Che fine abbiamo fatto

La Compagnia di repertorio al Teatro Spazio Uno di Roma lascia la parola a Paola Michelini e al suo raccontare impetuoso, in un testo del 2008 firmato da Paolo Civati.

L’epitaffio sulla tomba del poeta T.S. Eliot recita:in my beginning is my end, in my end is my beginning. L’aveva già utilizzato in parte nei Quattro Quartetti, ma resta una frase a effetto, se la pronunci senti il ritmo ciclico della natura e pure il tempo che passa, in mezzo al quale ci troviamo anche noi, a esistere come umanità, in un punto che può essere “qui, o là, o altrove”.
Incluso nel REP, iniziativa autogestita dal Gruppo Danny Rose, In my end is my beginning racconta le disavventure di una giovane donna che esiste qui e ora, in questo lungo novembre che è il nostro tempo. Lo spettacolo trae da Eliot il titolo e forse il gusto modernista di rompere gli schemi, per il resto si distacca completamente da ogni intellettualismo e diventa un monologo tragicomico affogato di passione. Scene di vita quotidiana, la vita di Paola Cagna che vuole fare l’attrice nonostante il suo cognome. È brava, però, glielo ripetono in tanti ai provini, ha i numeri, eppure la scartano sistematicamente quando si tratta di lavorare e si capisce il perché, come si fa ad andare avanti senza le conoscenze giuste? Ma in fondo questo è il ritornello dell’intera esistenza di Paola Cagna e per quanto provi a cambiare atteggiamento, il mondo la lascia sempre ultima in coda, una perenne sala d’attesa in compagnia di tutta quanta la sua generazione. I giovani sì, quelli di cui si parla tanto, ma che poi restano parcheggiati nelle aule a fare corsi di formazione assurdi e che si adeguano a lavori senza prospettiva. Perciò, con tutto l’ottimismo che uno può mettere in un concetto come “nella mia fine è il mio principio”, bisogna fare i conti con la realtà che ci riporta sempre al punto di partenza, al vago senso di aver preso una fregatura quando è arrivato il turno di nascere trent’anni fa, all’incirca. E chiamiamola pure “sfiga”, la stessa di quando piove e non hai l’ombrello, di quando ti sfasciano la macchina, di quando in un negozio ti trattano male senza ragione, e così via. A Paola Cagna capita spesso di trovarsi in una situazione simile, in verità è un’abbonata alla “sfiga” e ogni volta, porca miseria, sarebbe meglio una coltellata. La senti parlare e ridi, perché alla fin fine è talmente paradossale che non rimane altro, bisogna incassare il colpo e proseguire, inseguire la propria passione da ottusi, chiamarsi Cagna e continuare a voler fare l’attrice. A teatro, poi. Roba da matti. E però a teatro siamo, la Cagna è il personaggio di una donna che è anche un pezzetto di tutte le donne, «felici o infelici». Il monologo va avanti con un ritmo sincopato, non lineare, e se in questo uragano di tematiche si resta in equilibrio sul posto è grazie soprattutto alla giovane interprete, Paola Michelini, impetuosa e fenomenale. In my end is my beginning è riflessivo, nel senso che a un certo punto del discorso, sia parlando della frustrazione generazionale, o della condizione in cui versa teatro, sia attraverso la rappresentazione della quotidianità alla portata di chiunque, si resta impigliati in una riflessione e non c’è niente da fare. E riflessivo anche perché, strano ma vero, il nostro presente viene riflesso a teatro, e pur essendo discorsi già sentiti sono le nostre manie e ansie a salire sul palco, e un po’ ci si vergogna anche.
Allo spettacolo è seguito un concerto dei Musica da ripostiglio, un trio acustico composto da due chitarre e un contrabbasso, musicisti sbalorditivi che vale la pena andare a recuperare, perché la bella atmosfera creata dopo lo spettacolo è stata tutto merito loro.

Lo spettacolo continua:
Teatro Spazio Uno
vicolo dei Panieri, 3 – Roma
venerdì 5 ottobre, sabato 6 ottobre e martedì 10 ottobre, ore 20.00
(durata 45 minuti circa senza intervallo)

In my end is my beginning
di Paolo Civati
con Paola Michelini

REP – La compagnia di repertorio continua:
da martedì 2 ottobre a domenica 25 novembre 2012