Metti una sera d’autunno in campagna

In Val di Nievole, protetta da due paesi dal nome curioso, un’intraprendente giovane presenta il suo Teatro tra gli ulivi, con la prova aperta di Kotekino Riff di Andrea Cosentino.

Organizzato da Tessa Granato, il secondo appuntamento con un teatro al di fuori degli spazi deputati fa sperare che la felice iniziativa possa continuare a vivere anche in futuro. Questo almeno ci auguriamo, visto il successo che ha ottenuto. Un bel pubblico, piuttosto numeroso nonostante la pioggia, una buona accoglienza, un’ottima cena.
Ma veniamo allo spettacolo, o meglio, alla prova aperta di Kotekino Riff.
Come la talpa di quei giochi da luna park, quelli in cui si aspetta con la mazza pronta a colpire l’animaletto che spunta dal buco, Cosentino lancia le sue battute al pubblico e torna nella tana. Entra ed esce (metaforicamente) di scena, con la scusa di recuperare gli oggetti degli sketch.
Ritmo serrato fra pause e assalti di non senso. Un equilibrio delicato di tempi, un’alchimia molto riuscita col musicista Michele Giunta che, con il suo contrabbasso e la sua strumentazione elettronica, crea il contrappunto musicale dal vivo e insieme all’attore.
In questo panorama ritroviamo qualche filo rosso, come ad esempio alcuni interessanti spunti di riflessione prettamente intellettuale, tra i quali quello sul Kotekino. Perché il Kotekino… kotekino… koo-tee-kii-no… ti si infila nella mente e diventa il cavallo di Troia per la colonizzazione dei pensieri. Perché, si sa, una parola può orientare il pensiero, ed è possibile far concentrare quaranta persone su un solo punto mentale: il kotekino. Si è forse abituati a vedere chiaramente questo fenomeno in azione nella propaganda – ma non in generale, non sempre, non con qualsiasi contesto, non in senso buono (ma un senso buono del fenomeno esiste?).
Oltre a questo, vi troviamo domande sul senso della performance, sul senso del lavoro dell’attore. Troviamo un Amleto che, dallo sguardo in gorgiera agli screzi fra straccio e camicia, e infine nelle reminiscenze del monologo conclusivo, torna a chiedere quale sia mai lo statuto ontologico di chi sta in scena.
Dopo un finale col botto, arriva infatti l’epilogo, un lungo monologo di domande serrate. In cui una, in particolare, ritorna insistente, pietosa e fastidiosa insieme. La pone una maschera metafisica di un teatro malato – o un’arte malata – che ha una pessima cera e non ispira nessuna fiducia. Una sfilza di domande che mettono a nudo, insieme alla maschera che le pone, il malessere di una società in cui l’artista non ha ruolo, ed è ormai solo un postulante molesto, con quella punta di abiezione che emerge quando l’unica ossessione è riuscire a trovare due soldi. In che modo si diventa mendicanti?
La maschera, figura trascendente che ricorda in qualcosa i manichini che popolavano la scena di Kantor, ci mostra che quel mendicare è diventato una componente strutturale, sostanziale, e che l’immagine ricorrente che oggi abbiamo del teatro è quella del mendico.
Se da un lato non è un fatto nuovo trovarsi nella necessità di trovare finanziamenti (dato che, in fondo, è sempre stato così), fra l’antico mecenate e la maschera che presenta Cosentino c’è tutta la distanza che ci separa dalle epoche passate. È la maschera del nostro – tutto contemporaneo – regno finanziario e della sua morale, che disprezza chi non produce e riduce l’uomo a una sola dimensione. Da questo punto di vista, quella maschera si pone come figura e condensazione – decisamente azzeccata e pregnante – di un nuovo trattato di economia di Cosentino, meno teorico ma assai più acuto.

Lo spettacolo è andato in scena nell’ambito di Teatro tra gli Ulivi:
Val di Nievole

domenica 10 settembre, dalle ore 19.00
Apericena + Spettacolo

Andrea Cosentino in:
Kotekino Riff
musiche dal vivo Michele Giunta