Facce truccate di malinconia

De Filippo al Giglio. Un artificio nell’artificio.

Tutto è buio, è muto, è scarnificato. Che il mondo sia morto?
Una luce, non c’è altro. Ed è falsa. La si segue o si muore, a ciascuno la scelta.
La grande magia. È la biforcazione che ci offre il Giglio in questa stagione teatrale. 25, 26 e 27 Gennaio. Vivere d’illusione o soggiacere alla realtà?
La commedia, scritta da Eduardo De Filippo e pressoché sconosciuta ai profani, è parte del ciclo drammaturgico della Cantata dei giorni dispari. Opposta alla Cantata dei giorni pari è una sequenza insolita, giovialmente senile, intrisa di un vago abbattimento pirandelliano. È la metà livida del cielo, uno squarcio di tristezza sul suo mondo così semplice, così popolare. Immancabile l’uso della forma dialettale.
Di grande impatto le strategie di metateatro, in cui la drammaturgia viene “smascherata” agli occhi del pubblico come un puro artificio. I cambi di scena, spiccatamente metateatrali, presentano una scenografia ridotta, sormontata dall’enorme spazio strutturale del palcoscenico e dei suoi elementi (spicca anche un vistoso “vietato fumare” dipinto sulla parete). E forse questo tipo di strategia è l’ideale per un’opera in cui la massima problematica è l’accettazione o meno di ciò che è palesemente irrazionale, ma necessario alla vita.
In questa prima scena il palcoscenico è buio, ancora in allestimento. Un attore passa con una torcia illuminando alla rinfusa dei brandelli di scenografia. Citazioni di De Filippo sul teatro fungono da sottofondo. È come se fin da subito si volesse mettere in chiaro che questa non è realtà, non lo sarà mai. Già l’introduzione si presenta come un bivio. Ma forse tutti hanno già scelto: amare l’arte non è di per sé una resa all’inganno?
Come detto, l’opera ha risvolti profondamente pirandelliani. Da non dimenticare che i due drammaturghi collaborarono assieme nella stesura de L’abito nuovo. Come l’autore di Agrigento, anche De Filippo corre incontro a una visione del mondo disillusa e cerebrale, mettendo in discussione la stessa essenza della realtà. E così, se nella Cantata dei giorni pari dominava la figura di SikSik, prestigiatore spensierato e fallimentare, con La grande magia una nuova figura gli si contrappone, più inquietante, vincente nella sua inclinazione al fallimento: il Professor Marvuglia, che partendo da necessità concrete e innocenti riesce a costruire per il protagonista una realtà alternativa, un’illusione in cui farlo smarrire irrimediabilmente. Il complesso personaggio è interpretato da Luca De Filippo, figlio dell’autore, responsabile anche della regia.
Protagonista del dramma è Calogero Di Spelta, marito geloso e sdegnato, ancorato alle norme razionali. Il suo mondo collassa quando il Professor Marvuglia, “grande” illusionista, fa sparire in un numero Marta, la splendida moglie di Calogero. L’artificio fallisce: Marta, fuggita con l’amante, non ricompare. Per celare il segreto che lo comprometterebbe, Marvuglia inventa che la moglie di Calogero sia stata fatta scomparire dallo stesso Di Spelta e che sia rimasta imprigionata in una scatola. Soltanto Calogero ha la facoltà di farla ricomparire, purché abbia fede in lei.
Ma Di Spelta sa che Marta non gli è stata fedele. La sua razionalità si sbriciola passo passo, coinvolgendo nella propria caduta l’intero piano della realtà. Si convince di essere parte di un enorme, complesso gioco che lui stesso ha creato e lui solo può interrompere.
Impazzisce. Ogni evento attorno a lui assume le caratteristiche di una finzione, compresa la morte, rappresentata da Amelia, afflitta da un male irreversibile. Anche di fronte al lutto Calogero è l’unico a rimanere impassibile, convinto che nulla di ciò che vede sia reale.
Marvuglia lo incoraggia, erige attorno a lui una filosofia solida e contorta. È questa sua tendenza a ricoprire il personaggio “sibillino”, il Mefistofele, lo Jago a gettargli addosso un’ombra vagamente malefica, seppure continui irrimediabilmente a destare la simpatia unanime. È come se ogni spettatore, come Calogero, sia precipitato nella rete delle luci, nell’inganno, nell’artificio. Da una parte un numero di prestigio, dall’altro il teatro. Forme di illusione che ottenebrano la realtà.
Cast ineccepibile e personaggi ben rappresentati. Non manca la consueta comicità di De Filippo in scene come quella del brigadiere, o dei battibecchi tra Calogero e il domestico Gennarino. Lo spettro delle personalità è vasto, un intero spicchio sociale sfila nell’opera: il semplice cozza con lo scaltro, il cinico con il cerebrale. Impossibile non pensare alle sagome della Commedia dell’Arte, tanto care all’autore.
Semplici le scenografie e ricche di colore. L’ostentazione del materiale scenico si protrae a lungo: indimenticabile la fuga in barca di Marta Di Spelta e del suo amante, uno scafo di cartone che i due si trattengono ai fianchi mentre corrono.
Come chiamarli? Inganni? Sottili rivelazioni? La soluzione è forse tra le parole di Marvuglia, sempre più intricate e contorte (incredibile quello che un uomo possa riuscire a dire per cavarsi d’impaccio).
Il mago prende un canarino, lo chiude in una gabbia. Poi la copre e spara: l’animale è scomparso.
Non scomparso. Morto. Schiacciato nel doppiofondo. E lo sparo ha coperto lo scatto assassino.
È un aneddoto, soltanto un aneddoto. Ma il pubblico lo vede, lo immagina.
Metafora? Perché no. Si può pensare o passare oltre; si può resistere o lasciarsi illudere. La gabbia è forse la vita, la pistola una catasta di illusioni. Sentire lo sparo, non ascoltarsi morire. Meglio così.
La verità è che forse chiunque è, nel proprio piccolo, un Calogero.
Teatro del Giglio, gli ultimi di Gennaio.
Nuovo numero in scena. Sarete pubblico o prestigiatori?

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro del Giglio
piazza del Giglio 13/15 – Lucca
fino a domenica 27 gennaio
orari: da martedì a sabato ore 21.00, domenica ore 16.30

La grande magia
di Eduardo De Filippo
regia Luca De Filippo
con Luca De Filippo, Paola Fulciniti, Alessandra D’Ambrosio, Carmen Annibale, Lydia Giordano, Massimo De Matteo, Antonio D’Avino, Daniele Marino, Gianni Cannavacciuolo, Nicola Di Pinto, Giulia Pica, Carolina Rosi, Giovanni Allocca
scene e costumi Raimonda Gaetani
luci Stefano Stacchini
consulenza magica Bustric