La fede inquisita

Dall’11 al 16 Novembre, il Teatro della Pergola di Firenze ha ospitato Umberto Orsini e il suo Grande Inquisitore. La Leggenda rivive sotto l’attenta e innovativa regia di Pietro Babina.

Quello che gli spettatori del celebre teatro fiorentino hanno trovato dietro al sipario purpureo è qualcosa di difficilmente descrivibile, comprensibile solo a tratti, eppure interessante e attraente.
Una stanza fredda, quasi extraterrestre, un fischio acuto e intermittente, uno specchio e quattro lettere al neon che tracciano la parola FEDE. La luce si spegne. Poi si riaccende e ancora si spegne.
La scena è calcata unicamente da due attori che, per tutta la durata dello spettacolo, si rincorrono, dialogano con il corpo prima che con le parole in una sorta di danza teatrale alla scoperta di se stessi.
La drammaturgia de La leggenda del grande inquisitore nasce dalla collaborazione artistica di tre ottimi professionisti: Umberto Orsini, Pietro Babina e Leonardo Capuano. La prima grande domanda che si sono posti riguardava l’efficacia di uno spettacolo di questo genere nel 2014. Potevano i temi del Grande inquisitore interessare ancora? Sarebbe stato in grado di far riflettere un pubblico abituato e assuefatto a qualsiasi cosa? La costruzione di un Ivan «invecchiato, fuori dal tempo, una figura che vive già al di là delle varie relazioni personali» poteva essere un azzardo, ma il risultato è soddisfacente: Orsini con la sua proverbiale forza espressiva, comunica inquietudine e angoscia in una sorta di viaggio onirico all’interno della vita del suo personaggio. Al suo fianco, l’inquietante figura interpretata da Capuano è una sorta di alter ego di Ivan. Con energia e violenza lo costringe a ricordare e a riflettere sugli anni trascorsi a intessere rapporti e formulare pensieri. Solo alla fine tutto prende forma e a ogni cosa viene dato un nome. Il palco altro non è che una stanza di ospedale; il suono intermittente, un respiratore o qualche altro macchinario medico; il tavolo, unico fulcro scenico, un letto di ospedale sul quale Ivan abbandona la vita per correre incontro alla morte.
Quello che segue è semplicemente una TED conference, incontri tra esponenti dell’alta borghesia politica, finanziaria e artistica, volti a enucleare idee per migliorare il mondo. È in questa occasione che, dopo aver indossato un abbigliamento che finalmente lo colloca in una dimensione spazio-temporale precisa, la contemporaneità, Ivan riesce finalmente a recitare il suo monologo, a esprimere ciò che non era riuscito a dire nel corso di una vita intera.
La forza di Dostoevskij, così come accade ai grandi autori di tutti i tempi, è la capacità di esprimere concetti in opere universali e atemporali, tipici della sua epoca ma che riguardano anche gli uomini del duemila. «Il discorso del Grande Inquisitore contiene in sé una rivelazione di quelli che sono i meccanismi del potere, e il ricorso a un format (TED) così diretto ed esplicito aiuta a rispondere a un quesito fondamentale» afferma Babina «arrivare a conoscere le dinamiche che sottendono al potere ci ha salvato dal ripetere gli stessi errori? no. Questa è la risposta». Ed è questo il motivo per il quale La leggenda del grande inquisitore è uno spettacolo datato, un classico, eppure così tragicamente moderno. Un’opera difficile e profonda da guardare, e probabilmente riguardare, per apprezzarla come merita.

Lo spettacolo è andato in scena
Teatro della Pergola

Via della Pergola, 18 Firenze
da martedì 11 a sabato 15 novembre, ore 20:45
domenica 16 novembre, ore 15:45

La leggenda del grande inquisitore
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da I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij
con Umberto Orsini e Leonardo Capuano
regia di Pietro Babina
produzione Compagnia Orsini