Espropriazione del vissuto

Al Teatro Tordinona, in scena Iomiodio della compagnia OSM (OcchiSulMondo), uno sguardo sull’uomo contemporaneo nelle sue molteplici forme.

Il Teatro Tordinona si scorge da Via degli Acquasparta, una piccola entrata leggermente illuminata e coperta dai lavori di ristrutturazione dei palazzi circostanti. Accostandosi all’ingresso ci si trova subito su delle scale nere alla cui fine si aprono due porte rosse con oblò e, al termine, un Juke Box che propone ever green di un’altra epoca, Deed Purple, Led Zeppelin, The Who.

A destra e a sinistra, un corridoio bianco piastrellato nero con tendaggi rossi, mentre dall’alto un imponente orologio dai numeri romani scruta gli spettatori, ponendo un ambiente che si conclude degnamente su una magnifica, vuota, cornice  dipinta d’oro e che – nel contrasto tra la sua grandiosità e la loro piccolezza – si pone a metà tra la Loggia Nera di Twin Peaks e le cupe atmosfere de Un anno con tredici lune.

Fa parte di una delle due storiche sale del Tordinona, la Strasberg. Al suo interno, riservato più che elegante, con le sue poltrone rosse e il pavimento in legno, si apre infine la scena illuminata da due luci fioche: tre uomini seminudi, uno di spalle e tre valigie che all’occasione diveranno tavolo, specchio, camerino. Valigie simboliche al cui interno lo spettatore potrà scorgere il disvelamento del vissuto dei tre personaggi. Scenografia quasi assente , costumi essenziali e luci pacate portano chi guarda a concentrare l’attenzione sul linguaggio della narrazione, dando così massima pregnanza ai pochi elementi in scena.

L’uomo di spalle si gira, guarda, osserva. Cammina sicuro come solo può esserlo una voce narrante onniscente. Anticipando quello che avverrà, avverte lo spettatore che qualcuno morirà e che in quell’ora si microsezionerà l’uomo contemporaneo in ogni sua parte, in ogni suo desiderio, in ogni suo agito. Flash, luci più forti ed ecco tre uomini sulla trentina, tre uomini d’oggi.

Inizia un susseguirsi di leitmotiv trattati velocemente e non sempre adeguata profondità, In questo denso susseguirsi lo spettatore rischia di essere lasciato annaspare tra troppa carne al fuoco: la finzione di un autoscatto, la costruzione egoica dell’identità, il narcisismo che si nutre di se stesso, il qui ed ora, il tutto e subito a un prezzo scontato, la bulimia informazionale, la pornografia mediatica, l’assenza del sentire, l’avere per l’essere, l’essere solo se guardato, l’essere se osservato, l’essere solo se stimato, amato, idolatrato nell’attesa perenne di quel quarto d’ora di notorietà di cui parlava Warhol. Troppi elementi che tagliano l’uomo e analizzano la realtà, così come lo spettatore, senza però riuscire a andare oltre una dimensione descrittiva: non sente più perché sa che non servirà, non vuole più perché sa che non potrà avere, non dorme più perché sa che non potrà più sognare, non urla più perché sa che non sarà ascoltato.

Uno spaccato del tempo presente, che in un certo senso non brilla di particolare originalità, ma si offre esaustivo per come descrive un viaggio all’interno di vissuti collettivi quanto individuali, disperati e di speranza, fatti di illusioni frustrate e disilussioni forti.

Dinnanzi a tutto questo il regista si chiede e chiede allo spettatore: “Cosa resta quando smettiamo di credere?”. Forse un corpo morto o un ricordo sbiadito. Forse quei quindici minuti di celebrità o un uomo che chiede alla vita solo di essere lasciato tranquillo. Forse solo una foglia in balìa del vento che senza più forza giace a terra.

Una visione chiara e minuziosa, forse troppo ancorata a se stessa e poco capace di provocare adeguatamente lo spettatore.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Tordinona

Via degli Acquasparta, 16 Roma
14 e 15 novembre – ore 21
16 novembre- ore 17.45

Iomiodio
Non avrò altro dio all’infuori di me

Regia Massimiliano Burini
Drammaturgia Daniele Aureli, Massimiliano Burini
con Daniele Aureli, Amedeo Carlo Capitanelli, Stefano Cristofani, Matteo Svolacchia
Video Luca Farinella