Dell’Inizio

Una riflessione di Romeo Castellucci sull’uso aggressivo della parola nella civiltà di massa alla Triennale di Milano.

Romeo Castellucci, Grand Invité alla Triennale di Milano per il quadriennio 2021-2024, su indicazione di Stefano Boeri ed Ersilia Vaudo, debutta sul palcoscenico del Teatro dell’Arte, con Il Terzo Reich, una performance anfibia (un’azione performativa, affidata alla coreografa Gloria Dorliguzzo, seguita da una installazione video), riassumendo così in unico oggetto estetico la duplice natura dell’artista che spesso ha costruito spettacoli con la forza sintetica dell’installazione e al contrario ha articolato in modo complesso e teatrale le sue installazioni.

Il Terzo Reich si presenta così come un prologo della sua futura attività alla Triennale (che quindi sin da adesso dichiara la sua fisionomia composita e mescidata) e non a caso comincia dall’oscurità, dalla preistoria ed è una riflessione sull’inizio.

Nella prima scena abbiamo una presenza femminile, nascosta nel suo costume, con un fondale scuro e nella penombra, che spezza una colonna vertebrale e poi decora con un suo orecchino una candela. Questa breve azione rituale ci offre un’indicazione ben precisa: tutto quello che verrà deve essere letto da una prospettiva antropologica: la cultura, intesa come universo linguistico, nasce da un gesto violento (un po’ come in 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick in cui l’assassinio di un ominide dà inizio alla storia, al progresso, alla tecnologia).

La seconda parte è invece una mitragliata di 12mila lemmi del vocabolario italiano, parole che si succedono sullo schermo a ritmi incalzanti, in diverse dimensioni, scanditi dalla musica “apodittica”, così la definisce il regista, del fedele collaboratore Scott Gibbons.
Castellucci ha dichiarato che fonte di ispirazione è stato Victor Klemperer con il suo saggio Lti. Lingua Tertii Imperii, cioè La lingua del Terzo Reich. Questo filologo di origini ebraiche aveva studiato le piccole modifiche che il nazismo aveva introdotto sulla lingua per imporre il proprio potere (ad esempio con l’abuso di acronimi).

Se il testo di Klemperer lavora sulla trasformazione della parola, quindi di fatto sulla sua qualità, nel video di Castellucci i termini sono dati nella loro quantità: come a dire che in una società di massa l’intervento del potere sulle coscienze non si occupa della ricchezza denotativa del linguaggio, ma stordisce e sottomette con una gran mole di parole, che appunto i media bersagliano quotidianamente sul cittadino e su cui non bisogna riflettere.

Certo lo spettatore/lettore si interroga sul perché certi termini lo colpiscano più di altri (e non si tratta solo dei termini sessuali, ma di parole che comunque vengono colte strettamente legate al proprio vissuto privato), chiedendosi se anche in questo universo concentrazionario esistano vie di fuga che si aprano alla sua libertà. E questa riflessione produce, sempre all’interno della prospettiva antropologica di cui dicevamo, una sorta di meraviglia sulla ricchezza inesauribile che il meccanismo combinatorio delle lettere ha costruito e costruisce: lo stesso stupore che aveva già manifestato il nostro Galileo Galilei, parlando dei “vari accozzamenti di venti caratteruzzi sopra una carta”, generatori di infinite possibilità. L’ultima parola che compare sullo schermo è orizzonte nel il suo duplice significato: di cerchio che limita, ma anche di prospettiva sulle attività dell’uomo, confermando la natura complessa, ambigua e, forse, dialettica dell’operazione.

Colpisce poi la coerenza con cui Il terzo Reich si collega con tutta l’opera di Castellucci: la dimensione antropologica era presente in Go down, Moses del 2015, in cui lo sguardo registico rappresentava una piccola comunità preistorica di fronte al mistero della nascita, del sesso e della violenza e in diversi episodi della Tragedia Endogonidia (più precisamente: A.#AvignoneBN.# Bergen), in cui il tema della nascita del linguaggio era invece tutt’uno con le interrogazioni sulle origini della tragedia e i movimenti di un capro, la vittima sacrificale, creavano la parola tragica. E si potrebbero trovare legami, collegamenti, nuclei generatori anche in opere più distanti nel tempo come Amleto o la veemente esteriorità della morte di un mollusco del 1992, uno spettacolo che si rivela una pietra angolare della storia della Societas Raffaello Sanzio e di Romeo Castellucci.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro dell’Arte
Viale Alemagna, 6 Milano
dal 9 all’11 giugno 2021

Triennale Milano
Fog 2021
Il terzo Reich
installazione Romeo Castellucci
suoni Scott Gibbons
coreografia e interpretazione del prologo Gloria Dorliguzzo
produzione Societas