Genesi di un’umanità

teatro-stabile-torinoIn scena al Teatro Gobetti di Torino, La Crepanza, uno spettacolo sul caos del destino e sull’incomprensibilità della vita.

A causa di eventi non ben identificati, il mondo è finito o, quanto meno, l’umanità si è estinta, lasciando in vita soltanto due superstiti, che vivono soli su una zolla di terra in mezzo a un mare nero. Lei si chiama Mia, «nome adatto per un cane»; lui invece Amaro, «perché la vita è amara». Tra i due pare che non ci sia modo di far nascere «alcuna forma di tenerezza». Mia e Amaro sono predestinati: hanno capito di far parte di un progetto di cui, però, ignorano praticamente tutto. Non sanno cosa fare, ma soprattutto, non riescono a capire perché proprio loro, tra tanti esseri umani più validi sulla terra, hanno avuto questa sorte. Il dubbio è martellante: erano proprio loro a dover essere salvati? La loro sopravvivenza è meritata?
Per andare avanti c’è bisogno di un senso. Così Mia e Amaro decidono di reagire e di cambiare la loro condizione: lasceranno la propria zolla di terra e si metteranno per mare, rischiando addirittura di morire affogati. Sembra che l’unica scelta valida per una vita vuota sia la morte. Tuttavia, improvvisamente qualcosa accade: Amaro ha una visione in cui gli è rivelata la natura del progetto di cui lui e Mia fanno parte. Non possono tirarsi indietro, ora Amaro lo sa, perché ha ricevuto il dono della fede.

Fede in cosa? In una strana divinità dalle sembianze della Madonna, che fondamentalmente può diventare qualsiasi cosa, anche una fata, come vorrebbe Mia. Ed è proprio per questo che i due inizieranno a chiamarla Fatonna. La spiritualità dunque diventa l’unico mezzo di sopravvivenza (anche concretamente, poiché la Fatonna rifornisce i due ragazzi di tutti le provviste alimentari necessarie): «in questo residuo di mondo bisogna essere meno testardi, usare meno la testa». Bisogna credere per forza in qualcosa per restare in vita: in una divinità, in se stessi e negli altri. Tra Amaro e Mia inizia così a nascere un dolce sentimento di affetto e fiducia, che li porta ad avvicinarsi, a comprendersi e ad amarsi. Ecco che sono finalmente pronti per vivere la vita e per accogliere la nascita di un bambino.
Forse è questo che Maniaci d’Amore vogliono dirci: l’umanità nasce da un atto di vicinanza e di tenerezza. Nonostante il testo non presenti una vera e propria struttura drammaturgica (almeno tradizionalmente intesa), la malinconia dei contenuti e l’ironia dei dialoghi rendono lo spettacolo una “commedia al rovescio” estremamente forte e coinvolgente.
La scena rende perfettamente l’atmosfera postapocalittica, evocando sensazioni che non possono non far pensare al romanzo La Strada di Cormac McCarthy: in un luogo buio, freddo e senza vita, due personaggi lottano per ritrovare la via di una salvezza possibile.
L’utilizzo di toni grotteschi e tragicomici, che rendono lo spettacolo leggero e godibile nonostante l’importanza dell’argomento trattato, rimanda all’universo dei racconti di Saunders, dove lo scrittore descrive un futuro prossimo distrutto e desolato, in cui soltanto piccoli gesti di umanità e gentilezza sono capaci di far rinascere la speranza.
L’ambiente è quasi del tutto buio, una luce debole illumina due camici bianchi, che oscillano nel vuoto, e la Fatonna, che domina al centro del palco. Quest’ultima, all’inizio della rappresentazione, è coperta da un telo nero e sembra essere l’incarnazione della morte. Soltanto dopo l’illuminazione di Amaro si rivelerà come divinità protettrice dei due superstiti, come a indicare probabilmente il passaggio dalla prospettiva di morte certa alla visione di salvezza.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro Stabile Gobetti

Via Gioacchino Rossini 8, Torino
16 gennaio ore 19.30
17 gennaio ore 15.30

Compagnia Maniaci d’Amore Teatro presenta
La Crepanza
regia Filippo Renda
di e con Luciana Maniaci e Francesco D’Amore
scene e costumi Eleonora Rossi
musiche originali Fabio Barovero