Non essere sentimentale

teatro-pergola-firenzeVa in scena alla Pergola Il Prezzo di Arthur Miller, per la regia di Massimo Popolizio, Premio Ubu 2015 come miglior attore (per l’Lehman Trilogy).

Questa commedia è un manifesto esemplare del teatro di parola. Il testo è veloce, serrato, ricco, ricchissimo. Sebbene questa sia la storia dell’incontro di due fratelli che hanno preso strade diverse dopo la rovina del padre all’indomani della crisi economica del 1929, il motivo sociale è pressoché assente: si odono solamente i crolli delle case in via di demolizione, e si racconta di un giardino che, nel ’29, ospitava affaristi e banchieri – col cilindro e le scarpe ancora lucide – assieme a operai e manovali.
La pièce si concentra invece sulle vicende esistenziali di due fratelli, Victor, un poliziotto, e Walter, chirurgo affermato. Nella prima metà dello spettacolo campeggia la figura di Victor, sergente simpatico e insicuro, in preda alle ire della moglie arrivista e alla caparbietà del mercante Solomon.
Egli si trova a dover vendere tutti i mobili della casa di famiglia che sta per essere demolita; sebbene non sia riuscito a contattare il fratello Walter, con il quale non ha alcun rapporto da sedici anni, chiama un venditore perché gli faccia una stima dei mobili. Questi, coperti da un telo, sono disposti in maniera mirabile, uno sopra l’altro, fin quasi a toccare il soffitto.

Il venditore, interpretato da un meraviglioso Umberto Orsini, è un russo di origini ebree di quasi novant’anni. La sua chiacchiera è incantatrice, la gestualità magnetica. Victor, dapprima burbero e diffidente, si arrende alla vitalità di Solomon e si abbandona con lui a qualche confidenza.
L’arrivo del fratello incrina questa vena umoristica e ci trascina in un’atmosfera plumbea, permeata di risentimenti covati per vent’anni e di pentimenti rimossi. È qui che diviene evidente il focus dello spettacolo: più del prezzo dei mobili, è quello delle scelte a contare. In un paese in cui tutto ha un prezzo, in cui i rovesci di fortuna sono in grado di spazzar via anche la pietà dall’interno di una famiglia, ogni uomo che – come Victor – non ha vissuto per i soldi, si guarda indietro e cosa vede? “Merda”.
In questa pièce c’è un solo vincitore, il relativismo. Nessuno ha ragione. Non è possibile neppure indagare le ragioni che hanno portato gli attori a fare le scelte di vita che li hanno irrimediabilmente condizionati, poiché queste ragioni – date come assolute – sono a loro volta relative al punto di vista del singolo, sono state rimaneggiate, rielaborate. È impossibile mediare fra le convinzioni di questi personaggi che, proprio in virtù dell’irriducibilità dei punti di vista, potremmo definire tragici. In questo intrico di sentimenti più o meno torbidi non vi è alcuna moralità che detti legge. Molto semplicemente: ogni cosa ha un prezzo, nessuna un valore.

Mentre la regia sembra “farsi da sé”e non merita più di qualche plauso quanto a soluzioni innovative, lo spettacolo è reso davvero speciale dalle incredibili performance dei quattro attori. L’atmosfera finale che ci rende Popolizio, nel duetto con Orsini, è malinconica, nostalgica. Sembra riportarci per l’ultima volta in una realtà – fatta di vinili e delle rocambolesche avventure di un vecchio fascinosissimo – che non è più, che ha fatto il suo tempo come quegli edifici che, nel frattempo, continuano a crollare.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro della Pergola
via della Pergola, Firenze
dal 19 al 24 gennaio 2016

Compagnia Orsini presenta
Il prezzo
di Arthur Miller
regia Massimo Popolizio
direzione artistica Umberto Orsini
con Umberto Orsini, Massimo Popolizio, Alvia Reale e Elia Schilton
scena Maurizio Balò
costumi Gianluca Sbicca
luci Pasquale Mari
traduzione Masolino D’Amico