Imprenditore o zingaro. Combattente o Stanko?

Per tutta la durata della propria vita, ogni uomo si pone degli interrogativi. Chi sono? A chi o a cosa appartengo? Che tipo di persona voglio essere? Stanko ha trovato le risposte – o almeno crede – sul palcoscenico del Teatro Libero.

Io sono Stanko, questo l’incipit. Un uomo crede di aver trovato tutte le risposte ma la verità è un’altra: è stato costretto a cambiare Paese e identità. È stato costretto a nascondersi e a diventare “qualcun altro”. Il passato ritorna e ha le sembianze di una zingara che irrompe sul palcoscenico. E a questo punto ci si domanda: “Chi è davvero Stanko?”

Esistono guerre di serie A e guerre di serie B. Le guerre di serie B sono quelle in cui in gioco non ci sono interessi economici di rilevanza mondiale. Le guerre di serie B riguardano “solo” la vita di milioni di persone: donne, bambini, uomini.

I conflitti (ben otto) che tra il 1991 e il 1999 hanno portato alla disgregazione dei Balcani, sono stati tutti di serie B. In questi casi, il mondo resta in disparte, guarda da lontano tra l’infastidito e il disinteressato. Ma quel che il mondo scarta, cerca di nascondere, di far passare in secondo piano, il teatro raccoglie. Il teatro come memoria e voce senza tempo che, attraverso Stanko, e la sua amica zingara si fa ambasciatore di un popolo, quello rom, che la maggior parte di noi conosce solo attraverso la lente del pregiudizio.

Dal pregiudizio all’odio il passo è breve. Così i nazionalismi e le rivalità etniche hanno la meglio sulla ragione e sulla solidarietà. Le guerre nei territori della ex Jugoslavia sono state guerre di tutti contro tutti, che hanno coinvolto sia etnie (sloveni, serbi, croati, bosniaci, macedoni, albanesi) sia fedi religiose (musulmani, cattolici, protestanti). Popoli che si sono odiati senza un vero motivo, solo perché è stato detto loro di farlo, fin da bambini.

Come in tutte le storie che parlano di guerra, anche in questa c’è qualcuno che si ribella. Stanko Lazendìc è uno studente serbo. Non vuole Milosevich e non accetta il suo regime. Lo combatte con lo strumento della non violenza. Accusato di un omicidio che non ha commesso, è costretto a scappare.

Qui finisce la realtà e inizia il racconto. Fuggiasco, Stanko diventa imprenditore in Italia, dà lavoro e dignità ad altri immigrati come lui, o almeno questo è quello che racconta in giro. Ma una zingara irrompe improvvisamente sulla scena e gli dà dell’impostore, accusandolo di essere solo un opportunista che sfrutta il lavoro dei bambini e delle donne del suo Paese. Le sue parole scavano come una goccia nella roccia la mente del protagonista e finiscono per minare le sue certezze. Chi è veramente Stanko, quindi?

Non serve molto per raccontare col teatro. Basta un palcoscenico, la complicità del pubblico (sempre attivo e ricettivo), una sedia, una pistola, un quadro, un po’ di ferraglia. Ma perché una storia come questa – finta o vera che sia – arrivi a toccare nell’intimo lo spettatore, ci vogliono due attori come Giselle Martino (la zingara) e Giovanni Maria Buzzatti (Stanko): ironici, drammatici, appassionati.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Libero
Via Savona, 10 – Milano
fino a domenica 2 ottobre, ore 21.00
Io sono Stanko
di e con Giselle Martino e Giovanni Maria Buzzatti
regia di Giovanni Maria Buzzatti