Il corpo prima e dopo l’umano

Il Festival Crisalide giunge alla sua ventiquattresima edizione confermando la propria vocazione sperimentale e concettuale: al centro il corpo, come strumento tecnico deumanizzato, come ambito di indagine esistenziale, come “sole imprigionato” che ambisce alla sua liberazione.

Nella galassia dei festival culturali e teatrali che animano l’estate della penisola, è facile imbattersi in eventi e proposte che molto si somigliano tra loro, spesso sterili da un punto di vista sperimentale, spesso ancora ammiccanti nei confronti del largo pubblico e per ciò stesso poco audaci. Audace è invece la proposta che Masque teatro, firma autorevole del teatro di sperimentazione e della performing art da diversi anni, elabora attraverso il Festival Crisalide, longeva realtà giunta alla sua ventiquattresima edizione e che coniuga speculazione teoretico-filosofica, linguaggi performativi, work-shop e incontri con personalità di calibro internazionale, artisti e operatori del settore.

Crisalide quest’anno è strutturato in diverse sezioni, le prime due a inizio settembre e la terza a novembre; nel corso delle due giornate inaugurali di venerdì 1 e sabato 2 settembre, è divenuto evidente lo spirito che anima il festival, che quest’anno ha per titolo Il sole imprigionato, ossimoro che retoricamente incarna in maniera efficace l’immagine della tensione irrisolta, del puro vibrare dei corpi come centri di energia nonché punti esiziali del desiderio. Quando il corpo si priva di organi e diventa pura macchina desiderante, prima del senso, prima delle strutture simboliche e morali, prima persino del genere e dell’erotismo: è a questo corpo che si appella la ricerca di Masque, che dichiara il debito teorico nei confronti della filosofia di Gilles Deleuze e di Fèlix Guattari, cui il teatro dove Masque svolge la propria attività è intitolato. Ed è questo il corpo che Eleonora Sedioli mette in scena in Just Intonation, performance presentata in apertura di festival dal collettivo Masque: mezz’ora dove l’interprete trasfigura il suo essere nella pura immanenza della macchina, dove il suo corpo si desessualizza e si disantropomorfizza in una magistrale interazione tecnica con l’ambiente. Sedioli è stupefacente nella trasmutazione che riesce a far coincidere gli estremi della circolarità concettuale, post-human e pre-human al contempo, perciò macchina e animale, tecnica e pura spontaneità di un indeterminato essere senziente che interagisce con l’ambiente; se a un estremo c’è infatti l’ispirazione ai racconti kafkiani, dove la disumanizzazione passa attraverso l’esperienza sensibile demoniaca del completo isolamento autoriflessivo, all’altro c’è l’ambizione creativa di La Monte Young (al quale il titolo dell’opera fa riferimento) di un suono autogenerativo desoggettivizzato.

In quanto negazione, dialetticamente, tra i due poli in tensione scorre l’uomo come mancanza, come ciò che è stato o ciò che deve ancora essere, ma comunque abolito, assente, bloccato nel corso della performance proprio nell’interazione tra corpo e klavier e tra corpo e arpa. Infatti, cosa esprime in maniera più classica ed efficace l’umano se non il rapporto tra esecutore e strumento musicale, dove l’uomo domina la macchina per la creazione artistica? Attraverso un complesso sistema di feedback elettronici e video-tracking, Lorenzo Bazzocchi realizza uno spazio intermediale dove il corpo di Sedioli è medium tra i media, capace di determinare il suono attraverso algoritmi che traducono il suo movimento nella luce in note; così il piano pare suonarsi da solo, quando in realtà il trionfo della macchina non è che una dichiarazione della sua dipendenza non già dall’uomo, ma da un’altra macchina, ovvero il corpo inquietante e perturbante scolpito da un disegno-luci memorabile, potente, profondo e tagliente.
La dimensione musico-installativa e il dispositivo complesso costruito attorno a Sedioli, proprio quando si pone come ambizione concettuale la desoggettivazione radicale e l’abolizione della dimensione umanistico-critica, recupera nella radicalità di tale ambizione nella resa dello spettacolo e in un balenare improvviso (all’estremo punto limite della significazione classica) la sua valenza etica: lo spettatore riesce a cogliere nei movimenti della macchina-Sedioli l’automatizzazione e la parcellizzazione dei gesti e dei movimenti che caratterizzano i processi di produzione industriale nonché le violenze dell’immaginario nella società ipertecnologizzata. La disumanizzazione perciò è tanto l’ambizione del sofisticato progetto di Masque, che tende tenacemente e asintoticamente alla realizzazione del puro sublime tecnologico, quanto la sua stessa negazione, ovvero la denuncia di quel processo di disumanizzazione che caratterizza la cultura e la società dell’iperconsumo.
Questa denuncia è un risvolto invisibile, nascosto, che si afferma nella sua negazione: la negazione del senso come desiderio di ricostituire un senso, la negazione dell’umano come struggente ambizione del recupero o del raggiungimento dell’umano. Affinché tale impalcatura dialettico-espressiva risulti efficace, essa deve essere necessariamente venire rimossa dallo spettacolo e dalla messa in scena, e questo Masque lo sa bene: è nel momento relazionale stabilito con lo spettatore che, contro la stessa volontà della performance, questo potenziale critico riesce a sprigionarsi.

Nel corso della seconda giornata di questa sessione di Crisalide l’incontro presso il Puntodonna con Catia Gatelli, regista e attrice, e Frie Leysen, direttrice artistica belga e programmatrice culturale, ha affrontato direttamente problematiche cruciali per il mondo dell’arte e della cultura contemporanee, ovvero quelle relative ai rapporti tra pubblico, artista e curatore, come quest’ultimo medi tra le due entità e quale ruolo assume nella definizione e nello sviluppo di un progetto; soprattutto, come riuscire a mantenere l’aspetto sperimentale e di ricerca dinanzi alle esigenze del pubblico medio.

Temi che fanno da cornice “pratica” alla proposta artistica di Crisalide, che la sera del 2 settembre ha visto protagonisti Roberta Mosca e Canedicoda, la prima danzatrice e performer molto attiva anche in Germania dalla carriera a vocazione internazionale, il secondo progetto-artista multidisciplinare che coniuga ricerca elettro-musicale al design, all’illustrazione e alla moda. La performance di due ore Ci vorrebbe quel sonno che calma lo sguardo è un estratto di Musica per un giorno, opera performativa della durata di 24 ore che Mosca porta in scena una sola volta l’anno per un ciclo di 24 anni; come per Masque, anche qui il quadro teorico di riferimento è quello che caratterizza la ricerca della danza contemporanea da decenni, ovvero l’emancipazione del corpo e della sua energia da poli di riferimento classici come il testo, la dimensione narrativa, la tradizione mimetica. Però qui, rispetto alla ricerca di Masque, il corpo mantiene una valenza simbolico-espressiva: lo spettatore è immerso in una vicenda che si va costruendo e definendo dai gesti di Mosca e dalla musica di Canedicoda, una vicenda non già definita a monte ma in fieri, che riguarda il rapporto tra la donna e il buio, tra la donna e l’ambiente, che è ambiente vitale ma anche in qualche maniera morale, esistenziale, sociale (per questo i sample di Canedicoda spesso sembrano ammiccare ai suoni delle metropoli e alla loro frenesia), che viene respinto ma dal quale non si riesce a trarsi fuori mai definitivamente. Di qui il significato dell’estenuazione di due ore di performance, dove il fisico stesso stremato è testimonianza del tentativo di affermare il sé tramite il corpo: è proprio in questa ritrovata connessione di tempo e corpo, che quest’ultimo recupera quella dimensione umana che sembrava irrimediabilmente perduta.

Sempre il corpo perciò protagonista di Crisalide, e lo sarà anche nel corso dei prossimo appuntamenti, in programma dall’8 al 10 settembre e dal 2 al 5 novembre.

Le performance sono andate in scena all’interno di Crisalide:
Teatro Félix Guattari
via Orto del fuoco 3, Forlì
1 e 2 settembre, ore 21.00

Just intonation
di Masque Teatro
con Eleonora Sedioli
ideazione, suono, luci Lorenzo Bazzocchi

Ci vorrebbe quel sonno che calma lo sguardo
con Roberta Mosca
musiche Canedicoda