Teatro per l’integrazione

Nell’ambito del Festival ImproVVisi Urbani, emozionante incontro con Eugenio Barba che racconta i cinquanta anni di vita dell’Odin Teatret. Un villaggio teatrale nel quale convergono esperienze internazionali all’insegna della diversità, dell’integrazione e dell’interazione sociale. Un esempio per le nuove generazioni.

«Ho indossato una maschera perché non volevo sentirmi diverso.»

Un incontro emozionante quello organizzato da Abraxa Teatro nell’ambito del Festival Internazionale del Teatro Urbano, ImproVVisi Urbani, giunto alla sua ventesima edizione. Eugenio Barba racconta i cinquant’anni di storia dell’Odin Teatret: una compagnia nata dall’unione di attori autodidatti o rifiutati dalle Accademie dei loro Paesi, che ha saputo resistere e rinnovarsi nel corso del tempo, grazie alla volontà e all’amore di chi l’ha guidata e di chi ne ha preso parte.
Lascia incantati il candore con il quale Eugenio Barba spiega la motivazione che lo ha spinto a intraprendere il percorso che lo ha portato alla costruzione di una realtà che è diventata un mito nell’ambito del teatro contemporaneo. Da Gallipoli a Oslo, passando per faticosi mestieri come quello del saldatore per l’officina di Eigil Winnje o di mozzo addetto alle macchine su un cargo e una petroliera norvegese, Barba ottiene nel 1960 una borsa di studio per un corso di regia alla scuola teatrale di Varsavia e approda, poco dopo, al teatro sperimentale di una piccola cittadina di nome Opole, diretto da un giovane e sconosciuto regista, Jerzy Grotowski, e dal noto critico Ludwik Flaszen. Quattro anni più tardi, fonda a Oslo l’Odin Teatret, che poi si stabilirà definitivamente a Holstebro in Danimarca.
La ricerca teatrale dell’Odin si è da subito rivolta al confronto tra le diverse culture, al fine di facilitare la comprensione e l’accettazione delle differenze all’interno di una comunità. Colpiscono, in modo particolare, del discorso del regista, l’umiltà e la tenerezza con le quale ricorda di essersi sentito diverso in un Paese straniero, come l’aver indossato la maschera del regista gli abbia permesso di inserirsi nel contesto sociale. Una maschera per sentirsi accettato dunque, per ricoprire un ruolo nel contesto sociale di riferimento, per sentirsi uguale, non diverso.
Nel corso degli anni l’Odin ha elaborato un progetto pedagogico focalizzato sull’acquisizione delle tradizioni performative di diverse culture. La vista è quindi antropologica e ha come ultimo obiettivo quello del confronto sociale. Per l’Odin il teatro e l’attore non hanno ragione d’esistere se non in un ambito vocazionale nei confronti della società, così come enunciato nel Manifesto del Terzo Teatro, scritto da Barba nel 1976. Nel Terzo Teatro si configura un universo teatrale, un vero e proprio villaggio sperimentale, dove coesistono diversi gruppi consapevoli della vocazione della propria arte e portatori di un’etica sociale. La ricerca sul corpo, sulle emozioni e sulla voce è focalizzata sulla sincerità più profonda dell’essere umano che è l’attore.
A oggi l’Odin Teatret vanta 74 spettacoli rappresentati in 63 Paesi e in diversi contesti sociali. Nel laboratorio dell’Odin si è sviluppato un ambiente professionale e di studi. L’ISTA – International School of Theatre Anthropology – raccoglie infatti attori, danzatori e performer di culture differenti che si incontrano per studiare le peculiarità delle loro tecniche di presenza scenica. Il mondo che ne è nato è stato quello del baratto: gli attori dell’Odin presentano il loro lavoro artistico alla comunità che li ospita e, in cambio, ricevono i canti, la musica e le danze della tradizione. Così, con la comprensione delle forme espressive dell’altro, si compie anche un’interazione sociale capace di contrastare pregiudizi, difficoltà di linguaggio, diversità culturali e di comportamento.

«Un teatro non può giustificare la sua esistenza se non è cosciente della sua missione sociale.» Eugenio Barba

Incontro organizzato nell’ambito di
ImproVVisi Ubani
20° Festival Internazionale del Teatro Urbano
Villa Flora
Lunedì 29 settembre, ore 18
Dopo i cinquanta: cos’altro?
Incontro pubblico con Eugenio Barba