Armonie celestiali

Applausi scroscianti al Conservatorio di Milano per l’interpretazione, matura e impeccabile, di András Schiff – impegnato con le celeberrime Variazioni Goldberg.

Leggenda vuole che il conte von Keyserlingk – ambasciatore russo a Dresda – soffrisse d’insonnia e pensasse che una musica insieme dolce e rasserenante avrebbe potuto aiutarlo ad assopirsi. Leggenda vuole anche che il suo clavicembalista – che però all’epoca avrebbe avuto circa 14 anni – J. T. Goldberg, fosse allievo di Bach. E infine le cronache postume aggiungerebbero che, per questo incontro tra la necessità di riposare del diplomatico e la genialità del maestro di Eisenach, il primo abbia donato al secondo un calice d’oro con cento Luigi.
A parte i racconti – più o meno veritieri – quello che è certo è che l’Aria con Trenta Variazioni (BWV 988) è un’estrema prova dell’inventiva inesauribile del suo autore e della veridicità della descrizione che ne fece Glenn Gould: «Bach è il più grande architetto del suono che sia mai vissuto».
Un’aria decisamente ornata, quella delle Variazioni, sulla quale si articola il tessuto polifonico proprio del maestro della Turingia che riesce, con la sua scrittura in punta di penna, a dare una tale levità all’insieme da renderlo, ancora oggi – a distanza di secoli e sebbene l’opera fosse intesa per il clavicembalo e non per il pianoforte – in grado di comunicare, attraverso una miriade di sonorità cristalline, una serenità giocosa che, non a caso, in questi anni ha sottolineato, oltre alla carriera di concertisti di fama, anche alcune delle scene più emblematiche della storia della cinematografia. Chi potrebbe mai dimenticare il dottor Hannibal Lecter in Il silenzio degli innocenti (Silence of the Lamb, 1991), di un biancore spettrale e rigoroso, mentre rinchiuso in gabbia segue col dito le Variazioni in attesa di massacrare i suoi carcerieri? Miracoli della musica che si rinnovano di fronte al capolavoro.
Miracoli applauditi dal vivo quando a eseguire le Variazioni è, ancora una volta, András Schiff – che, un po’ come Gould prima di lui – a quest’opera ha certamente dedicato lunghi anni di studio, reinterpretandone la pluralità di senso e filtrando il virtuosismo con una sempre maggiore maturità e padronanza.
Se Gould era celebre per l’articolazione dei tempi veloci e, grazie alla sua agilità, perché riusciva a mantenere una certa separatezza tra le note, Schiff esalta appieno la scelta pianistica trascolorando il quasi staccato in un quasi legato. La sottolineatura delle pause, propria dell’interpretazione del maestro ungherese, esalta ancora di più la compostezza e la pacata esposizione di una lettura che regala momenti di autentica serenità al pubblico in sala, mentre l’agilità nel contrappunto comprova – se ce ne fosse bisogno – le doti di pianista di Schiff.
Un’esecuzione proverbiale che meriterebbe ben altre pagine ma, come sempre con le arti dal vivo, la magia è essere presenti mentre si compiono perché nessuna descrizione potrà mai rendere l’incanto del momento.

Lo spettacolo è andato in scena:
Conservatorio G. Verdi – Sala Verdi
via Conservatorio, 12 – Milano
lunedì 19 dicembre, ore 21.00

András Schiff esegue al pianoforte:
Le Variazioni Goldberg (BWV 988)
di Johann Sebastian Bach