Il museo chiude quando le opere se ne vanno

I Peeping Tom proseguono nella loro operazione di smantellamento delle opprimenti limitazioni espressive del teatro contemporaneo, portando con La visita e Triptych una nuova luce che, amplificata dal faro del Festival Aperto di Reggio Emilia, speriamo non si perda nella notte del futuro coreutico nazionale e internazionale.

Ne Il principio speranza, pubblicato in tre volumi dal 1953 al 1959, il filosofo tedesco marxista Ernst Bloch sosteneva che utopia e speranza fossero due elementi essenziali dell’agire e del pensare umano: «l’importante è imparare a sperare. […] L’affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all’esterno può essere loro alleato. Il lavoro di questo affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono». La speranza, dunque, non sarebbe un qualcosa di soggettivo, bensì un elemento reale dello sviluppo concreto dell’essere vitale, che si presenta così come non-essere-ancora, come tensione, dinamismo, flusso. Con i suoi 30 spettacoli, 43 repliche complessive, 11 produzioni e coproduzioni e 8 prime assolute e italiane, il Festival Aperto di Reggio Emilia (sulle scene dal 18 settembre al 24 novembre 2021) decide di affidarsi al Principio Speranza di Bloch per ricercare «la direzione e il senso del nostro agire» e per mettere in atto un’indagine «sui linguaggi espressivi contemporanei a partire dalle riflessioni su temi di grande respiro».

Tra le prime nazionali presentate a Festival, spicca per liminalità – e cioè per quell’ambiguità o quel disorientamento descritte dall’antropologia della religione che si verificano nella fase intermedia di un rito di passaggio, quando i partecipanti non mantengono più il loro stato pre-rituale ma non hanno ancora iniziato la transizione allo stato che raggiungeranno quando il rito sarà completo, rimanendo così sulla soglia della coscienza – la performance site specific ideata e diretta da Gabriela Carrizo dal titolo La visita. Ambientata negli spazi della Collezione Maramotti di Reggio Emilia, la «collezione d’arte contemporanea fondata dal marchio di moda Max Mara, che collabora dal 2009 con la Fondazione I Teatri per presentare performance site specific commissionate ad alcuni dei più significativi coreografi contemporanei», l’ultima creazione dei Peeping Tom torna a popolare di fantasmi e suggestioni i luoghi della mente, dando vita a una ritualità che, da un lato, vuole celebrare le esequie di un sistema museale messo definitivamente al tappeto dalla pandemia ma già debilitato dalla mercificazione capitalistica dell’Arte intesa come prodotto di intrattenimento e, dall’altro, vuole provocare lo spettatore/la spettatrice di un’opera, facendolo/a correre dietro all’effimero in un mondo di umanità fittizie. Tra Madonne delle pulizie, assistenti alla vigilanza innamorati e visitatrici “culturofile”, La visita – disfacendo il concetto di soggetto e sposando a sua (forse) insaputa le parole di Carmelo Bene sul capolavoro – esce dunque fuori dal modo «per pervenire là dove non v’è più modo», oltrepassando la soglia del rapporto asettico tra opera d’arte e fruitore/rice e mettendo in scena la fine dell’egocentrismo del piece of art, facendo così luce su un mondo espressivo ancora tutto da esplorare.

All’interno del Festival Aperto, i Peeping Tom hanno avuto anche modo di presentare in formato completo la loro penultima produzione puramente coreutica (considerando Dido & Aeneas alla stessa stregua di un’opera lirica vera e propria), Triptych: The Missing Door, The Lost Room and The Hidden Floor. Già visto da noi al Festival Oriente Occidente di Rovereto, Diptych assume finalmente le sue sembianze definitive, includendo una ultima creazione di Franck Chartier per i danzatori e le danzatrici dell’NDTI datata 2017. In questo loro allestimento, rivisitato e ripopolato con altri corpi, i coreografi belgi presentano quindi tre pièce: «The Missing Door si trova in una stanza o un corridoio pieno di porte che non si aprono. L’azione in The Lost Room avviene in una cabina su una nave, concentrandosi sul mondo interno dei personaggi. The Hidden Floor si svolge nell’ambiente pubblico di un ristorante abbandonato, dove le forze naturali hanno preso il sopravvento».

Non pago di aver già sfondato più volte tutte le pareti teatrali, mettendo a nudo non solo le quinte ma anche l’essenza stessa degli interpreti e delle interpreti che vagano senza meta su un palcoscenico-limbo, Franck Chartier gioca perfino con la dimensione verticale, creando un piano nascosto (un hidden floor, appunto) in cui l’umanità si ritrova a dover affrontare i propri ultimi momenti sulla Terra, cercando di sopravvivere al lento alzarsi delle acque. Evocativo e sublime come il resto della performance, The Hidden Floor risulta però più debole delle due partiture precedenti, forse per una minore presenza coreutica o forse per una scenografia che, con le sue incredibili stratificazioni di più elementi, crea aspettative che non vengono poi soddisfatte dalla regia.

Nonostante l’allagamento ad arte del palcoscenico del Teatro Valli, infatti, Chartier non sembra intenzionato a sfruttare a pieno le potenzialità di una superficie scivolosa (e certamente pericolosa per le articolazioni dei suoi performer) all’interno della sua coreografia, facendo lentamente defluire l’acqua la quale, da elemento devastatore che soggioga l’umanità tutta all’annegamento, diventa rapidamente una mera decorazione scenica che scorre innocua sui corpi palpitanti ed esausti di Konan Dayot, Fons Dhossche, Lauren Langlois, Panos Malactos, Alejandro Moya, Fanny Sage, Eliana Stragapede e Wan-Lun Yu, ancora una volta impeccabili e strabilianti.

Gli spettacoli sono andati in scena all’interno del Festival Aperto di Reggio Emilia
location varie

Collezione Maramotti
via Fratelli Cervi 66 – Reggio Emilia
giovedì 4 e venerdì 5 novembre
ore 20:30
sabato 6 novembre
ore 16:00 e 19:00
domenica 7 novembre
ore 16:00

il Festival Aperto di Reggio Emilia presenta
La visita
ideazione e direzione Gabriela Carrizo

sound design Raphaëlle Latini
luci Amber Vandenhoeck
produzione Fondazione I Teatri
co-produzione Peeping Tom, Collezione Maramotti (Reggio Emilia), Frans Brood Production, KMSKA – Koninklijk Museum Voor Schone Kunsten Antwerpen, Nexo +

vincitore del Fedora – Van Cleef & Arpels Prize for Ballet 2021

Teatro Municipale Romolo Valli
piazza Martiri del 7 luglio 1 – Reggio Emilia
sabato 6 novembre
ore 20:30
domenica 7 novembre
ore 18:00

il Festival Aperto di Reggio Emilia presenta
Triptych: The missing door, The lost room and The hidden floor
ideazione e regia Gabriela Carrizo e Franck Chartier

interpreti Konan Dayot, Fons Dhossche, Lauren Langlois, Panos Malactos, Alejandro Moya, Fanny Sage, Eliana Stragapede, Wan-Lun Yu
musiche Raphaëlle Latini, Ismaël Colombani, Annalena Fröhlich, Louis-Clément Da Costa
luci Tom Visser
scene Gabriela Carrizo, Justine Bougerol
costumi Seoljin Kim, Yi-chun Liu, Louis-Clément Da Costa
produzione Peeping Tom
co-produzione Opéra National de Paris, Opéra de Lille, Tanz Köln, Göteborg Dance and Theatre Festival, Théâtre National Wallonie-Bruxelles, deSingel Antwerp, GREC Festival de Barcelona, Festival Aperto/Fondazione I Teatri (Reggio Emilia), Torinodanza Festival/Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale (Turin), Dampfzentrale Bern, Oriente Occidente Dance Festival (Rovereto)

Triptych: The missing door, The lost room and The hidden floor è stato creato con il supporto del programma di protezione fiscale del Governo federale belga.

con il sostegno della Rappresentanza Generale del Governo delle Fiandre in Italia