacolo va in scena
Teatro Quirino Vittorio Gassman

Piazza dell’Oratorio 73, Roma
fino al 9 novembre
martedì/sabato h 20.45
domenica h 16.45

Il mercante di Venezia
di W. Shakespeare
Regia di Giancarlo Marinelli
Personaggi e interpreti
Shylock Giorgio Albertazzi
Porzia Stefania Masala
Antonio Franco Castellano
Doge Paolo Trevisi
Bassanio Francesco Maccarinelli
Graziano/Pretendenti Diego Maiello
Jessica Ivana Lotito
Job Cristina Chinaglia
Lorenzo Simone Vaio
Nerissa Vanina Marini
I Ancella Alessandra Scirdi
II Ancella Erika Puddu
III Ancella Francesca Annunziata