Da La Chanson de Gaspard Hauser di Paul Verlaine a L’enigma di Kaspar Hauser di Werner Herzog, l’arte si è da subito e spesso interessata al fenomeno di questo giovane che, giunto improvvisamente a Norimberga nel 1828 dopo un decennale periodo di misterioso isolamento e vari tentativi più o meno riusciti di civilizzazione e omologazione («como un experimento social, político y filosófico»), morì in circostanza tragiche e controverse.

L’esistenza di Kaspar fu un autentico rompicapo per l’Europa di inizio Ottocento, complice anche, se non soprattutto, il clima romantico caratterizzato dal gusto per l’esotico e il bizzarro e dall’esaltazione del buon selvaggio e la ricerca di una rinnovata spiritualità antropologica.

Il lavoro di Luz Arcas e Abraham Gragera ha innanzitutto un duplice grande merito: quello di saper accogliere all’interno della tipica destrutturazione dei codici del contemporaneo una materia di per sé stessa malleabile, sfaccettata e straordinariamente emotiva e di farlo non nel senso di un banale sentimentalismo, quanto della capacità di far dialogare intenzionalmente la dimensione corporea della danza postclassica con quella prelogos dello stesso Kasper.

In Kaspar Hauser. El huérfano de Europa, l’impossibile – perché spezzato, sofferente e romanticamente struggente – tentativo di sincronizzarsi con le coordinate spazio-temporali di un personaggio che mise in crisi la società del proprio tempo risuona non in una virtuosistica e meccanica connotazione performativa, ma attraverso una perfetta padronanza del corpo e della tecnica, dunque in una maniera perfettamente coreografica. Mantenendosi in un’adamantina cornice formale, il contrappunto tra l’improvvisazione musicale di Carlos González e l’esecuzione tersicorea di Luz Arcas è sontuoso perché elude il rischio di confondersi con quei banali e scomposti significanti in cui l’arte performativa spesso rischia di cadere quando cerca di comporsi in un maldestro dionisiaco.

Pur pagando la naturalistica e didascalica presenza del cavallo («las frases que repetía cuando fue encontrado» erano «un jinete como mi padre quiero» e «caballo, caballo»), il tratto essenziale di Luz Arcas è quindi analogo alla stessa scomposizione del corpo addestrato e disciplinato dalla tradizione che Kasper esponeva in un’Europa scossa dal fragoroso fallimento dell’Illuminismo e permeata da nuovi aneliti di Rivoluzione.

Dalle innaturali e dolorose piegature della Arcas in una densa atmosfera di crudeltà e angoscia alla dissonante presenza musicale al piano e alle percussioni con cui González la accompagna senza assecondarla (dalla marcia funebre di Gustav Mahler al barocco di Scarlatti), la compagnia Lapharmaco rende visibile la propria proposta di deformazione della disciplina occidentale con gestualità e ritmi aperti e, ballando lo stesso dolore con cui Kasper abitava uno spazio e una civiltà a cui non riusciva/voleva/poteva adattarsi a essa,  sfrutta perfettamente il privilegio di potersi adagiare sulla restituzione di un’esistenza incomprensibile per esporla con coerenza all’interno di un linguaggio di assoluta contemporaneità.

Un plauso allora alla direzione artistica del Teatro Corral de Comedias per la radicalità di una scelta audace, ma decisamente vincente.

Teatro Corral de Comedias
Plaza de Cervantes 15, Alcalá de Henares (Madrid)
15 de febrero, 2020, 20:30 horas

Kaspar Hauser. El huérfano de Europa
Dirección y Dramaturgia: Luz Arcas y Abraham Gragera
Coreografía e Interpretación: Luz Arcas
Composición e Interpretación Musical: Carlos González
Dirección Musical: Abraham Gragera
Iluminación: Jorge Colomer
Diseño de Vestuario: Heridadegato
Escenografía: Xosé Saqués y Ana Montes
Fotografía: Javier Suárez, Celia Mondéjar y Virginia Rota
Vídeo: Virginia Rota
Producción: Laura Ortega Pinillos
Distribución Nacional: M. Ángeles Marchirant, Laura Marín y Ángeles González
Diseño Gráfico: María Peinado Florido
Comunicación: Cultproject
Colaboran: Centro Danza Canal Comunidad De Madrid; Ministerio De Educación, Cultura y Deportes De España