Povera Clara Schumann, maltrattata nella vita e sul palco

Guenda Goria porta in scena al Litta di Milano una lagnosa pièce sulla grande compositrice. E si rivela inadeguata.

Clara Wieck Schumann è stata in vita (1819-1896) una delle poche concertiste e compositrici acclamate in tutta Europa. In più, una delle pochissime di cui non si è perso il ricordo. Adesso che finalmente si riparla delle donne che crearono musica (ultimo della serie il saggio Note dal silenzio di Anna Beer, Edt), la sua figura torna con maggiore frequenza e con più rilievo. E del tutto a ragione. Perché Clara Wieck non fu soltanto un talento del pianoforte e un’ottima compositrice, ma anche una donna di incredibile forza e coraggio. Volle, andando contro alla volontà del padre (che aveva previsto il danno alla sua carriera) sposare Robert Schumann (1840). Subì la surreale imposizione di Robert che, essendoci un solo pianoforte in casa, toccasse a lui suonarlo. Fermò la sua carriera concertistica (che il marito ostacolava per invidia e gelosia) e la riprese quando il compositore cominciò a dare i numeri e finì, dopo un tentato suicidio, in manicomio, dove morì nel 1856. Nel frattempo, aveva messo al mondo otto figli, ne aveva allevati sette, era rimasta incinta altre volte. Molto in poco tempo. Ma quello che il deludente spettacolo visto ieri in scena al Litta di Milano, La pianista perfetta (che pure si è meritato il Premio Franco Cuomo ed è stato insignito al Senato della Repubblica italiana come miglior interpretazione femminile) dimentica e che dimenticano in molti è che Clara sopravvisse 50 anni alla morte di Robert e se la cavò alla grande. Anzi. Johannes Brahms, evocato sulla scena, le sopravvisse soltanto un anno e morì nel 1897. Benché avesse 14 anni meno di lei e fu molto disponibile con i piccoli (e sfortunati) Schumann non era considerato da lei un bambino, bensì un genio (la stessa cosa pensava Robert), mentre lui già nel 1855 le parlava d’amore. Vero: dopo la morte di Robert, Clara si dedicò a diffonderne la musica. Ma questo non ne fa la lamentosa, istericuccia signora che Guenda Goria porta in scena, con un testo modesto e retorico. La sfida, certo era titanica: Guenda suona bene il piano ma non è una pianista (non ha un gran tocco, fa errori, a volte pesta senza motivo, a volte rallenta troppo). Ma soprattutto non è un’attrice: il livello è da Filodrammatica (chissà poi chi le ha detto di strabuzzare gli occhi a quel modo e muovere le mani come se stesse facendo atterrare un aereo). Ma pretendere che una pianista sia anche una buona attrice… è cosa da americani. Da noi sarebbe bastato far sedere una buona pianista al piano, perché Clara se lo merita. E tenere sul palco due buoni attori (anche la performance di Lorenzo Manfridi è amatoriale), perché il pubblico se lo merita. Certo che bisogna tirar fuori le grandi donne dall’oblio. Ma non basta. Fra l’altro peccato, perché Goria ha senz’altro una bella figura: la ostenta troppo quando si muove sulla scena. Ma vederla seduta al pianoforte è un piacere.

Lo spettacolo è in scena
MTM Teatro Litta

Corso Magenta, 24 – Milano
dal 29 gennaio al 2 febbraio 2020
Visto il 29 gennaio alle 20,20

La pianista perfetta
di Giuseppe Manfridi
regia di Maurizio Scaparro
con Guenda Goria
e con Lorenzo Manfridi
regista assistente Felice Panico
foto di scena di Elio Carchidi
produzione Todi Festival – Compagnia Mauri Sturno
(durata: un’ora)