(Non) sono come tu mi vuoi

lacittadelteatroAlla Città del Teatro di Cascina va in scena La merda, trionfale spettacolo italiano che sta facendo incetta di premi in tutto il mondo.

Sarebbe facile tessere le lodi di questo spettacolo, pluripremiato e replicato con sold out dall’Italia al Regno Unito, dalla Francia all’Australia, per l’entusiasmo di spettatori e critica (compresi noi di Persinsala con la recensione della première al Teatro i, firmata da Simona Maria Frigerio, e quella del ritorno a grande richiesta sempre presso il teatro milanese, di Emanuela Mugliarisi).

Facile perché l’esibizione fisica e interpretativa di Silvia Gallerano – per la quale la nostra Simona Maria Frigerio ha giustamente scomodato il paragone con Carmelo Bene – è straordinaria. Nonostante qualche trascurabile e comprensibile passaggio a vuoto nei tempi della recitazione (forse affaticata da un stato avanzato di gravidanza) siamo, infatti, di fronte a una trasfigurazione che turba e impressiona per vocalità e capacità espressive – sicuramente valorizzate dalla natura di dialogo schizofrenico a più voci del testo di Cristian Ceresoli – fuori dal comune.
Facile perché il rapporto tra padre (che la protagonista ama intensamente, nonostante una ereditaria piccolezza, anche per quelle bugie con cui sapeva descriverla «sirena e non tonno») e nazione, efficacemente posto in un dialettico parallelismo, risulta capace di far riflettere su questioni archetipiche legate al sangue (identità, famiglia e patria).
Facile perché capace di ambiguità storico-artistica: qual è la storia che la protagonista sta raccontando? La propria o quella del Paese ai cui 150 anni di unità (non a caso e con amara ironia) La merda è dedicata?
Infine, facile – come scritto nelle citate recensioni – per audacia registica e resa attorale.

Tuttavia, cercando di evitare ogni prolissità elogiativa, proveremo a porre costruttivamente l’accento sui punti deboli di questa performance non per opinare sulla sua realizzazione tecnica e scenica, quanto per evidenziare come essa soffra di debolezze strutturali capaci – a parere di chi scrive – di inficiarne l’esito culturale complessivo, ossia dir(ci) il re è nudo. Il monologo (che non è soliloquio), infatti, appare svilupparsi sulla falsariga di un atteggiamento di sospetto teso a svelare la natura ideologica e di parte di una realtà presentata come scontata e oggettiva, nello specifico la drammatica miscela di individualismo e differenza di genere che caratterizzerebbe l’Italia di oggi fin dal suo concepimento risorgimentale. Purtroppo, la messa in crisi di ciò che viene ritenuto ovvio (il primato del maschile e del mondo massmediatico) e la conseguente denuncia della violenta perdita di ogni dignità cui verrebbe sottoposta la condizione femminile (vittima del sesso forte e del dover scambiare l’essere con l’apparire) rimangono ancorate a una dimensione verbale a tratti ingenua, la quale – soprattutto in riferimento al target di giovanissimi presenti in sala – rischia di sfociare nella superficialità, nella trasformazione in semplice favola allegorica sui condizionamenti determinati dalla necessità di conformazione sociale, dalla asfissiante e continua ricerca di distinzione dagli altri perseguita attraverso il più omologante dei mezzi (la televisione).

Visto in quest’ottica, la potenza decostruttiva dello spettacolo appare dipendente in gran parte non tanto da (o non malgrado) un testo scritto (in maniera auto-assolutoria?) da un maschio, quanto dall’interpretazione della Gallerano che, attraverso una sconcertante prossemica mista di splendida oscenità, sguardi immensamente tristi e sorrisi dolcissimi, riesce a offrire la purezza di una prospettiva fanciullesca, una visione in grado di denunciare un mondo nel quale la maggioranza delle persone sembra scegliere di nascondere volontariamente e ipocritamente quello che, invece, è sotto gli occhi di tutti. Ed è proprio in virtù di questa rinnovata innocenza che La merda mette in discussione valori e comportamenti – costruiti su bisogni comuni e un linguaggio standardizzato – che paiono stabiliti, certi, e anche paurosamente paralizzanti perché finalizzati alla determinazione di individui uniformi e asettici con una attitudine alla ricezione passiva.

Se l’urlo perverso e anale della Gallerano sembra indicarci la necessità di combattere – in ogni modo – per l’emancipazione e la creatività, La merda nel suo complesso risulta accompagnare un’operazione di testimonianza fisica di lotta contro ogni imposizione, a priori, di bisogni e modi di pensare collettivi, contro quel «gigantesco altoparlante» che da sempre intona «uno stesso ritornello: questa è la realtà com’è, come dev’essere e come sempre sarà» (Horkheimer, Eclisse della ragione).

Altre recensioni:
la recensione de La merda / Decalogo del disgusto di Simona Maria Frigerio
la recensione de La merda / Decalogo del disgusto di Alessandro Paesano
la recensione de La merda / Decalogo del disgusto di Emanuela Mugliarisi
la recensione de La merda / Decalogo del disgusto di Teresa Fraioli

Lo spettacolo è andato in scena:
La Città del Teatro – Cascina
sabato 03 marzo 2013, ore 21.00

La merda / Decalogo del disgusto
di Cristian Ceresoli
con Silvia Gallerano
prodotto da Christian Ceresoli e Marta Ceresoli
col supporto di The Basement (Brighton – UK)
dedicato ai 150 anni dell’unità d’Italia