Immacolato kafkiano

Giorgio Barberio Corsetti continua la sua esplorazione dell’opus kafkiano, mettendo in scena il racconto forse più difficile da rappresentare a teatro, La metamorfosi.

Che quella di Gregor o Gregorio Sasma, il più celebre dei protagonisti kafkiani, sia una delle parabole più note e rappresentative della letteratura occidentale del Novecento è un dato di fatto; che trasporla a teatro sia una tentazione seducente, è comprensibile. Giorgio Barberio Corsetti ha una lunga esperienza negli adattamenti da Kafka, ma portare a teatro La metamorfosi, rispetto ai precedenti America e Il processo con cui il regista si era cimentato negli anni novanta, richiede forse uno scarto di pensiero in più: rendere teatralmente il teatralmente irrappresentabile, la metamorfosi di Gregorio Samsa, commesso viaggiatore, in blatta.

Una tale metamorfosi ovviamente non può essere resa in alcun modo verosimile. Utilizzare un costume da scarafaggio sarebbe di un grottesco opposto al grottesco kafkiano. Michelangelo Dalisi, l’attore che interpreta Gregorio, è smagrito e fa del suo meglio per renderne credibile la degenerazione, ma più che con la vocalità e la gestualità dell’attore il mostruoso è evocato soprattutto dalle espressioni e dalle reazioni degli altri personaggi che circondano il commesso viaggiatore svegliatosi mostro. Il sadismo farsesco della governante, l’immotivata severità del padre, la svenevole disperazione della madre, la narcisistica sollecitudine della sorella, la barbosa-barbarica indifferenza dei pensionati yiddish rappresentano altrettanti punti di fuga rispetto al mostruoso e «dal fatto che non veniva compreso tutti, compresa la sorella, deducevano che non poteva capire gli altri».

La forma teatrale è perfetta a rendere quel sentimento di separazione – su cui Kafka continuamente insisteva – che Gregorio provava a metamorfosi avvenuta: non a caso delle scritte in gesso, applicate ai due lati del muro che divide la scena, distinguono nettamente tra un mondo e un im-mondo, e tutti gli sconfinamenti della blatta che un tempo era uomo saranno accompagnati da un terrore panico. La scenografia in questo senso è adeguata e segue fedelmente le descrizioni che Kafka fa della stanza da letto del suo protagonista, il disegno luci è più che buono. Dei cori, sinistri e tragicomici, puntellano la narrazione, intonati dai personaggi presenti in quel momento sulla scena.

Traslata e antirealistica risulta anche la recitazione degli attori, volutamente innaturale, con gesti sclerotici, espressioni artefatte e un nervoso, nevrotico agitarsi sulla scena secondo movimenti e posizioni al tempo stesso convulsi e simmetrici. Fra gli interpreti oltre a quello del protagonista spicca anche Roberto Rustioni, nel ruolo del padre di Gregorio, anche lui oggetto di una sua metamorfosi borghese quando, a causa della trasformazione del figlio, è costretto a tornare a lavorare.

Rispetto all’originale di Kafka, l’adattamento di Barberio Corsetti è fedele in modo filologico. La vera sorpresa dello spettacolo non sta affatto nella resa di Kafka e del kafkiano, ma nella scelta, sicuramente atipica, di far pronunciare agli attori, oltre alle battute dei loro personaggi, una grande serie di stralci della prosa kafkiana, descrizioni di ambienti, di pensieri e di azioni che di solito in un adattamento teatrale di un romanzo o di un racconto vengono immediatamente espuntate. Ne La metamorfosi di Barberio Corsetti invece gli attori non solo ripetono fedelmente le parole con cui Kafka descriveva le azioni di Gregorio Samsa scopertosi blatta e i suoi pensieri, ma anche quelle con cui l’autore riportava tutta una serie di gesti e di situazioni che a teatro si creano sulla scena, e che sono chiaramente visibili allo spettatore. Questa voluta ridondanza della parola non è però anti-teatrale: crea anzi un efficace effetto di amplificazione e di eco che ben si sposa con l’ispirazione kafkiana dello spettacolo.

Cos’è il kafkiano se non questo sadismo generalizzato, castrante, quasi banale nella sua indispettita prevedibilità? Cos’è il kafkiano se non questo senso di trappola, di paralisi, di separazione, di estraniazione radicale? E cos’è il kafkiano se non questa successione apodittica di eventi che diventano uno stagnante esistere, nel prosaico grottesco di una tragedia muta?

Lo spettacolo continua
Teatro Argentina
Largo di Torre Argentina, 52, Roma
fino a domenica 9 maggio
orario 19:00, domenica 17:00

La metamorfosi
di Franz Kafka
adattamento e regia Giorgio Barberio Corsetti
con Michelangelo Dalisi, Roberto Rustioni, Sara Putignano, Anna Chiara Colombo, Giovanni Prosperi, Giulia Trippetta, Dario Caccuri
vocal coaching e musiche Massimo Sigillò Massara
scene Massimo Troncanetti
costumi Francesco Esposito
luci Marco Giusti