Andrea Adriatico come Erich Fromm

A Teatri di Vita va in scena uno tra i capolavori di Yukio Mishima, poeta del mal-essere esistenziale.

Nel buio della sala si accendono, sul palco, quattro monitor che mostrano le immagini e la voce di Hitler che arringa la folla: uno dei molti documentari che capita di vedere a notte fonda sulle tivù meno generaliste – come Rai Storia. Un immediato tuffo nel passato sollecitato anche dai ricordi degli altri protagonisti di quel preciso periodo degli anni Trenta del Novecento, che ci giungono attraverso mezze frasi mentre le voci sono sopraffatte dall’imperio veemente del Führer. Ha il sapore del presagio di eventi futuri questa protervia che pare possa spazzare via tutto e tutti.

È una ricerca, quella di Mishima, un’indagine della psiche simile a quella portata avanti da Erich Fromm in Anatomia della distruttività umana. L’aggressività maligna così ben delineata dallo psicologo e filosofo tedesco (e non sarà un caso che, nel terzo atto, Hitler sarà steso su un lettino da psicoanalisi) spazzerà via con un colpo di spugna (o, meglio, di pistola) amici e nemici, ‘camerati’ e ‘fratelli’ – sacrificabili tutti per la scalata al potere assoluto.

L’ideale rivoluzionario del nazionalsocialismo delle SA – guidate da Ernst Röhm – si scontrerà, nel momento della loro massima espansione (ben 3 milioni di iscritti), con quello dei generali dell’esercito regolare (non meno bellicosi ma più proni ai voleri degli industriali) e, in modo particolare, con il nuovo corpo scelto delle SS (di Heinrich Himmler). L’allontanarsi e il rincorrersi, sul palco, di Hitler e Röhm è – a livello visivo – la corretta rappresentazione del confronto – un misto di denunce di atti riprovevoli e ricordi di momenti goliardici felici – che tenta, invano, di arrivare a rendere compatibili la rivoluzione permanente (ideale proprio del secondo) e la necessità (per il primo) di assecondare, così da mantenere e consolidare il proprio potere, le richieste di generali e capitalisti.

In campo, anche la contrapposizione tra destra e sinistra (ancora il nazionalista Röhm e il suo antagonista storico, Gregor Strasser), che si sentono entrambe tagliate fuori dai giochi mentre la seconda, più lungimirante ma destinata anch’essa alla sconfitta, tenta una improbabile – e irricevibile – alleanza per eliminare Hitler ed evitare una sconfitta che le travolgerà sino alle estreme conseguenze.

Le bellissime canzoni dei Placebo, dall’album Without You I’m Nothing, intervallano lo spettacolo per permetterci di leggere (mentre cala il sipario alla fine di ogni atto) le sempre più pesanti e invasive esaltazioni della razza ariana e le sue pretese di supremazia – tratte dal peraltro non particolarmente filosofico o profondo testo dell’Hitler carcerato, il Mein Kampf (La mia battaglia) di triste memoria. Le strutture scenografiche si prestano bene a sottolineare geometricamente i rapporti di forza nei momenti di incontro/confronto così come a rimandare al sotterfugio, allo spionaggio, al clima di subdola coercizione perpetrata dal potere economico per spostare gli interessi del Führer fino a farli combaciare coi propri (i cannoni della Krupp sono solo l’esempio).

Da notare, a livello attoriale, il lungo confronto tra Hitler e Röhm, che porterà alla resa di quest’ultimo – ammaliato/soggiogato dall’amico/nemico – mentre risulta un po’ meno convincente quello tra lo stesso Röhm e Strasser.

Il finale, eccellente, ci riporta e rimanda ai veri vincitori di quella Notte dei Lunghi Coltelli che, in poche ore, decapitò sia la destra sia la sinistra del Partito Nazionalsocialista, con un Hitler che, sino a quel momento, aveva dettato l’agenda degli avvenimenti e che si trova a doversi piegare di fronte al capitalismo e ai loro procacciatori di affari – in primis l’esercito e la marina intenti al loro riarmamento. La stabilizzazione, in questo testo di Mishima, è attuata sacrificando amici e ideali – condivisibili o meno che siano – nel nome di un potere assoluto e stabile – che non è tanto quello del Führer quanto quello del capitale.

Gli intervalli, necessari anche per i cambi di scena (da notare la piscina che rimanda all’iconografia del Terzo Reich, sempre tesa all’esaltazione del corpo), permettono di apprezzare e commentare l’evoluzione dello spettacolo analizzandone, a caldo, i vari momenti. Uno spettacolo profondo, con incognite e domande tuttora aperte.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatri di Vita
via Emilia Ponente, 485 – Bologna
venerdì, 4 giugno giugno, ore 19.30

Il mio amico Hitler
di Yukio Mishima
uno spettacolo di Andrea Adriatico
con Antonio Anzilotti De Nitto, Francesco Baldi, Giovanni Cordì e Gianluca Enria
una produzione Teatri di Vita
con il sostegno di Comune di Bologna, Regione Emilia-Romagna, MiBACT