La differenza tra Casanova e Don Giovanni

campo-d-arte-romaLa tentazione non è nella carne, è nelle orecchie. Ovvero come le promesse d’amore spingono le donne a cedere alle lusinghe. Storie di disincanti in scena al Piccolo Teatro Campo d’Arte di Roma.

Cosa distingue Casanova da don Giovanni? L’amore. Casanova ama le sue donne, le vorrebbe sposare tutte, è fedele a ciascuna delle sue amate, anche contemporaneamente.
Don Giovanni, no. A lui non interessa la qualità, ma il numero. A lui non interessa innamorarsi, ma conquistare la preda, farla sua e inserirla nel suo catalogo. Una, due, fino a 2065. C’è del sadico nel compilare con dovizia meticolosa l’elenco delle donne possedute, nel dare loro un numero, nel fare una lista di nomi spersonalizzati, non nascondendo il totale disinteresse per le persone, a fronte di un feticismo spasmodico per i loro corpi.
Nel postribolo triste delle dissolute assolte vanno a rintanarsi le donne che hanno commesso il peccato mortale di credere che Don Giovanni potesse innamorarsi di loro. Sciagurate. L’amore, non la lussuria, le ha trascinate all’inferno, sprofondate nella solitudine maleodorante di un lenzuolo sgualcito da un ardore rapido a strisciare via. Così la figlia del commendatore impazzisce, al ricordo del padre ucciso per mano dell’ormai impotente amante, Miranda languisce di voglia prima di scoprire l’inganno e la dura realtà, Zerlina nasconde nel riso e affoga nel vino la ferita aperta dalla menzogna. Anche Leporello piange. La mezzaluna tagliente di colui che propagando amore dispaccia morte non risparmia gli amici, e nel suo persistente sadismo chiede a Leporello, il suo servo, la cortesia di appuntare lui stesso nel catalogo il nome di una persona che conosce bene: la sua fidanzata. In questa Tebaide oscena, dove le meretrici si ritirano in eremitaggio a scontare i propri peccati con la mortificazione del corpo e la distruzione dello spirito, soffia sempre l’alito gelido di chi invece non si pentì mai, rimanendo attaccato con i denti alla sua anima nera.

Il testo Le dissolute assolte coglie il punto distintivo della figura di Don Giovanni, cioè il suo essere portatore sano di afflizione, celando un banale desiderio carnale dietro la promessa dell’amore eterno e del millantato sacro vincolo del matrimonio. Quello che lascia dietro di sé non può che essere un nugolo di donne oltraggiate più nell’orgoglio che nella carne e che cercano di farsi perdonare da loro stesse una così grande ingenuità. Ne risulta un processo dove le donne vengono assolte dal pubblico, ma rimangono dissolute ai loro occhi.
La sensualità intensa di alcune scene si rivela sempre funzionale al racconto e le numerose interazioni con il pubblico riescono a creare un’atmosfera confidenziale, mai interrotta da esagerazioni o sbavature.
Le dissolute assolte assegna il personaggio giusto a ogni singola attrice e la cura dei dettagli, nel testo e nella scenografia, contribuisce a rafforzare la percezione di naturalezza e credibilità che caratterizza lo spettacolo di Luca Gaeta.

Lo spettacolo continua:
Piccolo Teatro Campo d’Arte
via dei Cappellari, 93 – Roma
14, 17, 28 e 31 maggio
4, 7, 11, 14, 18, 19 e 21 giugno
(durata 1 ora e un mezza circa)

Marc Produzioni & Kill the Pig presentano
Le dissolute assolte
ideato, scritto e diretto da Luca Gaeta
con Nela Lucic, Laura Gigante, Valentina Ghetti, Annamaria Zuccaro, Lucia Rossi, Janet De Nardis, Mariaelena Masetti Zannini, Glenda Canino, Giulia Morgani, Valeria Pistillo, Claudia Donzelli, Chiara Venanzoni, Eleonora Gnazi, Marco Giustini
con la partecipazione speciale di Melody Quinteros