Jerónimo Cornelles è il direttore artistico del festival Russafa Escènica, manifestazione che, dal 2011, anima luoghi artistici convenzionali e non di Valencia. Un giardino delle arti, dal teatro alla danza, dal circo alla musica, che offre spettacoli per adulti, bambini e famiglie in uffici, case private, negozi oltre che teatri e centri culturali dell’intera città.
¿Con cuales objetivos nació y ha evolucionado el festival, también en términos de colaboraciones y planificación (selección de las compañías, relación con el territorio, etc)? Jerónimo Cornelles: «El festival ha cambiado mucho, muchísimo, podríamos decir que en cada edición se ha transformado y crecido aprovechando lo que funcionó y descartando lo que no, incluso descartando cosas que en un momento dado funcionaron y viceversa.
Por ejemplo, el festival empezó durando una semana y ahora son tres, empezamos programando compañías locales y luego vinieron las nacionales e internacionales… Supongo que el proceso evolutivo del Festival es el normal de cualquier sistema evolutivo saneado, honesto, realizado con amor, y con un equipo de trabajo que ama y cree en el proyecto para el que trabaja».
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Con quali obiettivi e come si è evoluto il festival dalla sua nascita, anche in termini di collaborazioni e progettualità (selezione delle compagnie, rapporto con il territorio, ecc)? JC: «Il festival è cambiato molto, moltissimo, potremmo dire che ogni edizione si è trasformata ed è cresciuta valorizzando ciò che aveva funzionato e scartando quello che non aveva funzionato, anche scartando quello che aveva funzionato in un momento particolare e viceversa.
Per esempio, il festival iniziò con una durata di una settimana e ora ne dura tre, abbiamo iniziato mettendo in programma compagnie locali e poi sono arrivate quelle nazionali e internazionali… Immagino che il processo evolutivo del festival sia stato il normale processo di qualunque sistema sano, onesto e realizzato con amore, e con una squadra di lavoro che ama e crede nel progetto al quale lavora».
¿Cuán importante es la inversión en los nuevos lenguajes de la escena, en las dramaturgias contemporáneas y en general en las compañías de investigación? JC: «No sé; sinceramente no sé medir impactos de nuevos lenguajes en la escena pero sí sé que es maravilloso el teatro con nuevos lenguajes al igual que el teatro clásico, el circo, la danza o el textual escrito por autores y autoras contemporáneas».
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Quanto è importante l’investimento sui nuovi linguaggi della scena, sulle drammaturgie contemporanee e in generale sulle compagnie di ricerca? JC: «Non saprei; sinceramente non so quantificare l’impatto dei nuovi linguaggi sulla scena però so che sono meravigliosi in egual misura tanto il nuovo teatro quanto il classico, il circo, la danza o i testi scritti da autori e autrici contemporanee».
Siempre hay una gran confusión al definir el teatro contemporáneo: en su opinión, ¿qué lo caracteriza también en su relación con el clásico? ¿Cuál podría ser su contribución para repensar la sociedad a través del arte y proponerse como lugar de experimentación social y elaboración política? JC: «Sobre la primera pregunta, las artes escénicas son artes escénicas (creo yo). En el momento en que una actriz, bailarín, payaso o performer realiza una acción ante una espectadora o un grupo de espectadores se produce el hecho teatral o escénico. Teatro clásico, contemporáneo, danza, nuevos lenguajes… todos son etiquetas para categorizar y almacenar el hecho escénico y artístico.
Sobre la segunda pregunta, ¡yo bastante tengo con lo que tengo como para repensar la sociedad a través del arte! Que lo pensadores lo piensen, y si consideran que mi obra contribuye o no en algún aspecto, que sean ellos los que lo definan».
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C’è sempre una gran confusione nel provare a definire il teatro contemporaneo: secondo lei cosa lo caratterizza, qual è il suo rapporto con il classico? Quale potrebbe essere il suo contributo nel cercare di ripensare la società attraverso l’arte e di proporsi quale luogo di sperimentazione sociale ed elaborazione politica? JC: «Sulla prima domanda, le arti dello spettacolo sono arti dello spettacolo (a mio dire). Nel momento che una attrice, un ballerino, un clown o un performer realizza una azione davanti a una spettatrice o a un gruppo di spettatori si produce l’atto teatrale o spettacolare. Teatro classico, contemporaneo, danza, nuovi linguaggi … sono tutte etichette per categorizzare e conservare l’atto spettacolare e artistico.
Per quanto riguarda la seconda domanda, io ho già abbastanza problemi e ripensare la società attraverso l’arte non è uno di questi. Che ci pensino gli intellettuali, che siano loro a definire se la mia opera ha contribuito o meno a ripensare la società)».
La emergencia médica ha obligado a cerrar la programación y cerrar las actividades. ¿Cuáles han sido las consecuencias y cómo os estáis coordinando – a nivel organizativo y económico – con los artistas, instituciones y socios con los que tenéis colaboraciones y acuerdos en curso? JC: «Actualmente estamos esperando a que se levante el estado de alarma, una vez esto ocurra veremos qué se dice desde Sanidad. En estos momentos la organización del festival trabaja sobre cuatro escenarios, hacerlo todo online, mostrar parte de la programación en directo y parte online, hacerlo todo en directo (cosa que no creemos que ocurra), y cancelar la edición hasta 2021, (cosa que no deseamos que ocurra)».
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L’emergenza sanitaria Covid-19 vi ha costretto, come molti altri, a chiudere la programmazione e concludere le attività. Quali sono state le conseguenze con artisti, istituzioni e partner coinvolti? Come vi state coordinando – a livello organizzativo ed economico – con teatri, fondazioni, compagnie ed enti con cui avevate collaborazioni e accordi in corso? JC: «Attualmente stiamo aspettando che passi lo stato di allarme, quando accadrà vedremo cosa diranno le autorità sanitarie. In questo momento, l’organizzazione del festival lavora su quattro scenari: svolgere tutto online; mostrare parte della programmazione dal vivo e parte online; fare tutto dal vivo (non crediamo possa accadere) e cancellare l’edizione fino al 2021 (non vogliamo che accada)».
Una de las consecuencias más impactante e inédita será la de identificar nuevas formas de relación individual en tiempos de distanciamiento social. El mundo del teatro, incluidos sus trabajadores técnicos, corre el riesgo de ser arrasado por la completa inactividad, pero también las expectativas para el público cambiarán: ¿Cómo cree que la poética teatral (entendida tanto como dirección artística y que como creatividad) deberá afrontar esta situación? Por ejemplo, ¿deberá que recuperar el tiempo perdido y volver a lo que siempre se hecho, en la forma como generalmente lo ha hecho, o será necesario calibrar programaciones y producciones de manera específica, por ejemplo favoreciendo el entretenimiento o la experimentación? JC: «Nadie sabe qué ocurrirá, solo nos podemos atrever a decir, de manera individual, lo que creemos que ocurrirá o lo que nos gustaría que ocurriese. En cualquier caso las artes escénicas son una supervivientes a un nivel máximo, cuando otros gremios mueren, ellas encuentran nuevas formas de tirar raíces para seguir viviendo. Personalmente creo nada acabará con las artes escénicas ni cualquier otra disciplina artística, por lo menos no hasta que sobre el mundo deje de existir la especie humana… Incluso ni siquiera eso lo sé seguro.
Lo que sí afirmo es que tras lo que está ocurriendo, la economía en sector cultural será catastrófica para todos y todas las que vivimos de ello, y como no se tomen medidas de protección y rescate (al igual que se rescata la banca), por parte de los gestores y responsables políticos, muchos artistas, como durante toda la existencia de la humanidad, no podrán llenar su nevera».
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Una delle conseguenze più impattanti e inedite sarà quella di individuare nuove forme di relazione individuale in tempi di distanziamento sociale. Il mondo del teatro, comprese le sue maestranze tecniche, rischia di essere raso al suolo da messi di completa inattività e cambieranno anche le aspettative nei confronti del pubblico. Come pensa che la poetica teatrale (intesa sia come direzione artistica, sia come creatività) debba confrontarsi con questa situazione? Per esempio, si cercherà di recuperare il tempo perduto e tornare al quello che si è sempre fatto, come lo si è sempre fatto o sarà necessario calibrare programmazioni e produzioni in maniera specifica, per esempio favorendo l’intrattenimento o la sperimentazione? JC: «Nessuno sa cosa succederà, solo possiamo osare dire, individualmente, quello che crediamo che succederà o che ci piacerebbe che succeda. Ad ogni modo, le arti dello spettacolo sono delle sopravviventi tenaci, quando altre categorie muoiono, loro trovano nuove forme per gettare nuove radici e continuare a vivere. Personalmente penso che nulla potrà porre fine alle arti dello spettacolo o alle altre discipline artistiche, perlomeno non finché la specie umana sarà ancora sulla Terra… Ma non posso dirlo con certezza.
Quello che però posso dire è che, una volta terminata questa fase emergenziale, l’economia del settore culturale sarà un incubo per tutti e tutte coloro che vivono di essa e che, se non verranno prese misure di protezione e salvataggio (le stesse che vengono prese per salvare le banche) da parte delle direzioni e dei responsabili politici, molti artisti, come è sempre successo nella storia dell’umanità, non potranno riempirsi il frigorifero».
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