Una Parigi di colori

Ci sono un poeta, un pittore, un filosofo, un musicista, una fioraia e una donna, Parigi, l’Ottocento. C’è poi una trama semplice, diverse note arie e un complessivo rapido svolgimento. E c’è Puccini che fa sentire anche in Italia i profumo di Montmartre, fa vedere i colori dei «cieli bigi dove fumano i mille comignoli di Parigi». Arriva sul palcoscenico genovese la seconda opera in cartellone, un classico facile, rapido, dalla trama semplice ma sempre contemporanea la cui atmosfera va di pari passo con il colore: La Bohème di Giacomo Puccini.

Prima che si alzi il sipario, la platea applaude a qualcosa di nuovo: il pittore genovese Francesco Musante ha preparato le scenografie e anche i costumi ma non si è fermato solo a ciò. Ecco infatti il sipario stesso ad essere un’opera d’arte ricca di colore, ordinata confusione e forme che annunciano lo spettacolo.

Si alza il quadro e siamo catapultati in una soffitta molto colorata ma mai quanto i personaggi in scena, Marcello (Michele Patti, Baritono) e Rodolfo (Stefan Pop, Tenore). I due amici, poeta e pittore, stanno morendo di freddo e di fame. Fuori nevica ma dovrebbero giungere gli altri coinquilini Schaunard (Giovanni Roemo, Baritono) e Colline (Romano Dal Zovo,Basso). Nonostante la situazione che i quattro amici bohemien vivono, essi, almeno nel primo quadro, colgono ancora ogni attimo di momentanea felicità, data da un po’ di vino e da un pasto racimolato grazie al lavoro di uno di loro. E sono ancora disposti a gettare alle fiamme i loro lavori pur di ravvivare il fuoco per scaldarsi. Sotto questa apparente sopravvivenze si cela la fiducia nel futuro, una vita fatta di momenti e vissuta all’insegna del «dopotutto domani è un altro giorno» che ben risulta dalla scelta davvero colorata di regista e scenografo.

È infatti il colore il protagonista di questa messinscena, a partire dalla scelta di vestire ogni personaggio con specifici colori che li diversifichi. Dopo la carrellata di botta e risposta che presenta i primi personaggi e avvicina l’opera pucciniana al nascente genere del musical, il primo incontro tra Rodolfo e Mimì (Rebeka Lokar, Soprano) fa scattare i primi applausi per le due rispettive arie Che gelida manina e Sì, mi chiamano Mimì. Applausi meritatissimi soprattutto dal momento che la scelta strutturale della scenografia di questo quadro (la stessa dell’ultimo) non è adatta: la soffitta è infatti un cubo profondo e sopraelevato rispetto al palco e nonostante alla vista appaia come un meraviglioso quadro, si presenta come ostacolo per le voci dei protagonisti che, pur soddisfacendo il pubblico, non riescono a far arrivare i suoni più alti. La sfida è colta in particolare dal soprano che riesce a superare le altezze dell’orchestra perfettamente e senza mostrare fatica.

Altra storia quella del secondo quadro, il più riuscito di una messinscena complessivamente positiva, la cui diversa scenografia è introdotta da un artificio intelligente: il cubo viene ruotato grazie ad una grossa chiave da carica di carillon a vista per diventare il cafè Momus. Questo è davvero il quadro dell’esplosione dei colori, del caos più ordinato, una scena che avrebbe fatto dire anni dopo ad Ernest Hemingway «Parigi è una festa!».

Il coro occupa tutto l’impianto, i quattro amici sono arrivati con Mimì e subito dopo è arrivata la bella e capricciosa Musetta (Lavinia Bini, Soprano) giunge insieme ad Alcindoro (Matteo Peirone, Basso).

Il basso è davvero eclettico, già comparso in scena nel primo quadro nei panni di Benoit, qui si trasforma nel vecchio amante che vizia Musetta ma che non può reggere il confronto con il vero amato della donna, Marcello.

In questo paese dei balocchi che è la scena, dove i bambini attendono il giostraio tra i tavoli del caffè che tanto ricordano il Moulin de la galette di Renoir, è Musetta la protagonista indiscussa. Nel suo valzer Quando men vo, l’artista dà un’ottima prova canora ed attoriale con pulita vocalità anche raggiungendo i picchi più alti. E nell’incontro con Marcello, le due voci superano anche l’orchestra. Un quadro perfetto e riuscito in tutti i sensi.

Più rapidi gli ultimi quadri: il terzo all’aperto, al freddo e tra la neve, vede opacizzarsi non solo i sentimenti di gioia ma anche lo sfondo naturalista tra neve e luci fioche mentre i costumi vedono comunque l’aggiunta di mantelli dalle tonalità abbinate ma sempre brillanti. La semplice eleganza delle scene favorisce le interpretazioni, ed è qui che spiccano Rodolfo, Marcello e Mimì, quest’ultima applauditissima per Donde lieta uscì. Infine, davvero apprezzata la gestione dello spazio che nella chiusura del quadro III vede la contrapposizione spaziale delle due coppie protagoniste non solo nella posizione ma anche nell’espressione del libretto. Il testo prevede infatti l’ennesima lita tra Marcello e Musetta a sinistra e la riappacificazione tra Rodolfo e Mimì, una situazione di dicotomia che raggiunge la perfetta riuscita.

Si giunge al termine con il quarto quadro che riporta tutti i protagonisti nella soffitta iniziale. L’epilogo è il picco della montagna di questa rappresentazione, dal momento che tutti gli artisti vocalmente raggiungono i picchi migliori e in cui emerge il personaggio di Colinne con la celebre aria Vecchia zimarra che riesce ad incantare tutti. Il cast è accompagnato qui dalla passione del Maestro Battistoni la cui direzione, sebbene nel primo quadro fosse stata fuor di dubbio precisa ed elegante ma ridotta di quella potenza che sempre la contraddistingue, ora raggiunge l’apice musicale, facendo vibrare all’ascolto tutti i presenti.

«Quando men vo soletta per la via, la gente sosta e mira e la bellezza mia tutta ricerca in me da capo a pie’… »
Musetta, quadro II

Lo spettacolo è andato in scena al
Teatro Carlo Felice
passo Eugenio Montale 4, Genova
venerdì 13, venerdì 27 e sabato 28 dicembre, ore 20
sabato 14, domenica 15 e domenica 29 dicembre ore 15

La Bohème
Regia, Augusto Fornari
Direttore d’Orchestra, Andrea Battistoni
Scene e costumi, Francesco Musante
Luci, Luciano Novelli
Assistente alla regia, Lorenzo Giossi
Assistente ai costumi, Elena Pirino
Ripresa Luci, Angelo Pittaluga
Allestimento Fondazione Teatro Carlo Felice
Orchestra, Coro e Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro, Francesco Aliberti
Maestro del Coro di Voci Bianche, Gino Tanasini
con
Rebeka Lokar, Mimì
Stefan Pop, Rodolfo
Michele Patti, Marcello
Lavinia Bini, Musetta
Romano Dal Zovo, Colline
Giovanni Romeo, Schaunard
Matteo Peirone, Benoît/Alcindoro,
Giuliano Petouchoff, Parpignol,
Roberto Conti, Sergente dei doganieri
Alessio Bianchini, un doganiere
Antonio Mannarino, un venditore ambulante

durata 165 min circa