Ascolto e confronto

Festival Dello SpettatoreGiornata di studi, giovedì 4 ottobre, al Festival dello Spettatore di Arezzo. Nella Sala Grande del Campus Universitario il Pionta ci si interroga sul tema La cultura è democratica?

Domanda densa e piena di insidie, quella in sommario, che meriterebbe un piccolo volume a sé, e che in effetti necessiterebbe, come ricorda il filosofo Simone Zacchini, protagonista di uno tra gli ultimi interventi della mattina, di un’indagine preliminare: cosa si intende con i termini democrazia e cultura?

È proprio l’intervento di Simone Zacchini, insieme a quello di Ilda Curti e di Dioma Cleophas Adrien, a lasciarci più materiale di riflessione e a suscitare in noi maggior interesse. D’altra parte, uno tra i punti di forza del Festival dello Spettatore – e in particolare delle giornate di studio – risiede proprio nel piglio pragmatico ed energico delle discussioni, resoconto di esperienze concrete (già realizzate o in corso) per condividere e trasmettere pratiche – e non appuntamento dedicato a discorsi teorici e riflessioni astratte (spesso noiose e, in definitiva, poco efficaci e utili nella realtà).

Di Ilda Curti, Presidente dell’Associazione IUR (Innovazione Urbana Rigenerazione), con anni di esperienza nel campo della rigenerazione urbana e delle politiche d’integrazione, colpisce la forza di una visione schietta, pragmatica, lucida ed energica, in cui condivide col pubblico il frutto delle esperienze di attraversamento della cosiddetta «città di carne». Curti invita a mettere in discussione il paradigma (fallimentare alla base) di una visione economicista della cultura, secondo la quale investire in cultura servirebbe ad aumentare il Pil, e ad abbracciare al contrario una visione della politica culturale quale politica di welfare, che genera benessere nella comunità, grazie al fatto di prendersi cura delle sue fratture e dei suoi immaginari. Invita inoltre a rivedere il concetto di identità culturale, intendendola al plurale piuttosto che al singolare, lasciando emergere quindi le identità culturali, molteplici, diverse, e in trasformazione, che possono aiutare a ridefinire il senso della cultura in senso lato.
Propone infine di abbandonare la suddivisione fra dentro e fuori, anche in questo caso utilizzando la parola comunità al plurale, e ricordando che nell’escludere le comunità latenti – ovvero quelle comunità disinteressate a, o emarginate in qualche modo dalle istituzioni culturali ufficiali, ma portatrici di forme di «biodiversità culturale» – è la cultura istituzionale e ufficiale a perderci in termini di vitalità, ricchezza e rinnovamento.

La giornata procede con il dialogo fra Federico Borreani di BAM Strategie Culturali di Bologna e Cleophas Dioma (formatore, educatore, giornalista, Presidente dell’Associazione Le Réseau, direttore artistico del Festival Ottobre Africano, Presidente del RomAfrica Film Festival e collaboratore del ministero degli Esteri). Di che cultura hanno bisogno gli immigrati?, ci si domanda. «Di nessuna», risponde Dioma. Hanno bisogno di normalità. Hanno bisogno di vivere la loro vita di persone qualsiasi, preoccupate del lavoro, della famiglia, dei figli da portare a scuola, delle incombenze quotidiane. Hanno bisogno che sia chiesto loro come stanno, di essere visti e riconosciuti come esseri umani e non solo in quanto problema.

Prima di arrivare all’ultimo intervento, un accenno veloce a quello di Luisa Bosi (attrice di Murmuris, ideatrice del progetto Casa Teatro), anche in questo caso per la schiettezza di un’irresistibile confessione sul trauma di passare da platee colme di pubblico attento e partecipe per il teatro dialettale toscano (il background da cui proviene Bosi) a platee praticamente vuote – una volta cambiato il genere teatrale. Questa candida dichiarazione solleva in noi una domanda provocatoria: perché, all’interno del teatro stesso, si tende a guardare con sospetto certi generi? Se fosse la qualità del lavoro e non l’appartenenza al genere a fare la differenza? Inoltre, un mondo teatrale che disdegna alcuni generi (e secondo quali criteri?) in che modo si pone rispetto alla domanda cardine della giornata? Si tratta di un atteggiamento democratico?

La mattinata di conclude con la testimonianza di Simone Zacchini, filosofo, docente dell’Università di Siena, che presenta l’esperienza di un ciclo di incontri di filosofia tra i carcerati. Come spesso accade con le attività di pratica filosofica in piccole comunità (ce ne sono di diversi tipi, da quelle coi bambini, a quelle con adulti, anziani, e par l’appunto reclusi), Zacchini sottolinea il carattere speciale dell’esperienza in cui appare evidente la forza del pensiero in azione – che fiorisce una volta stimolato all’interno dell’indagine filosofica. Nell’ambito di simili progetti, la cultura può dirsi democratica? Sì, visto che le esperienze di filosofia in comunità lavorano proprio sulla possibilità di generare quell’autonomia che rende possibile un’autentica democrazia, dove ci sia spazio per il singolo, libero, responsabile e autonomo (per lo meno nel pensiero), e per un dialogo fecondo fra le varie parti che compongono il corpo sociale.

Alla fine della mattinata cosa ci rimane delle discussioni alle quali abbiamo assistito? Un ventaglio di esperienze, in cui democrazia e cultura si articolano in modi diversi e in cui sembrano fondamentali, da un lato, l’impegno attivo dei singoli (ci piace pensare, infatti, che non ci sia alcuna forma di cultura senza una qualche forma di impegno, non politico ma prima di tutto intellettuale, inteso nel senso più ampio possibile) e, dall’altro, l’incontro, il dialogo, l’azione condivisa collettiva. I vari interventi del mattino offrono altresì la possibilità di riflettere su quanto la discussione stessa e i suoi valori di riferimento risentano di uno sguardo e di un punto di vista parziale, normale, bianco, europeo, normodotato. Ascoltare punti di vista che solitamente, per un problema di peso e di numero, restano minoritari (ci riferiamo all’intervento di Cleophas Dioma e Chiara Bersani) determina per prima cosa l’immediata presa di coscienza di questo lato della questione, ovvero di quella sorta di monopolio sulla realtà che ancora è esercitato da quel tipo di sguardo; in secondo luogo, apre una breccia in questa linea di pensiero.

L’incontro si è svolto nell’ambito del Festival dello Spettatore 2018:
Campus Universitario Il Pionta – Sala dei Grandi
viale Cittadini, 33 – Arezzo
giovedì 4 ottobre 2018

Rete Teatrale Aretina ha presentato:
Festival dello Spettatore 2018
dal 3 al 7 ottobre 2018
Arezzo, varie location

LA CULTURA È DEMOCRATICA?
Giornata di studi. I progetti di formazione e coinvolgimento del pubblico, le attività di inclusione e integrazione sociale, la diffusione scientifica, che impatto hanno per la creazione di comunità culturali eterogenee?

dalle ore 10.00 alle 13.00
Apertura lavori
Loretta Fabbri (Direttore del Dipartimento Scienze della Formazione Università degli Studi di Siena), Massimo Ferri (Presidente Rete Teatrale Aretina) e Beatrice Magnolfi (Presidente Fondazione Toscana Spettacolo onlus)
Dialoghi
Ilda Curti (Presidente Associazione Iur) in dialogo con Laura Caruso (Spettatori Erranti, Festival dello Spettatore);
Cleophas Dioma (Presidente LeRéseau, RomAfrica Film Festival) in dialogo con Federico Borreani (BAM Strategie Culturali);
Andrea Paolucci (regista Teatro dell’Argine) e Chiara Bersani (artista e performer) in dialogo con Oliviero Ponte Di Pino (critico e docente, Associazione ATeatro);
Marco Vannini e Tommaso Perrulli (Unicoop Firenze), Luisa Bosi (Murmuris, progetto “Casa Teatro”);
Barbara Tosti (Fondazione CR Firenze Attività Istituzionale – Responsabile Arte Attività Beni Culturali) in dialogo con Massimo Ferri (Presidente Rete Teatrale Aretina);
Bianco – Valente (artisti e curatori) in dialogo con Renzo Francabandera (critico e docente);
Simone Zacchini (Docente Università di Siena, progetto Filosofia in carcere) in dialogo con Angelo Carchidi (Festa Corale di Preci, progetto Faro di Rosarno)