Di-Visioni

Dopo una prima nazionale, prosegue l’esperimento dei Visionari, che per la settima giornata di Festival porta sui palchi un mare magnum di suggestioni teatrali che attentano alla forma, spingendo la discussione un passo più avanti, verso una spettacolarità sempre più stratificata e trasversale.

incel <incèl> s. ingl. (pl. incel <incèl>), usato in ital. al masch. – dall’inglese Involuntary Celibate, celibe involontario, «uomini sessualmente frustrati che utilizzano slogan come “Il femminismo è il problema e lo stupro è la soluzione”. Il problema insanabile degli “incel” è la totale mancanza di fascino, la completa incapacità di seduzione, non sempre legata all’aspetto fisico». Gli individui (prevalentemente bianchi e rigorosamente di sesso maschile) che si sentono rappresentati da questo termine fanno parte di un ecosistema suprematista che ha cominciato a muoversi nei meandri di Internet già dalla fine degli anni novanta, per poi crescere esponenzialmente negli ultimi anni e raggiungere anche la narrativa mainstream in seguito al massacro di Isla Vista (California) del 2014 (strage compiuta da uno studente universitario di 22 anni appartenente a tale community) e all’attentato di Toronto del 23 Aprile 2018 (simile per dinamiche e rivendicazioni a quello di quattro anni prima, dal quale era stato ispirato).

Partendo dunque da queste premesse, La rivolta dei brutti (testo di Filippo Renda, regia di Stefano Cordella) si propone di analizzare il mondo di chi demonizza l’ipergamia femminile moderna che va a discapito, appunto, dei brutti, riempiendosi al contempo la bocca di nostalgici riferimenti alla società pre-rivoluzione sessuale negli anni ’60, epoca in cui la monogamia e la ridotta consapevolezza femminista creavano una realtà “più equilibrata”, dove, secondo gli aderenti a questa subcultura, si poteva dare sfogo al bisogno fisiologico della sessualità senza doversi preoccupare del proprio aspetto fisico, della propria situazione economica e del proprio status sociale (la cosiddetta Teoria LMS, acronimo di Look, Money, Status, secondo la quale le donne, vere detentrici del potere sessuale, siano interessate solamente a questi tre fattori nelle loro decisioni relazionali). Trasportando i fatti nordamericani in una Milano contemporanea, lo spettacolo «racconta il tentativo di giustificare un maschilismo feroce attraverso dinamiche vittimiste; racconta le modalità con le quali la rete amplifica ed esaspera le frustrazioni generazionali e crea dei ghetti virtuali che nella coscienza degli utenti diventano luoghi reali».

I tre attori e l’unica attrice in scena, probabilmente emozionati dalla prima nazionale in un contesto “esigente” come quello del Kilowatt e quindi spesso non al meglio di sé, si ritrovano intrappolati all’interno di un riquadro luminoso che si fa di volta in volta schermo di cellulare, di televisore o di computer e annegano inesorabilmente in un vortice di relazioni tossiche che, in parte, possono essere giustamente ricondotte all’uso errato della rete, ma che, principalmente, rispondono a un disagio dalle radici antiche tanto quanto il genere umano stesso: le dinamiche di potere patriarcali. La visione un po’ manichea dell’autore riguardo al medium tecnologico, che viene rappresentato quasi unicamente in modo negativo, finisce poi per inficiare l’analisi di un tema pressante e di indubbio peso sociale, che si perde così in uno scolastico nulla di fatto incapace di riconoscere (o di voler ammettere) la realtà del virtuale.

Successivamente allo spettacolo pomeridiano, la settima giornata del Festival riprende il discorso avviato il giorno precedente dai Visionari, proponendo altri tre spettacoli selezionati da questo esperimento di direzione artistica condivisa che è la Selezione Visionari 2021. Ad aprire le danze, in tutti i sensi, la performance Bisbigliata creatura di Mariella Celia e Cinzia Sità, un’ode alla fragilità e alla sensibilità dell’esperienza umana, qui declinata con un lessico coreutico disarmato che incede claudicante verso la scoperta del sé tramite momenti coreografati e momenti improvvisati dalle diverse riuscite comunicative. Con delicato senso estetico, la pièce impiega elementi atavici come il fumo e la creta per restituire un’idea di visceralità ombelicale e maieutica dell’uomo-bambino che muove i primi, i secondi e tutti i successivi passi della sua vita con esitanza, nel tentativo mai finito di generarsi e definirsi nello spazio e nel contatto con l’altro. Ispirato da uno scritto della poetessa e maestra di meditazione Chandra Livia Candiani, Bisbigliata creatura si muove in un terreno onirico, lento, che non impone mai un’unica chiave di lettura, dando così modo agli spettatori di perdersi (nel bene e nel male) sul ciglio del reale.

Dal tempo sospeso ed etereo del duo Celia/Sità, si passa poi all’incedere spaccaossa di quello del mito greco, che trangugia corpi e sogni di gloria con equale facilità, risputando fuori pochissimi eroi e innumerevoli sconfitti. Eroicamente scivolato, seconda creazione artistica di Filippo Capparella e Omar Giorgio Makhloufi (classi ‘94 e ’93), trasporta il pubblico del Kilowatt in un teatro odeporico che solca mari color del vino alla ricerca di un riscatto per gli ultimi, i dimenticati, quelli che sono scivolati sull’ombra dei campioni e dei re, hanno sbattuto la testa e sono caduti così nell’oblio dei comuni mortali. L’Odissea, «epico contenitore di disvalori alla base della nostra cultura», fa dunque da sfondo per un ragionamento sui modelli culturali della narrazione che predilige sempre la magnificazione del singolo, del prode, a discapito di tutte quelle persone che pure hanno reso possibile la sua glorificazione.

L’atto decolonizzatore agito da Capparella (solo sul palco, ma moltitudine in scena) prende piede, mano e voce a partire da una vis decostruttiva e ossessiva à la Carmelo Bene che, tramite letture, riletture e reiterazioni del testo, tenta di disarticolare il gioco autoritario del quale è sempre portatore, in quanto testo (Deleuze docet). Partendo dalla piccola storia di un tale Elpenore, sicuramente sconosciuto ai più (e comunque indifferente anche ai pochi che ne conoscono il nome e le sventure), Eroicamente scivolato ripercorre le note gesta del polytropon con gagliarda verve romana, facendole però narrare e vituperare da uno dei suoi compagni più “sfigati”, Elpenore, appunto, «morto per colpa del colpo» dopo una sonora bevuta sull’isola di Eea. Tra frenetiche movenze granguignolesche, fitti riferimenti letterari sparati a raffica nell’aria e giochi di parole al limite della sanità mentale, è un piacere naufragare nell’Egeo e nel linguaggio abbacinante del giovane diplomato della Nico Pepe, la cui bravura ed energia artistica viene esaltata dalla regia dell’altrettanto giovane e non meno capace Makhloufi, che ne dirige con cura i passi e, con lui, ci regala momenti di non trascurabile follia.

L’ultimo spettacolo dell’afosa giornata del 22 luglio offre una «serata bella che dura poco e finisce male», firmata dal duo Spezi/Salimbeni del Teatro Elettrodomestico, con base a Pistoia. Supersocrates, «uno spettacolo di calcio, marionette e democrazia», ripercorre la storia di Socrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, calciatore brasiliano laureato in medicina e fondatore dell’utopica Democracia Corinthiana, squadra di calcio leggendaria nel Brasile della dittatura. Armeggiando con sicurezza teatro di parola e teatro di figura, Eleonora Spezi e Matteo Salimbeni confezionano una di quelle rare esperienze sceniche facili da consigliare e difficili da dimenticare. Gli squisiti oggetti di scena, creati dalle mani capaci di Spezi, si mescidano con fluidità alle convincenti e pacatamente istrioniche parole di un estemporaneo «cronista sopra le righe», andando a riempire un palcoscenico gravido di significanti ai quali, con calma e passione, verranno poi donati tutti i loro sorprendenti significati.

Le corse a perdifiato per non arrivare in ritardo alla finale di coppa, gli insegnamenti rivoluzionari di un padre che ha imparato a leggere e a scrivere da solo, i colpi di tacco più simili a opere d’arte che a gesti atletici, la repressione armata del regime dei Gorillas, l’esperimento di autogestione di una squadra di squinternati e la gioia di vivere tipica di un popolo di pazzi e sognatori si dipanano uno a uno lungo una narrazione sapientemente calibrata che non stanca e non si ingolfa, nemmeno per chi, come questa penna, del calcio, nel mondo, ne farebbe volentieri a meno. Ed è forse questo l’elemento che rende Supersocrates uno degli spettacoli più interessanti visti finora al Festival Kilowatt 2021: la capacità del teatro (quello di qualità) di esaltare la realtà che sceglie di toccare, per invisa, scomoda o banale che sia, e di lanciare ponti nel tempo per collegare l’umano all’umano, regalando, en passant, non pochi bordoni.

Gli spettacoli sono andati in scena all’interno di Kilowatt Festival
location varie, Sansepolcro (AR)
giovedì 22 luglio

ore 17:45
Teatro alla Misericordia
La rivolta dei brutti
di e con Filippo Renda
regia Stefano Cordella
con Salvatore Aronica, Francesco Errico, Giorgia Favoti
scene e costumi Stefano Zullo
musiche originali  Gianluca Agostini
luci Fulvio Melli
produzione Manifatture Teatrali Milanesi-MTM Teatro

ore 20:15
Teatro Dante
Bisbigliata creatura
di e con Mariella Celia
coreografia Mariella Celia, Cinzia Sità
suono Gianluca Misiti
luci Francesco Tasselli
trucco e assistente di scena Francesca Innocenzi
costumi Mariella Celia in collaborazione con Francesca Innocenzi

ore 21:20
Chiostro San Francesco
Eroicamente scivolato
di e con Filippo Capparella
regia Omar Giorgio Makhloufi
produzione Artifragili

ore 22:25
Chiostro Santa Chiara
Supersocrates
una produzione Teatro Elettrodomestico
di e con Eleonora Spezi, Matteo Salimbeni
scena e figure Eleonora Spezi
produzione Cambusa Teatro Locarno (CH), Atto Due
costumi marionetta Clotilde
con musiche dei Sex Pizzul