Sorelle d’Italia

Al Teatro i una produzione di Cristian e Marta Ceresoli, nel solco “felice” delle celebrazioni per il 150°. Tra tanti spettacoli encomiastici e ipocriti, finalmente la regina è nuda.

Di fronte agli studi preparatori, i critici hanno scomodato Pasolini – e, indubbiamente, giustapponendo merda e patria si possono toccare livelli poetici dissacranti, in sintonia, però, più con il Satyricon di Daniele Luttazzi che con Salò o le 120 giornate di Sodoma dell’Autore friulano – e Franca Valeri – dalla quale la straordinaria Silvia Gallerano mutua nevrosi, tic, dialoghi surreali e chicche dall’ironia sprezzante in delicato equilibrio tra la Sora Cecioni e la Signorina Snob. Ma di fronte alla prima di ieri sera al Teatro i di Milano, un altro fantasma sembra irridere dal palco al pubblico riunito copiosamente come negli anni 60 nelle cantine romane: Carmelo Bene – la sua voce, il suo spleen, il suo sarcastico piscio in faccia ai benpensanti passa di testimone a un’attrice minuta – la Gallerano – che, nuda, si presenta al pubblico perché il suo personaggio possa svelare tutta se stessa e tutto lo scempio culturale e il bailamme mondano dei quali è intrisa la nostra società in bancarotta.
Su uno sgabello, con un microfono più oggetto di scena che mezzo per potenziare una duttilità vocale del tutto propria, con un faro che non le lascia scampo perché è sotto i riflettori che il suo personaggio agogna irrealmente di vivere, Gallerano snocciola tutti i luoghi comuni dei quali è intrisa la mente di quelle – troppe – donne cresciute a diete da fame, rimedi contro la cellulite, sogni di vanagloria, pochezza culturale e reality, che imperversano sugli schermi con le loro frasi fatte e le loro tette rifatte.
Politicamente scorretta – la scena con l’handicappato, e non diversamente abile, farebbe inorridire se raccontata a una cena con gli amici o al prete in confessionale – feroce – nel trasformare l’audacia e il coraggio di garibaldini e compagni della Resistenza nella forza di sopportazione delle sorelle d’Italia di fronte alle richieste di prestazioni sessuali dei cari fratelli – e splendidamente oscena, la protagonista ingoia tutto, e noi, pubblico compiaciuto, non ci accorgiamo nemmeno che stiamo pasteggiando, ogni giorno, con lei. Vane risate, quelle degli spettatori, risate amare.
E dopo quasi un’ora di discesa, Gallerani tocca il fondo: si riempie la bocca di tutta la merda che imbratta ricordi e vissuti, passato e presente, sogni e speranze, insieme all’intera Italia – più che mai discinta – e canta quell’inno come andrebbe cantato: abbozzato, incomprensibile, eruttato, abortito. Adesso finalmente la bandiera può ricoprire, come la bara del milite ignoto, il suo corpo e la sua anima martoriati: il resto è silenzio.

Altre recensioni:
la recensione de La merda / Decalogo del disgusto di Daniele Rizzo
la recensione de La merda / Decalogo del disgusto di Emanuela Mugliarisi
la recensione de La merda / Decalogo del disgusto di Alessandro Paesano
la recensione de La merda / Decalogo del disgusto di Teresa Fraioli

Lo spettacolo continua:
Teatro i
via Gaudenzio Ferrari, 11 – Milano
fino a sabato 31 marzo, ore 21.00
La merda. Decalogo del disgusto #1
di Cristian Ceresoli
con Silvia Gallerano
una produzione Cristian Ceresoli e Marta Ceresoli con POP 451

La tournée continua:
17 maggio – Teatro di vetro, Roma
dal 3 al 27 agosto – Edinburgh Fringe Festival, Edimburgo (Scozia)