Dio è morto… o forse no?

Dal 24 febbraio al 1 marzo il Teatro della Pergola di Firenze ha aperto porte e sipario a Il Visitatore di Éric-Emmauel Schmitt. Sul palco, guidati dalla salda regia di Valerio Binasco, Alessandro Haber e Alessio Boni.

Siamo a Vienna, chez Freud. Il padrone di casa, tuttavia, non è l’uomo che ci aspetteremmo di vedere. Si tratta di un povero vecchio malato e claudicante. Possibile che sia Sigmund? Possibile che una delle menti più brillanti del secolo scorso sia così… umano?

I nazisti marciano rumorosamente per le strade e lui, Sigmund, indifeso quasi come un fanciullo, litiga con la figlia Anna. La donna, bionda e fiera, urla dietro a un enorme paio di occhiali neri che non le rendono affatto giustizia – doveva essere bella, un tempo. Implora il padre di firmare il documento che permetterebbe loro di lasciare incolumi Vienna, l’alternativa sarebbe la prigionia, o forse peggio: sono ebrei e l’Austria, casa loro, non è più un rifugio sicuro.

Bussano alla porta: è un nazista, uno qualunque. Come ogni giorno, ostentando (falsa) sicurezza e (finta) superiorità, è venuto a prendersi gioco (e denaro) dei proprietari di casa. Anna si ribella e il giovane ufficiale la porta via. Dal nulla spunta uno strano visitatore, dice di essere entrato di nascosto dalla finestra. E se invece non fosse così? È vestito come un senzatetto, sembra un matto, parla come un matto. Eppure afferma di essere Dio. Dev’essere pazzo! E se così non fosse? Se si trattasse davvero di Dio?

Dal dialogo che si instaura tra i due emergono, in un crescendo serrato, problemi fondamentali che riguardano, in ultima istanza, il ruolo del divino nella storia e il senso dell’esistenza. Le certezze razionaliste di Freud sembrano a tratti incrinarsi di fronte alla visione religiosa del mondo proposta dall’ospite, il quale, a sua volta, pare ammirato dalla dignitosa tenacia con cui il vecchio professore difende la propria, tragica, idea della vita. Un duello dialettico senza vincitori, al termine del quale il visitatore sparisce, lasciando a Freud soltanto dubbi. È il dubbio, in fondo, il motore della pièce. Il dubbio circa l’identità dell’ospite, l’incertezza sulla sorte di Anna, alimentano la tensione del dramma, fino allo scioglimento finale. Ma al termine dello spettacolo, una domanda più sottile rimane senza spiegazione, relativa al senso di Dio nella vita dell’uomo moderno. Un dubbio che nessuna teoria psicanalitica ha mai scalfito. L’hai ucciso? Chiede Anna a Freud. L’ho mancato, risponde lui, emblematicamente.

Il visitatore è semplicemente un dialogo tra due uomini. «È un testo coraggioso, che non ha timore di riportare in Teatro temi […] importanti come la Religione, la Storia, il Senso della Vita. Schmitt affronta questi temi in modo diretto, quasi con l’innocenza di una ‘sit com’» (V. Binasco).

Alessandro Haber e Alessio Boni sono perfettamente all’altezza della situazione. I due attori si affrontano sul palco come due feroci gladiatori nell’arena; la loro è una lotta all’ultimo sangue, una corsa disperata verso la verità, verso le risposte di una vita intera. Haber è un perfetto Freud, il suo corpo e la sua voce si plasmano sullo scheletro di un vecchio uomo malato e amareggiato, e creano così un personaggio realistico e tutt’altro che artefatto; Boni, dal canto suo, risponde al fuoco contrapponendosi al collega con gesti agili e atletici. Egli comunica tanto con le parole quanto con il corpo ed è un bene, giacché è proprio quel corpo a renderlo un Dio poco credibile.

Efficacemente disperata e agguerrita, la Anna Freud di Nicoletta Robello Braccioforti è un personaggio ben ideato e costruito, capace di trasmettere preoccupazione e agitazione al pubblico e di contestualizzare gli avvenimenti all’interno del particolare momento storico in cui si svolge la vicenda. Il nazista di Alessandro Tedeschi è invece una figura esagerata e a tratti ridicola e ridicolizzata; l’ufficiale tedesco (che poi così ufficiale non è) è più che altro un simbolo del Male, di uno dei tanti cancri da cui è afflitto il mondo e di cui parleranno i due protagonisti nel corso dell’opera.

Il visitatore è uno spettacolo interessante sotto più punti di vista. È un’opera ben ideata, ben realizzata e ben recitata. Una pièce che non dà risposte, ma che costringe anche il più pigro degli spettatori a porsi delle domande.

Il teatro è andato in scena
Teatro della Pergola

via della Pergola 18, Firenze
dal 24 febbraio al 1 marzo
da martedì 24 febbraio a sabato 28 febbraio, ore 20:45
domenica 1 marzo, ore 15:45

Il visitatore
di Éric-Emmauel Schmitt
traduzione, adattamento e regia di Valerio Binasco
con Alessandro Haber, Alessio Boni, Nicoletta Robello Braccioforti, Alessandro Tedeschi
Goldenart production