Perché non sarebbe Van Gogh senza la sua magnifica follia

Un bellissimo testo, scritto e interpretato da Corrado D’Elia, restituisce tutta la poesia e il dramma del pittore olandese.

Davvero non si capisce perché le scelte musicali che accompagnano il teatro di Corrado D’Elia siano così infelici.

Perché il resto è sempre di altissimo livello: in Io, Vincent Van Gogh, in scena al Teatro Leonardo di Milano, non ritroviamo soltanto la straordinaria capacità empatica che D’Elia sa sviluppare con i suoi “eroi”, dal capitano Achab a Don Quixote. Non c’è soltanto la sua voce, bellissima, ormai inconfondibile e ricca di toni ed emozioni. Ma è di tutto rilievo anche il testo, spesso in versi, che in quadri distinti (divisi, appunto, dalla pessima musica) ricostruisce la parabola umana e artistica del grande pittore olandese.

Van Gogh è così prima bambino, chiamato Vincent perché nato nello stesso giorno, ma un anno dopo, di un fratellino morto subito. E poi, via via, artista maledetto, amico feroce di Paul Gauguin, internato in manicomio, suicida. Eppure, grazie anche all’ottima scena, semplicissima (una sedia, un cielo e una sorta di duna di grano), che muta con i colori stessi del pittore, il tutto non è mai tragico ma straordinariamente poetico. D’Elia dipinge un Van Gogh disperato ma pieno d’amore e incredibilmente visionario. Rende le sue lettere-suppliche al fratello Theo un canto all’arte e la sua follia una capacità di vedere ben più lontano dagli altri.

Uno spettacolo (musica a parte, dunque, che mischia rock e una banale scelta di brani classici) minimalista ma denso. Da vedere senz’altro.

Lo spettacolo è in scena
Teatro Leonardo

via Ampère 1 – Milano
dal 9 al 19 maggio 2019
visto il 10 maggio alle 20,30

Io, Vincent Van Gogh
di e con Corrado D’Elia
assistente alla regia Sabrina De Vita
scene e grafica Chiara Salvucci
tecnico luci Christian Laface
tecnico suono Gabriele Copes
organizzazione Caterina Mariani
(durata: 70 minuti)