Poesia, politica, passione

Le tre P che hanno contraddistinto la sua vita. Pier Paolo Pasolini. A oltre quarant’anni dal suo brutale omicidio, ennesimo mistero italiano, Luigi Lo Cascio riannoda i fili di una vita à bout de souffle.

È la prospettiva del Cristo morto del Mantegna quella che sottolinea a livello visivo le prime parole di Pasolini, disteso tra la polvere dell’idroscalo di Ostia. Le sue suole campeggiano, disegnate dal vivo da Nicola Console (che sottolineerà con il suo immaginario artistico, espressionistico e surreale, l’intera partitura poetica), mentre la voce di Lo Cascio è quella del profeta di se stesso. Pasolini conosceva la propria morte, la propria indicibile inattualità. Pasolini, con la sua disperata sete di verità – che tradiva con i propri sensi di colpa, ma alla quale avrebbe immolato se stesso.
Dalla fine (mai chiarita o mai volutamente chiarita) dell’uomo, la parola poetica di Pier Paolo (in italiano) è saccheggiata con amore da Lo Cascio per ricostruire l’interno quadro di un’esistenza – da un punto di vista intimistico, sofferto, insieme feroce e bucolico. Il figlio, che vive nell’ombra edipica di una madre/martire; il giovane che ricorda e compiange, con un misto di invidia e senso di colpa, il fratello ucciso nemmeno ventenne; il ragazzo che trascorre le vacanze in Friuli, dove si sarebbe rifugiato durante l’Occupazione, scoprendo una natura fisica e umana ancora incontaminata – agognata forse, sicuramente idealizzata – e la prima passione omosessuale; il provinciale che arriva a Roma, abbagliato dalla sua sterminata periferia in costruzione, dal suo sottoproletariato che si sarebbe trasformato nella sua nemesi; il militante disilluso dal Partito Comunista (dal quale fu visto sempre con sospetto).
Un quadro complesso e convincente che manca però (con tutto il rispetto per le scelte del dramaturg) dell’impegno militante e delle molte prese di posizione scomode, opinabile e impopolari, ma sincere (pensiamo a: “Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte/coi poliziotti,/io simpatizzavo coi poliziotti./Perché i poliziotti sono figli di poveri”). E manca, soprattutto, di quella scabrosità che non era mai disgiunta all’impegno di Pasolini artista che, anzi, la utilizzava per iniettare alte dosi di grottesco in un’estetica che faceva, volutamente, del brutto la sua lacerante denuncia del mondo (pensiamo al suo ritratto della nazione italiana: “Terra di infanti, affamati, corrotti,/governanti impiegati di agrari, prefetti codini,/avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,/funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,/una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!” o a: “Vanno verso le Terme di Caracalla/giovani amici, a cavalcioni/di Rumi o Ducati, con maschile/pudore e maschile impudicizia,/nelle pieghe calde dei calzoni/nascondendo indifferenti, o scoprendo,/il segreto delle loro erezioni… splendidi padroni della notte”).
Lo spettacolo è un’immersione dolce, a volte onirica (Lo Cascio/Narciso sospeso nel tempo, sul laghetto di luce), altre volte cruda come la luce del giorno – che Pasolini non si rifiutava mai di affrontare.
Supportato dalle visioni d’artista di Nicola Console ma anche dall’eccellente disegno luci di Alberto Bevilacqua e dalle suggestive musiche originali di Andrea Rocca, Luigi Lo Cascio sfrutta tutte le sue potenzialità di attore per offrire con dicitura netta, o con voluta distanziazione brechtiana, o ancora con commossa compartecipazione à la Stanislavskii, un ritratto in versi mai statico e, al contrario, musicale e ritmico come una sinfonia ben scritta e ancor meglio eseguita.

Perché se poesia è bellezza, e la bellezza salverà il mondo, oggi più che mai c’è bisogno di Pier Paolo.

Lo spettacolo continua:
Teatro Fabbricone

via Targetti, 10/12 – Prato
fino a domenica 13 novembre (feriali ore 20.45, sabato ore 19.30, domenica ore 16.30)

Il sole e gli sguardi
di e con Luigi Lo Cascio
da Pier Paolo Pasolini
video-animazione Nicola Console
musiche originali Andrea Rocca
scene e costumi Alice Mangano e Nicola Console
disegno luci Alberto Bevilacqua
disegno suono Mauro Forte
assistente alla regia Marco Serafino Cecchi
una coproduzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG / Teatro Metastasio di Prato