Un giovanissimo «giorno di capricci e follia»

Il progetto Pocket Opera presenta a Como la sua ultima produzione: tra porte e pareti mobili, tanti giovanissimi artisti in palcoscenico e dietro alle quinte, alle prese con un Mozart tascabile.

Sipario aperto. Due parteti, due porte, e due punti di forza evidenti che da subito conquistano l’attenzione e l’interesse: l’età e l’estetica.

Perchè l’età? Tutti i coinvolti nella messinscena di questa famosa opera buffa sono giovanissimi, molti poco più che ventenni; è giovane il direttore d’orchestra, vitalità sincera e sorriso entusiasta, e sono giovani i cantanti, tutti. Certo, al risultato finale mancherà la dimensione trasversale delle diverse generazioni, lo scontro e gli scambi (sia a livello visivo, che di contenuti) tra personaggi e interpreti appartenenti a fasi diverse della vita, e i rapporti genitori-figli saranno assolutamente non credibili; ma poco importa, d’altronde è una commedia buffa, e se a guadagnarne sono il livello di energia e di coinvolgimento sul palcoscenico e soprattutto la modernità dell’interpretazione – così diversa dalla presenza statica, rigida, frontale, e dai gesti enfatici che ancora capita di trovare negli spettacoli lirici – il gioco vale la candela. È sorprendente infatti la recitazione, la scioltezza dei movimenti, la ricchezza di espressioni e di posture, tanto che a volte il canto sembra quasi passare in secondo piano, come quando Figaro, nel pieno di un’aria, sposta le pareti opprimenti della sua emblematica stanza. Il merito va alla regia di Nicola Berloffa, un altro giovanissimo della produzione, capace di amalgamare perfettamente la musica e l’azione alla scena, che nel corso dello spettacolo viene mossa, ribaltata, toccata, sperimentata e affrontata. Nessun oggetto resta inerte e inutile in una piatta immobilità, tutto viene vissuto, dai cantanti e (idea intelligente e necessaria) dai due mimi che, aggiunti al cast, sostituiscono i consueti servi di scena diventando camerieri onniscienti, figure ironiche capaci di passare con disinvoltura da una dimensione all’altra, di entrare e uscire dalla storia servendo allo stesso tempo il conte Almaviva e il pubblico, e movimentando così, con strizzatine d’occhio alla finzione scenica, i momenti più piatti, tra balletti di porte e usci socchiusi, all’interno di quella che è la seconda carta vincente dello spettacolo: l’impatto estetico. Ottimo il lavoro di Guia Buzzi, scenografa e costumista, che ha ricreato un ambiente pulito ed espressivo, mai ridondante o fine a se stesso, e soprattutto ha dato forma a un’idea costumistica originalissima e interessante: prendendo da ogni periodo storico ciò che poteva servire ad esprimere ogni singolo personaggio, ha creato abiti che attraversano trasversalmente epoche e stili diversi – uno per tutti quello di Cherubino travestito da donna, in un accorciato abito ottocentesco che lascia in vista inconfondibili scarpe da tennis. Poco riuscito, forse, solo l’ultimo atto, che lascia l’amara nostalgia dello spazio aperto promesso dal libretto, della natura, di un ambiente che si possa contrapporre ai luoghi chiusi già visti ed esplorati in tutte le loro possibilità nei tre atti precedenti; manca insomma il «boschetto d’ippocastani», il «prato deserto e notturno» che il regista stesso preannunciava nelle sue note di regia.

Altra nota dolente, l’adattamento musicale, che fa del capolavoro mozartiano una versione ristretta, da tasca, interpretata da un’orchestra ridotta e – ahimè – con un ridotto risultato, riuscendo a impoverire l’indiscutibile potenza dell’originale, e mettendo davvero a dura prova l’attenzione nell’ultima ora di spettacolo, anche a causa di una infelice scelta organizzativa: programmare l’inizio della rappresentazione alle 21.30, nonostante le tre ore abbondanti di durata dell’opera.

Bella, infine, l’autoironia sugli applausi, così insolita in ambiente lirico, e incredibile l’effetto che dopo più di duecento anni ancora fa vedere, anche grazie a come il regista a scelto di giocarci, che a mettere in ginocchio non è il potere, ma l’amore.

Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Sociale
via Bellini, 3 – Como

Le nozza di Figaro
musica di W. Amadeus Mozart
libretto di Lorenzo da Ponte dalla commedia di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
adattamento musicale Carlo Tenan
con Alessio Arduini (Conte Almaviva), Elide De Matteis Larivera (Contessa Almaviva), Veronique Mercier (Susanna), Serban Vasile (Figaro), Chiara Brunello (Cherubino), Candida Guida (Marcellina), Mirko Quarello (Bartolo); Raoul d’Eramo (Basilio), Massimiliano Travagliati (Antonio), Bianca Tognocchi (Barbarina), Andrea Panigatti e Matteo Vittanza (mimi)
direttore Josè Luis Gomez-Rios
regia Nicola Berloffa
scene e costumi Guia Buzzi
light designer Fiammetta Baldiserri
orchestra 1813
progetto Pocket Opera
produzione AsLiCo