Tutta la verità, nient’altro che la verità

Fra apparenze e illusioni ottiche, non sempre ciò che si vede corrisponde alla realtà. Questa, almeno, è La versione di Barney.

Barney Panofsky è un anziano impresario televisivo, simpaticamente burbero. Appare sulla scena inquieto e dice di essere perseguitato da un tale che da anni produce robaccia per suo conto. Si chiama Terry McIver e ha mandato alle stampe la biografia mendace e diffamante di Barney: lo accusa di aver avuto una vita dissipata, di aver imbrogliato e di essere l’assassino dell’amico Boogie. Doveva essere ben informato questo McIver. Barney, però, non ci sta e vuole dare la sua versione dei fatti per ricostruire la verità, ben diversa da quella apparente. La mente di Barney cerca di partire dall’inizio, ma si incaglia in qualche episodio significativo e perde il filo. L’ironia divertente di Barney stigmatizza il difetto immaginando la sua epigrafe: «Qui riposa Barney Panofsky. Divagava». Poi la mente riprende il percorso sempre più accidentato a causa dell’alzheimer. Quando questo morbo attecchisce è molto difficile ricordare, perché rosica i ricordi riducendoli in brandelli e, negli accessi di crudeltà, li mischia l’uno con l’altro facendo il gioco delle tre carte.
Fra mille difficoltà, divagazioni e aneddoti alla fine la verità emerge, nettata dagli equivoci, raccontata dalla viva e schietta voce del protagonista. I vari pezzi scomposti del racconto vanno a inserirsi in una ricostruzione ordinata e precisa fin nei particolari e non lascia più spazio all’interpretazione. Quando la versione è completa, Barney può cessare la sua inquietudine e diventare sereno.
Il bello dello spettacolo è proprio vedere i pezzi che si ricompongono, assistere all’incanto dei tasselli scomposti che tornano ciascuno al proprio posto a ricomporre l’immagine originale. La finezza di Richler sta proprio nel risolvere l’intreccio.
Durante lo spettacolo, la recitazione di Antonio Salines appare priva di note caratteristiche, ma quando lo spettacolo finisce si prende coscienza che quel Barney era finzione e si rimane basiti. La consapevolezza acquisita, una bolla di sapone che scoppia, mostra come la grandezza fosse proprio la spontaneità.
Panofsky ha trovato in Salines il corpo perfetto dove incarnarsi. Barney ha la faccia di Salines, parla con la sua voce roca e si muove con il suo corpo. Mordecai Richler sarebbe certo soddisfatto nel vedere così sostanziato e vivificato il personaggio più celebre della sua penna. L’ironia pungente e la passione giovanile mai sopita connotano questa controversa figura letteraria: accompagnandolo sino agli ultimi frangenti, difendono Barney dai colpi inferti dalla malattia e gli impediscono di lasciarsi trasfigurare dall’alzheimer. In questo modo, il signor Panofsky rimane nell’immaginario collettivo come un brillante borderline della società, ma sempre dalla parte positiva del confine.
Il riadattamento teatrale è una perla di letteratura, pagine che parlano ad alta voce e che si sfogliano da sole. Al lettore non rimane che godersi lo spettacolo.

Lo spettacolo continua:
Teatro Belli
Piazza Sant’Apollonia 11/a – Roma
fino a domenica 28 ottobre, ore 21.00
(durata 1 ora e trenta circa)

La versione di Barney
dal romanzo omonimo di Mordecai Richler
di Massimo Vincenzi
regia Carlo Emilio Lerici
con Antonio Salines
regia video Enzo Aronica
partecipazione in video Virgilio Zernitz, Gabriella Casali, Fabrizio Bordignon, Monica Belardinelli, Elisabetta Ventura
partecipazione in voce Carlo Emilio Lerici, Francesca Bianco, Luca Fiamenghi
musiche originali Francesco Verdinelli