Comicità al servizio della comicità

teatro-della-cometa-romaAl Teatro della Cometa, ciò che vengono garantite sono le risate, ma a prescindere dalle intenzioni non si va oltre

 

Nascere senza conoscere la propria madre, ovvero il ventre che ti ha accolto per tutto il tempo della tua venuta a mondo, non deve essere facile; specie se vivi in un paese che ti proibisce di avere informazioni sulla genitrice, se non, grottescamente, una volta compiuti cento anni. O forse non è difficile per niente, perché d’altronde restare ancorati alle proprie condizioni di origine impedisce a chiunque di affrontare il presente e il futuro nella maniera più decisa possibile. All’interno di questa oscillazione si pone la commedia in scena al Teatro della Cometa fino al prossimo 29 marzo, Il più bel secolo della mia vita, un travolgente flusso di battute e freddure in dialoghi tipici della romanità più verace e spontanea. A quella “oscillazione” gli autori, Alessandro Bardani e Luigi di Capua, non danno una risposta esaustiva: restare ancorati alla ricerca di un passato morto è compromettente, ma anche il cinico e sarcastico centenario Gustavo, interpretato da uno straripante Giorgio Colangeli, non può nascondere una profonda e toccante commozione dinanzi alla scoperta del nome della madre mai conosciuta.

La mano di Luigi di Capua, membro fondatore del collettivo The Pills che spopola sul web e che si appresta a realizzare la prima fatica cinematografica, è ben evidente soprattutto nei dialoghi e nei gesti, sempre taglienti e mai banali, e che rappresentano l’elemento forte che concede allo spettatore un’ottima e non trascurabile dose di divertimento. Nelle parti che pretendono di essere più melodrammatiche il testo però cede di molto: in teatro le battute si urlano quando non si conosce altro modo per esprimere un sentimento o un concetto particolare, e le lacrime di Colangeli nel finale possiamo graziarle solo attraverso un gesto di empatica partecipazione. Al di là degli elementi, spesso surreali, che caratterizzano i dialoghi e le vicende dei due protagonisti, il testo non gode di alcuna struttura narrativa di particolare pregio, anzi l’idea di fondo sa di trito e ritrito: giovane-imbambolato che ha a che vedere con l’anziano-arzillo-lucido ed ex sciupafemmine, modello che ci fa ricordare (tra i tanti, troppi altri) Alberto Sordi e Carlo Verdone, i Soliti Idioti, e via discorrendo. D’altronde, resta irrisolta la dimensione morale dell’opera, perché anche lì dove sembra che il vecchio abbia qualcosa da insegnare al giovane, lo sviluppo narrativo non va oltre il pentimento di quest’ultimo per aver offeso l’anziano; la cosa peggiore è che si ha come l’impressione che il testo, oltre a divertire (fine a cui adempie perfettamente), avesse anche la pretesa di comunicare qualcosa di profondo sull’esistenza. Ma se siamo disposti a sorvolare su questo, e se ammettiamo che la prova degli attori è convincente (seppur Montanari, quando prova ad alzare il tono drammatico, risulta spesso limitato), dobbiamo segnalare anche una totale trascuratezza scenografica (nella locandina c’è una panchina, ma dov’è sulla scena?), scarna e vuota senza motivo di esserlo. Carino l’artificio delle torce per la corsa in automobile, come carina è l’idea del prologo che avviene col coinvolgimento del pubblico, tutti membri dell’Associazione figli non riconosciuti, oltre a ciò però anche la regia è elementare, piatta; da tutto ciò si evince che lo spettacolo si riduce a una serie di sketch spesso esilaranti, ironia fulminante mai banale, ma forse il format del web rispetto al teatro è un’altra cosa. Anche perché, diciamocelo, metti due attori a parlare romanaccio e a offendersi tra loro e il risultato comico è garantito.

Lo spettacolo è ancora in scena:
Teatro della Cometa
Via del Teatro Marcello, 4 – Roma
dal 19 al 29 marzo 2015
ore 21.00

Casanova teatro presenta
Il più bel secolo della mia vita
regia e testo Alessandro Bardani, Luigi di Capua
con Giorgio Colangeli, Francesco Montanari, Maria Gorini