Ogni uomo uccide sempre ciò che ama

A Castiglioncello, il regista Elio de Capitani traduce in opera teatrale le memorie detentive della Ballata di Oscar Wilde.

Vita sregolata che termina a soli 46 anni quella di Oscar Wilde, il celebre scrittore irlandese, dandy e decadente, che vive in pieno l’Estetismo di fine Ottocento – movimento del quale è il maggiore esponente britannico e del quale riesce a mettere in pratica, nella propria vita quotidiana, il principio de L’art pour l’art. Nella sua controversa, quanto sublime esistenza, come tutti ben sanno, ciò che gli causa le maggiori difficoltà è la sua scelta sessuale, ovviamente dissimulata, che alla fine lo condanna alla prigionia e ai lavori forzati.

La Ballata del carcere di Reading nasce all’interno del luogo detentivo, e si imbeve delle emozioni e delle esperienze vissute entro le mura di cinta, durante l’ora d’aria. Tra i detenuti c’è anche chi è condannato a “dondolare” – ossia chi, in gergo carcerario, attende di essere messo a morte per impiccagione. «Tra noi c’era Charles Thomas Wooldridge», canta in inglese Giovanna Marini sul palco, pizzicando la chitarra: «L’uomo che guardava sempre il cielo mentre attendeva il suo turno per dondolare. Aveva ucciso la sua donna con un rasoio e beveva felice l’aria, a bocca aperta. Ci chiedevamo stupiti se anche noi avremmo aspettato la nostra sorte con quella leggerezza».

Le parole di Oscar Wilde scorrono veloci sulle labbra dell’intreprete femminile che, insieme a Umberto Orsini, porta in scena lo scritto (e le memorie) dell’artista irlandese. La traduzione e l’adattamento teatrale della Ballata sono firmati da Elio De Capitani, pluripremiato attore e regista, legato da oltre quarant’anni alla Compagnia dell’Elfo di Milano. Prima dell’inizio dello spettacolo Giovanna Marini, autrice e intrerprete di testi impegnati di matrice politica e sociale, e altrettanto pluripremiata, ci tiene a spiegare al pubblico che lei e Umberto Orsini considerano lo spettacolo il frutto della migliore traduzione e del migliori adattamento teatrale finora operati su questo testo – grazie al sapiente lavoro di Elio De Capitani sulle parti in prosa. Per quanto riguarda, al contrario, le liriche, è la stessa Marini a spiegare perché abbia scelto di lasciare i testi in inglese: «Cantare in italiano stonava un po’, qualsiasi traduzione suonava incompleta e meno armoniosa».

Alle due estremità del palco, come pagine di un libro con testo a fronte, Umberto Orsini e Giovanna Marini recitano. Lui, la Ballata in italiano, mentre lei gli fa da contrappunto con il testo musicato in inglese. Il palleggiamento tra gli interpreti è tale che lo spettatore si sente trascinato nell’atmosfera carceraria vissuta da Wilde, conturbato dai suoi sentimenti e affascinato da quella curiosità – forse anche morbosa – per l’uomo condannato a morte, con il quale lo scrittore non scambia mai nemmeno un cenno. Due barche che si sfiorarono nella tempesta.

«Ogni uomo uccide sempre ciò che ama. Io vorrei che ciascuno m’ascoltasse: alcuni uccidono adulando, ad altri basta solo uno sguardo d’amarezza. Il vile uccide mentre porge un bacio e l’uomo coraggioso con la strage», questi alcuni versi della Ballata e subito viene alla mente che anche Jean Moreau, nel film Querelle de Brest di Fassbinder, cantava quelle stesse parole. La Ballata, del resto, è intrisa di morte, e della vita da morti viventi che conducono i detenuti. Le smorfie dei secondini che sbirciano dalle serrature, così come le preghiere dei condannati ci mostrano un mondo al maschile – violento e grottesco insieme – un universo che rimanda anche all’omosessualità di Wilde e a quella di Querelle, alle vicende umane e artistiche di Jean Genet, al genio di Fassbinder, in un cortocircuito emotivo e intellettuale che è da sempre molto caro a De Capitani e approfondito in alcune tra le rappresentazioni di maggior valore dell’Elfo.

Umberto Orsini e Giovanna Marini, sul palco, dimostrano tutta la loro bravura. Un palco abitato solo da un Cristo, un tavolo, una sedia, una panca. Un palco essenziale come è essenziale l’interno di una cella. Non una battuta fuori posto nei lunghi monologhi dei due interpreti. Tra gli spettatori, anche i fan di Giovanna Marini. Alla fine dello spettacolo, il lungo applauso fa scattare tutti in piedi: si chiede il bis, e di cantare ancora qualcosa attinente al Primo Maggio. «Il partigiano!», grida qualcuno. La Joan Baez nostrana imbraccia nuovamente la chitarra: tra parole dimenticate, ideali di giustizia e applausi si conclude la serata speciale della Festa dei Lavoratori al Castello Pasquini di Castiglioncello.

Lo spettacolo è andato in scena
Castello Pasquini
Castiglioncello (Livorno)
Venerdì, 1° Maggio

La ballata del carcere di Reading
di Oscar Wilde
regia Elio de Capitani
con Umberto Orsini e Giovanna Marini