Storia immortale di una cortigiana alla ricerca della redenzione

Il capolavoro di Verdi impazza in ogni stagione. Tra le molte rappresentazioni di una tra le opere più care ai melomani, quella del Teatro Don Bosco di Roma. Ma La Traviata perché riscuote tanto successo?

Nel firmamento delle opere immortali del genio italiano, La Traviata ricopre una ruolo di assoluta importanza. Rappresentata per la prima volta nel 1853, l’opera di Verdi non ebbe subito vita facile, e dovette attendere diversi anni per venire compresa e apprezzata per il suo effettivo valore. E oggi, alcune arie indimenticabili dell’opera sono parte integrante del bagaglio spirituale e culturale della nostra nazione, ma anche della coscienza e della memoria di ognuno di noi. Una su tutte: Libiamo ne’ lieti calici, l’aria del brindisi al quale Violetta e Alfredo partecipano nel corso di un ricevimento nella casa parigina – dove la bella cortigiana accoglie i suoi ospiti e dove nasce la drammatica storia di amore e morte tra i due. L’opera, ispirata a La signora delle camelie di Alexandre Dumas, si avvale di uno dei libretti più poetici ed espressivi della storia della lirica – a firma del grande Francesco Maria Piave, che in questo, e in quello di Rigoletto, dimostrò il suo talento, combinando la prosa romantica con il melodramma.

Come già accennato, il destino de La Traviata non fu facile: troppo audace per tematiche e profili dei personaggi. La giovane protagonista, costretta e condannata in un universo perbenista e ipocrita, si riscatta per la sua dolcezza, per il sogno d’amore osteggiato dal mondo che la circonda, guidato da una sorta di necessità che va al di là dei sentimenti degli stessi protagonisti (pensiamo alla straziante Di Provenza il mar, il suol cantata da Germont al figlio Alfredo per consolarlo della partenza di Violetta, della quale è stato responsabile).

Quel sogno è espresso nel finale in maniera poeticamente esemplare e dal grande impatto emotivo in Parigi, o cara, noi lasceremo, cantata da Alfredo – mentre la sua amata sta morendo a causa della tisi e, per questo, abbandonata alla sua solitudine. Lui le promette che non morirà, che staranno per sempre insieme nonostante i sotterfugi di coloro che hanno cercato di separarli – finalmente lontani dai salotti dove lei si è prostituita e dove il male che adesso la sta uccidendo ha attecchito sul suo giovane e bel corpo. Alessandro Baricco parlò, a proposito di questo splendido finale, di “rivincita del sogno”, sogno come “altrove”, luogo del desiderio al quale la speranza anela e che si scontra con la tragicità del reale. Parigi, la città che – specie nella modernità – ha assunto i caratteri della città dell’amore, è qui, al contrario la trappola, il passato – e deve essere abbandonata, anche se solo dall’immaginazione, in queste ultime strazianti parole rivolte dall’innamorato a Violetta. La donna peccatrice alfine si redime, e muore circonfusa di un’aura quasi sacrale.

L’8 marzo è stata, come ogni anno, la cosiddetta festa delle donne, e in questi giorni – con precisione millimetrica – il Teatro Don Bosco di Roma mette in scena La Traviata, storia di una donna vittima dell’ipocrisia maschile, che per causa della loro meschinità non è riuscita a realizzare il suo sogno e a riscattarsi dalla propria situazione di sfruttamento. Omaggiare Verdi in questo determinato momento storico (nel 2011 ricorrono i 150 anni dall’Unità d’Italia) fa senz’altro onore al teatro, che a maggio metterà in scena un’altra opera straordinaria del grande maestro, ovvero Aida.

L’invito è a tutti coloro che hanno orecchie e anima disposte a mettersi in ascolto di uno dei melodrammi più belli della storia dell’opera italiana, nonché a coloro che intendono riscoprirsi italiani – assistendo a quelle opere che ci hanno fatto e ci fanno tutt’ora grandi nel mondo.

Lo spettacolo continua:
Teatro Don Bosco – Roma
fino a domenica 13 marzo
(seguirà recensione)