Un affascinante Trovatore in chiave contemporanea

Robert Wilson firma la regia della nuova produzione del Teatro Comunale di Bologna con il Teatro Regio di Parma e Change Performing Arts.

Ad aprire la stagione operistica del Teatro Comunale di Bologna Il Trovatore di Giuseppe Verdi del 1853 in un allestimento scenico che sta già facendo molto discutere pubblico e critica.

A firmare la regia l’americano Robert Wilson, «figura imponente nel mondo del Teatro sperimentale ed esploratore negli usi del tempo e dello spazio sul palco», note del New York Times contenute nel libretto di sala. Avvezzo da tempo alla direzione di opere liriche, Wilson stravolge consapevolmente le coordinate del capolavoro verdiano donandogli sorprendente, anche se criticata aspramente, freschezza.
Il racconto di un aneddoto capitato durante l’ultima replica dell’opera alla quale ho assistito in prima persona è doveroso. Prima dell’inizio del secondo atto, Wilson ha inserito una scena non prevista dal libretto di Salvadore Cammarano, tantomeno musicata da Verdi. Una serie di pugili di varia età anagrafica si sfidano simulando un round di pugilato in slow motion. Durante la performance il pubblico presente in sala ha manifestato a gran voce il suo disappunto fischiando, urlando parole non certo lusinghiere verso il regista e la produzione disturbando così di fatto la messa in scena al punto che anche il direttore d’orchestra Pinchas Steinberg, durante l’inchino di rito, ha replicato invitando il pubblico alla quiete. Forse questo spiacevole episodio è la manifestazione di quanto, volente o nolente, il pubblico del teatro italiano sia ancorato saldamente alla tradizione, sposando solo adattamenti scenici in linea con l’originale, peccando di un eccessivo e immotivato spirito conservatore che non tiene conto dei tempi e della contemporaneità in cui siamo immersi.
Robert Wilson non è solo un regista, ma anche uno scenografo e scultore di fama mondiale. Durante la sua carriera ha collezionato numerosissimi premi e onorificenze, basti citare la nomination per il Premio Pulitzer nel 1986, il premio Rockefeller Foundation Fellowship nel 1975, il Leone d’Oro per la scultura alla Biennale di Venezia nel 1993, il Premio Europa di Taormina Arte nel 1997 e il premio del National Design alla carriera nel 2001.
Consapevole della grande carica emozionale e intima che avvolge le opere di Verdi in generale e Il Trovatore in particolare, Wilson punta tutto sulla magnificenza della musica, spogliando l’opera di qualunque orpello scenografico, spettacolare e ridondante. Elemento essenziale è la luce: priva di qualunque collocazione spazio-temporale, la vicenda del Trovatore diventa riconoscibile grazie alle parole cantate dagli interpreti, che ne delineano azioni e situazioni. Il colore regna sovrano sul palco inclinato verso il pubblico, composto da pareti su entrambi i lati come fosse un teatrino/giocattolo, erede forse della Commedia dell’Arte o dell’ opera dei pupi. E infatti i personaggi sembrano marionette, imbellettati di cerone bianco. Si muovono a scatti, come fossero legati a immaginari fili che ne dirigono i movimenti seguendo precise traiettorie. Le porticine che si aprono e richiudono al loro passaggio “nascono” dalle pareti, creando sorprendenti geometrie e giochi di luce.

Tornando al colore, questo delinea l’intera ambientazione e crea contrasti di suprema poesia con gli abiti neri e per questo neutri degli attori. A livello di prossemica in scena regna la frontalità, sia nelle scene di massa, sia nei duetti e gli assoli.
Wilson elimina l’azione, i sentimenti, l’empatia fra i personaggi, vicini ancor di più per questa ragione ai burattini, neutri, bianchi e puri, scevri dai coinvolgimenti dell’animo umano. Coerentemente con questa scelta, anche nelle scene d’amore tra Leonora e Manrico o nella morte di lei non c’è nessun contatto fisico. Nella scelta della modalità interpretativa e di movimento la messa in scena ricorda per certi versi il cinema muto, così come l’atmosfera preponderante del black and white che governa quasi tutto lo spettacolo fino al finale restringente il palcoscenico, in linea con l’escalation di eventi tragici.

spettacolo puntigliosamente curato nei dettagli, creato in funzione della musica di Verdi, un cast affiatato e soprattutto una regia che ricorderemo per molto tempo.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Comunale

Largo Respighi, 1 Bologna
dal 22 al 29 gennaio
orario: da martedì 22 a giovedì 24 alle ore 20.00, sabato 26 alle ore 18.00, domenica 27
ore 15.30, martedì 29 ore 18.00

Il Trovatore
Opera in quattro atti da El Trovador di Antonio Garcìa Gutiérrez
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Salvatore Cammarano
Direttore Pinchas Steinberg
Regia, scene e luci Robert Wilson
Maestro del Coro Alberto Malazzi
Coregista Nicola Panzer
Collaboratore alle scene Stephanie Engeln
Collaboratore alle luci Solomon Weisbard
Costumi Julia Von Leliwa
Trucco Manu Halligan
Assistente alla regia Giovanni Firpo
Drammaturgia Josè Enrique Maciàn
Nuova Produzione del Teatro Comunale di Bologna con il Teatro Regio di Parma e
Change Performing Arts in collaborazione con la Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone